27. Regno dei Parti.
Di maggiori conseguenze di questa insurrezione degli israeliti fu il contemporaneo movimento avvenuto per la stessa causa nei paesi orientali, dove Antioco Epifane saccheggiava i templi delle divinità persiane come aveva saccheggiato quello di Gerusalemme e non avrà trattato i credenti dell'Ahuramazda e di Mitra meglio dei credenti di Jehovah.
Il risultato fu lo stesso della Giudea, ma in maggiori proporzioni; una reazione dei costumi indigeni e della religione indigena contro l'ellenismo e contro gli dei ellenici. A capo di questo movimento erano i Parti, da cui derivò il gran regno dallo stesso nome. I «Partwa» o Parti, una delle molte popolazioni che si erano fuse nel gran regno di Persia, e abitavano nell'odierno Chorassan al sud-est del mar Caspio, formavano fin dal 500 = 254 uno stato indipendente, sotto la famiglia principesca scita, cioè turanica, degli Arsacidi, uscito dall'oscurità solo un secolo dopo.
Il vero fondatore della grande potenza dei Parti fu il sesto Arsacide, Mitridate I (579-618? = 175-136). A questi soggiacque il potente regno dei Battriani, già scosso profondamente, dai combattimenti colle schiere di cavalleria scita del Turan e colle popolazioni stanziate sull'Indo e minato anche dai disordini interni. Quasi uguali successi egli ottenne nei territori posti a occidente del gran deserto.
Il regno della Siria era allora appunto mal sicuro, in parte per i vari tentativi di Antioco Epifane, di introdurvi la civiltà ellenica, in parte per i disordini cagionati dai contendenti per la successione, e le province interne erano ben avviate per staccarsi da Antiochia e dal paese finitimo; nella Comagena, per esempio, che era la provincia più settentrionale della Cappadocia, si rese indipendente il satrapo Tolomeo; sull'opposta riva dell'Eufrate, nella Mesopotamia settentrionale o nel paese d'Odroena il principe d'Edessa; nell'importante provincia della Media il satrapo Timarco; anzi quest'ultimo fece confermare la sua indipendenza dal senato romano e dominò sino a Seleucia sul Tigri.
Disordini di tal fatta erano continui nel regno asiatico, tanto nelle provincie, sottoposte a satrapi indipendenti, quanto nella capitale, ove la plebe non era meno indisciplinata e riottosa della romana e dell'alessandrina. I re limitrofi dell'Egitto, dell'Armenia, della Cappadocia, di Pergamo, s'immischiavano senza posa negli affari della Siria, e alimentavano le contese di successione, in modo che la guerra civile e la reale divisione della signoria tra due e più pretendenti divennero calamità continue del paese.
I protettori Romani, osservavano oziosamente, se pure non istigavano, i vicini. Il nuovo regno dei Parti poi, specialmente, esercitava dall'oriente non solo colla sua forza naturale, ma anche con tutto il peso della sua lingua e della sua religione nazionale, colla sua nazionale costituzione civile e militare, una grande influenza sugli stranieri. Non è qui il luogo di descrivere questo rigenerato regno di Ciro; basti per ora l'osservazione che, per quanto vi si mostri ancora potente lo ellenismo tuttavia lo stato partico, paragonato con quello dei Seleucidi, si fonda sopra una reazione nazionale e religiosa e che qui prima che altrove l'antica lingua iranica, la religione dei magi e il culto di Mitra, la costituzione feudale orientale, la cavalleria del deserto e la freccia e l'arco tornano ad opporsi prepotentemente all'ellenismo.
La condizione dei re di questo regno di fronte a tuttociò era veramente deplorevole. La dinastia dei Seleucidi non era tanto snervata come ad esempio quelle dei Lagidi, e contava persone a cui non mancavano il valore e l'ingegno; e più di uno dei numerosi ribelli e pretendenti, furono da essa ridotti alla impotenza; ma il suo dominio difettava tanto di una solida base che ad onta di ciò i Seleucidi non riuscirono ad impedire anche per solo breve tempo l'anarchia.
Il risultato fu quello che si doveva aspettare. Le provincie orientali della Siria, governate da satrapi senza difesa o ribelli, furono ridotte sotto la signoria dei Parti; la Persia, la Babilonia, la Media, furono per sempre staccate dal regno siriaco; il nuovo stato dei Parti si estendeva da ambo i lati del gran deserto, dall'Osso e dall'Hindukusch sino al Tigri e al deserto dell'Arabia, una vera monarchia continentale simile al regno persiano e alle altre potenze asiatiche e di nuovo come il regno persiano continuamente alle prese da un lato con i popoli del Turan dall'altro con i popoli occidentali.
Lo stato della Siria comprendeva oltre la provincia del litorale, tutt'al più anche la Mesopotamia; e scomparve per sempre dal novero dei grandi stati più per le sue lotte intestine che per la perdita dei suoi territori.
Se i Parti abbandonarono il completo assoggettamento del paese più volte minacciato, ciò non è dovuto alla difesa tentata dagli ultimi Seleucidi, nemmeno all'influenza di Roma, ma piuttosto alle interne commozioni dello stesso regno dei Parti e anzitutto alle incursioni dei popoli nomadi turanici nelle province orientali dello stesso.