10. Il dominio romano.
Questi indigeni, irrequieti e smaniosi di guerra, che anticipavano lo spirito del Cid e di Don Chisciotte, dovevano ora venir frenati e possibilmente inciviliti dai Romani.
Militarmente il compito non era difficile; benchè essi si rivelassero non disprezzabili avversari dei Romani, non solo dietro le mura delle loro città, o sotto la direzione di Annibale, ma anche soli ed in campo aperto: colla loro corta bitagliente daga che i Romani poi ricopiarono, e colle formidabili loro colonne d'assalto non di rado fecero vacillare persino le legioni romane.
Se essi fossero stati capaci di disciplinarsi militarmente e di associarsi politicamente, avrebbero forse potuto liberarsi dalla signoria straniera loro imposta; ma il loro valore era piuttosto quello del volontario che non quello del soldato, e difettavano d'ogni criterio politico.
Così in Spagna non si venne ad una seria guerra; ma non si godette nemmeno d'una seria pace.
Gli Spagnuoli, disse poi giustamente Cesare, non seppero mai esser tranquilli in pace, nè valorosi in guerra.
Quanto facile riusciva al generale romano farla finita colle schiere d'insorgenti, altrettanto difficile era per l'uomo di stato trovare un mezzo adatto, per pacificare e civilizzare questo paese; e siccome ciò che solo avrebbe effettivamente potuto bastare, cioè una grande colonizzazione latina, era contrario allo scopo universale della politica romana, così all'uomo di stato non rimanevano se non dei mezzi palliativi.
Il territorio conquistato dai Romani in Spagna durante la guerra annibalica fu sulle prime diviso in due parti: la provincia una volta cartaginese che abbracciava gli odierni paesi dell'Andalusia, di Granata e Valenza, ed il paese bagnato dall'Ebro, l'Aragona e la Catalogna, dove aveva soggiornato l'esercito romano durante l'ultima guerra; di questi territori si formarono le due province romane dette Spagna citeriore e Spagna ulteriore.
I Romani cercavano ridurre a poco a poco sotto la loro signoria il paese interno corrispondente all'incirca alle due Castiglie e da essi compreso sotto il nome di Celtiberia, accontentandosi d'impedire che gli abitanti dei paesi occidentali, e particolarmente i Lusitani dimoranti nell'odierno Portogallo e nell'Estramadura spagnuola, facessero delle invasioni nel suolo romano, e astenendosi affatto dal mettersi in contatto con le stirpi stanziate sulla costa settentrionale della penisola: i Galliziani, gli Asturiani ed i Cantabri.
Era impossibile conservare e consolidare quanto si era ottenuto senza un presidio permanente, mentre il governatore della Spagna citeriore durava ogni anno grave fatica a tenere in freno i Celtiberi e quello della Spagna inferiore a respingere i Lusitani. Era quindi necessario tenere in Spagna un esercito permanente di quattro forti legioni, circa 40.000 uomini; oltre a ciò, molto spesso, si doveva chiamare sotto le armi la milizia del paese per rinforzare le legioni nei paesi occupati.
Ciò era di grande importanza sotto due aspetti; mentre qui per la prima volta, almeno in una più ampia proporzione, l'occupazione militare del paese divenne permanente, per cui anche il servizio militare cominciò a farsi duraturo.
Il costume antico dei Romani di mandare truppe solamente dove lo richiedeva il momentaneo bisogno della guerra, e, ad eccezione di alcune difficili ed importanti guerre, di non tenere oltre un anno sotto le insegne gli uomini chiamati sotto le armi, si dimostrò incompatibile col mantenimento dell'ordine nelle irrequiete e lontane province spagnuole d'oltremare; era assolutamente impossibile togliere di là le truppe, estremamente pericoloso anche cambiarle in massa.
I cittadini romani cominciarono ad accorgersi che il dominio di un popolo straniero non è una piaga solo pel servo, ma anche pel padrone, e mormoravano senza ritegno sull'odioso servizio militare in Spagna.
Mentre i nuovi generali si rifiutavano con ragione di permettere il cambio delle truppe in massa, queste si ammutinavano e minacciavano che, ove non si desse loro il congedo, se lo prenderebbero esse stesse.
Le guerre fatte dai Romani in Spagna non hanno per se stesse che un'importanza subordinata. Esse ebbero principio colla partenza di Scipione e durarono quanto durò la guerra d'Annibale.
Dopo la pace con Cartagine (553=201) tacquero le armi anche nella penisola, ma per breve tempo. L'anno 557=197 scoppiò in entrambe le province una insurrezione generale.
Il comandante della provincia ulteriore fu messo gravemente alle strette, quello della provincia citeriore completamente vinto ed anzi ucciso. Si rese assolutamente necessario trattare la guerra seriamente, e, sebbene in questo frattempo l'attivo pretore Quinto Minucio superasse il primo pericolo, il senato decise di mandare in Spagna nel 559=195 il console Marco Catone.