12. Il nuovo governo monarchico.
Gli autocrati potevano per ciò riordinare l'Italia a loro modo e più radicalmente di prima. L'Italia e la capitale ricevettero in fatti un presidio, sebbene non sotto le armi, al comando di uno degli autocrati. Delle truppe levate da Crasso e da Pompeo per la Siria e per la Spagna, le prime furono veramente incamminate per l'oriente, ma Pompeo fece governare le due province spagnuole dai suoi comandanti in seconda colla guarnigione fino allora colà stanziata, mentre mandava in licenza gli ufficiali ed i soldati delle nuove legioni destinate apparentemente a marciare alla volta della Spagna rimanendo con esse in Italia.
Naturalmente crebbe la tacita opposizione dell'opinione pubblica, quanto più chiaramente si andava comprendendo che gli autocrati si affaticavano per farla finita coll'antica costituzione e per ridurre con i possibili riguardi le condizioni del governo e dell'amministrazione alle forme della monarchia; ma si ubbidiva perchè non si poteva fare altrimenti.
Anzitutto furono portati a fine gli affari di maggiore importanza e specialmente quelli che si riferivano alle cose militari e all'estero, e ciò senza l'intervento del senato, ma o per mezzo di plebisciti, o di autorità degli stessi autocrati. Le decisioni prese in Lucca relativamente al comando militare della Gallia furono portate a conoscenza dei cittadini da Crasso e da Pompeo, quelle concernenti la Spagna e la Siria direttamente dal tribuno del popolo Caio Trebonio, e così fu spesso provveduto con plebisciti alla nomina di altre più importanti luogotenenze.
Cesare aveva già sufficentemente provato che gli autocrati non abbisognavano del consenso dell'autorità per accrescere a loro talento il numero delle loro truppe; e così non esitarono a prestarsi reciprocamente le loro schiere, così Cesare ebbe aiuti dal collega Pompeo per la guerra contro i Galli, Crasso da Cesare per quella contro i Parti. I transpadani, ai quali secondo la vigente costituzione spettava il solo diritto latino, furono trattati da Cesare durante il suo governo come cittadini romani di pieno diritto[5].
Se in altri tempi all'ordinamento dei territori di nuovo acquisto si era proceduto per mezzo di commissioni senatorie, Cesare organizzava ora le estese conquiste galliche assolutamente come meglio credeva e fondava delle colonie cittadine senza alcuna autorizzazione, specialmente Novum-Comum (Como) con cinquemila coloni.
Così Pisone fece la guerra tracica, Gabinio l'egizia, Crasso la partica senza chiedere il permesso al senato, anzi trascurando persino la pratica tradizionale di riferirne allo stesso; così furono concessi ed eseguiti trionfi ed altre dimostrazioni onorifiche senza che il senato ne fosse stato officiato.
È evidente che in tutto ciò non si può vedere una semplice trascuratezza di forma, trascuratezza che non si saprebbe spiegare, perchè nella maggior parte dei casi non si poteva temere assolutamente un'opposizione del senato. Vi si poteva piuttosto scorgere una ben calcolata intenzione di escludere il senato da tutti gli affari militari e d'alta politica, e di limitare la sua partecipazione al governo alle questioni finanziarie ed agli affari interni; e anche gli avversari riconobbero questa mira e protestarono come poterono per mezzo di senatoconsulti e di accuse criminali contro questo modo di procedere degli autocrati.
Mentre questi mettevano il senato da parte nelle cose più importanti, gli avversari si servivano sempre delle meno pericolose assemblee popolari – si era provveduto affinchè i padroni delle piazze non sollevassero alcuna difficoltà ai padroni dello stato; – però in molti casi si rinunziò anche a questo ozioso fantasma e si usarono apertamente forme autocratiche.