10. La nuova corte.
Poco conta sapere quale fosse il titolo, il padrone vi era e non si badò ad organizzare anche la corte col pasto obbligato e con l'obbligata scipitezza e frivolezza. Invece della tunica consolare guarnita con strisce porporine, Cesare compariva in pubblico col manto di porpora, che negli antichi tempi era l'abito del re, e riceveva, sedendo sul suo seggio d'oro, senza alzarsi, la solenne processione del senato. Le feste date in suo onore per il giorno della sua nascita, per gli anniversari delle sue vittorie e dei suoi voti erano senza numero. Quando Cesare si recava nella capitale, i più distinti suoi servitori gli andavano incontro in schiere a prenderlo a ragguardevoli distanze.
Abitare vicino a lui venne in tanta importanza che i prezzi d'affitto nel quartiere da lui abitato aumentarono. Per la folla di persone che si pigiava nel suo palazzo per avere udienza, la personale conversazione divenne così difficile che Cesare si vide costretto spesso a intrattenersi per scritto persino coi suoi amici, ed i personaggi più distinti dovevano aspettare in anticamera lunghe ore. Si comprese allora, più chiaramente di quello che Cesare non volesse, che non si aveva più da fare con un concittadino.
Sorse una nobiltà monarchica, la quale in modo singolare fu nuova e vecchia ad un tempo, e nacque dall'idea di offuscare la nobiltà dell'oligarchia per mezzo di quella del reame, la nobiltà per mezzo del patriziato. Il patriziato, sebbene senza essenziali privilegi politici, continuava tuttora ad esistere quale corpo compatto di nobili; non potendo però ammettervisi nessuna nuova famiglia, nel corso dei secoli esso era andato assottigliandosi sempre più; tanto che ai tempi di Cesare non si contavano più che quindici o sedici famiglie patrizie.
Mentre Cesare, nato egli stesso da una di queste famiglie, faceva accordare all'imperatore, con un plebiscito, il diritto di creare nuove famiglie patrizie, fondava, in antitesi alla nobiltà repubblicana, la nuova nobiltà del patriziato, la quale riuniva nel modo più assoluto tutte le pretese di una nobiltà monarchica: l'antichissimo fascino, la devozione assoluta al governo e la perfetta nullità.
La nuova signoria si manifestava da ogni parte. Con un monarca di poteri così illimitati non si poteva nemmeno parlare di una costituzione; non si parli poi della conservazione della repubblica fondata com'era allora sulla cooperazione della borghesia, del senato e dei consoli.
Cesare ritornò quindi con tutta sicurezza alla tradizione dell'epoca dei re; i comizi rimasero quello che erano già stati ai tempi dei re, cioè la suprema ed ultima espressione della sovrana volontà del popolo accanto al re e col re; il senato fu rimandato al primitivo suo compito di dar consiglio al signore dietro sua richiesta; il sovrano concentrò finalmente di nuovo nella sua persona tutto il potere consolare indipendente, così che accanto a lui non vi era alcun altro pubblico impiegato, come non ve ne era accanto al re dei tempi più antichi.