20. Assedio e caduta di Atene.
Al comando di Lucio Ortensio una divisione romana occupò la Tessalia e si spinse fino in Macedonia; un'altra sotto il comando di Munazio si dispose dinanzi a Calcide per respingere il corpo nemico stanziato sull'Eubea sotto il comando di Neoptolemo; Silla stesso occupò un campo presso Eleusi e Megara da dove dominava la Grecia e il Peloponneso e spingeva l'assedio della città e del porto di Atene.
Le città elleniche, dominate come sempre dalla paura, si sottomisero incondizionatamente ai Romani e furono liete di riscattarsi da più gravi punizioni mediante viveri, uomini e multe.
Gli assedi nell'Attica procedevano più lentamente. Silla si vide costretto a preparare le gravi macchine da assedio, cui dovevano offrire il legname gli alberi dell'Accademia e del Liceo. Archelao si difese in maniera energica ed intelligente; egli armò il suo equipaggio, e così rinforzato respinse gli attacchi dei Romani con forza superiore facendo frequenti e spesso fortunate sortite.
L'esercito pontico di Dromicete, che si avvicinava per aiuto, fu battuto dai Romani sotto le mura di Atene dopo grave combattimento, nel quale si distinse specialmente il valoroso luogotenente di Silla, Lucio Licinio Murena; ma nonostante questo, l'assedio non proseguì più rapidamente.
Dalla Macedonia, dove i Cappadoci si erano stabiliti definitivamente, venne per via di mare un contingente numeroso e regolare che Silla non era in grado di respingere dalla fortezza del porto; veramente in Atene le provvigioni stavano per finire, pure, data la vicinanza delle due fortezze, Archelao poteva fare parecchi tentativi di introdurre in Atene carichi di cereali, che non tutti fallirono.
Così trascorse l'inverno del 667-8 = 87-6 penosamente senza alcun risultato. Appena la stagione lo permise Silla si gettò con violenza sul Pireo; infatti gli riuscì con proiettili e mine a far breccia in una parte delle poderose mure di Pericle e subito i Romani andarono all'assalto; ma questo venne respinto e quando fu ripetuto si trovarono di fronte a ripari semilunati costruiti dietro le parti di mura diroccate, così gli invasori si videro minacciati dai tre lati e costretti alla ritirata.
Allora Silla tolse l'assedio e si accontentò di un blocco. Intanto in Atene i viveri erano interamente esauriti; la guarnigione tentò di ottenere una capitolazione, ma Silla respinse i suoi messi eloquenti con l'osservazione che egli non stava dinanzi a loro come studente, ma come generale, e che non accettava se non una sottomissione incondizionata.
Aristione, ben sapendo quale sorte gli toccava, esitò; allora si disposero le scale e la città, appena difesa, fu presa d'assalto (1 marzo 668-86).
Aristione si gettò[10] nell'Acropoli, dove si arrese poco dopo.
Il generale romano permise che la soldatesca lo uccidesse e saccheggiasse la città conquistata e fece giustiziare i più ragguardevoli capi della rivolta; ma la città stessa ottenne da lui la libertà e riebbe i propri possedimenti e perfino l'importante Delo, che le era stata donata da Mitridate; e così fu quindi salvata ancora una volta per mezzo dei suoi gloriosi morti.