4. Vittorie dei Romani.
Questo trattato di Caudio non fu già il principio di quella tranquillità, che i fanatici del partito pacifico tra i Sanniti stoltamente avevano sperato, ma invece riaccese e rese più ostinata la guerra essendo dall'una parte e dall'altra cresciute le cause dell'odio pel rimpianto di essersi lasciata sfuggire di mano l'occasione propizia, per l'accusa di mancata fede, pel vilipeso onore dell'armi e per l'abbandono degli ostaggi.
Gli ufficiali romani rinviati ai Sanniti furono da questi rifiutati perchè essi, oltre l'innata generosità, che li rendeva ripugnanti a sfogare la loro vendetta su quegli infelici, accettando queste vittime espiatrici avrebbero ammesso in faccia ai Romani, che la convenzione poteva obbligare coloro soltanto che avevano data la promessa con giuramento e non Roma.
I generosi Sanniti rispettarono persino gli ostaggi, cui secondo la legge marziale doveva darsi morte, e volsero tosto i loro pensieri alle armi. Si impossessarono di Luceria, e presero d'assalto Fregellae (434 = 320) prima che i Romani avessero riordinato l'esercito venuto poco meno che allo scioglimento. Quello ch'essi avrebbero potuto ottenere, se non avessero lasciato passare il momento propizio, ce lo prova il passaggio dei Satricani[2] alla parte dei Sanniti. Ma le forze di Roma non erano scemate, ma soltanto momentaneamente paralizzate. La vergogna e il disdegno aggiungevano stimoli alla virtù e Roma raccoglieva tutte le sue forze, e alla testa del nuovo esercito, qual supremo capitano, poneva Lucio Papirio Cursore, soldato non meno che condottiero di sperimentato valore.
L'esercito fu diviso: una metà si volse alla volta di Luceria per la Sabina e il litorale adriatico; l'altra metà attraversò il Sannio per riuscire alla stessa città, e, secondato da felici combattimenti, respingeva dinanzi a sè l'esercito sannitico. I due eserciti si ricongiunsero sotto le mura di Luceria, il cui assedio fu condotto col massimo rigore perchè nella città si trovavano prigionieri i cavalieri romani. I Pugliesi, e più particolarmente gli Arpani prestarono ai Romani un importante aiuto, segnatamente col trasporto dei viveri.
I Sanniti, per liberare Luceria dall'assedio, arrischiarono una battaglia e la perdettero; dopo di che la città si arrese ai Romani (435 = 319). Papirio ebbe la doppia consolazione di liberare gli ostaggi già creduti immolati e di rendere alla guarnigione sannitica di Luceria la pariglia delle forche caudine. Negli anni seguenti (435-437 = 319-317) la guerra fu combattuta più nei paesi limitrofi che nel Sannio[3]. I Romani punirono prima gli alleati dei Sanniti nell'Apulia e nel Frentano e strinsero nuove leghe coi Teanesi di Apulia e coi Canusini. Al tempo stesso Satrico fu ridotta in servitù e duramente punita della sua slealtà. La guerra si ridusse quindi verso la Campania, dove i Romani conquistarono la città di Saticula (forse S. Agata dei Goti) sulle frontiere del Sannio (438 = 316).
Ma dopo questo successo parve che la fortuna della guerra volesse di nuovo variare. I Sanniti trassero alla loro parte i Nucerini (438 = 316) e poco dopo i Nolani; sul Liri superiore i Sorani scacciarono il presidio romano (439 = 315); si stava maturando una sollevazione degli Ausoni, la quale minacciava l'importante città di Cales; e tutti quelli che avversavano i Romani erano venuti in grandi speranze e gli animi si mostrarono accesi fin dentro Capua.
Un esercito sannitico entrò nella Campania e mise il campo alle porte della città colla speranza di incoraggiare colla sua presenza il popolo e il partito dell'indipendenza (440 = 314).
Ma i Romani attaccarono subito Sora e, battuto l'esercito sannitico che s'era mosso per liberarla (440 = 314), la presero nuovamente.
L'agitazione fra gli Ausoni fu repressa con inesorabile severità prima che rompesse in aperta ribellione, e un apposito dittatore fu contemporaneamente nominato per fare i processi politici contro i capi del partito sannitico in Capua e per giudicarli, in modo che i più ragguardevoli fra essi si diedero volontariamente la morte per non cadere nelle mani del carnefice romano (440 = 314).
L'esercito sannitico accampato sotto Capua, fu battuto e costretto a lasciare la Campania; i Romani, inseguendo con impeto i nemici, passarono il Matese e si attendarono nell'inverno del 440 innanzi a Boviano capitale del Sannio. La città di Nola fu abbandonata dai confederati, e i Romani furono abbastanza perspicaci per staccare per sempre questa città dal partito sannitico col mezzo del favorevolissimo trattato d'alleanza, simile a quello già conchiuso con Napoli (441 = 313). Fregellae, che dal tempo della catastrofe avvenuta presso Caudio era rimasta nelle mani del partito antiromano, e il suo principale castello situato nel paese sul Liri, ricaddero finalmente in potere di Roma, dopo otto anni che i Sanniti li avevano presi (441 = 313); duecento dei più distinti cittadini del partito nazionale furono condotti a Roma e decapitati nel foro ad ammonimento di tutti coloro che avversavano Roma.
L'Apulia e la Campania caddero nel modo stesso in mano dei Romani. Per assicurarvisi stabilmente Roma vi fondò negli anni dal 440 al 442 = 314 al 312 nuove fortezze: Luceria nell'Apulia, ove in grazia dell'esposta ed isolata sua posizione fu mandata a stabile presidio una mezza legione; indi Pontiae (le isole Pontine) affine di assicurare le acque della Campania; Saticula sul confine campano sannitico quale antemurale contro il Sannio; finalmente Interamna (presso Monte Cassino) e Suessa Aurunca (Sessa) sulla via da Roma a Capua.
Oltre a ciò furono guarnite di presidi Calazia, Sora ed altre piazze d'importanza militare. La grande strada militare da Roma a Capua, fatta selciare dal censore Appio Claudio l'anno 442 = 312, e l'argine fatto da lui costruire attraverso le paludi pontine, posero l'ultimo suggello alla conquista della Campania.
Sempre più chiaro si manifestava l'intento dei Romani; si trattava di assoggettarsi tutta l'Italia, che d'anno in anno veniva sempre più avviluppata dalla rete delle strade e dalle fortezze romane. Il Sannio era già dai due lati preso in mezzo dai Romani; la linea da Roma a Luceria già separava l'Italia settentrionale dalla meridionale, come una volta le piazze forti di Cora e di Norba avevano separato i Volsci e gli Equi; e come allora sugli Ernici, Roma si appoggiava ora sugli Arpani.
Gli Italici potevano essere sicuri che la loro libertà era perduta se il Sannio soccombeva, che non v'era un giorno da perdere, e che bisognava accorrere subito con tutte le forze unite in aiuto di que' valorosi montanari, i quali già da quindici anni sostenevano l'ineguale lotta contro i Romani.