14.Ordinamento dell'Asia minore.
L'ordinamento dell'Asia minore fu regolato in parte dal trattato conchiuso con Antioco (565=189), in parte colle disposizioni di una commissione romana presieduta dal console Volso.
Oltre la consegna di ostaggi, fra i quali il più giovane figlio omonimo di Antioco, ed una contribuzione di guerra in proporzione ai tesori dell'Asia, consistente in 15.000 talenti euboici (circa 91.500.000), un quinto da versarsi subito, il resto in dodici rate annue, fu imposta ad Antioco la cessione di tutti i suoi possedimenti in Europa, e nell'Asia minore di tutti i territori a nord del Tauro e ad occidente dalla foce del Cutro fra Aspendo e Perge in Pamfilia, cosicchè nell'Asia anteriore (Anatolia) non gli rimasero altro che la Cilicia e la Pamfilia. Naturalmente, il suo protettorato sui regni e sulle signorie nell'Asia anteriore cessò.
L'Asia, o per meglio dire la Siria, poichè così ora più comunemente e propriamente si chiamò il regno dei Seleucidi, perdette il diritto di fare guerre aggressive agli stati occidentali, e, nel caso di una guerra difensiva, di acquistare una parte del loro paese allo stipulare della pace. Fu vietato al re di Siria di navigare con vascelli da guerra sul mare ad occidente della foce del Calicadno nella Cilicia, eccetto che per condurre ambasciatori, ostaggi o tributi; di tenere in generale più di dodici navi a ponte, eccetto il caso di una guerra difensiva; di addestrare elefanti per la guerra; finalmente gli fu tolto di fare arruolamenti negli stati occidentali o di accogliere fuggiaschi politici o disertori provenienti dai medesimi.
Il re consegnò i vascelli da guerra eccedenti il numero stabilito, gli elefanti ed i rifugiati politici che si trovavano presso di lui.
In compenso il gran re ricevette il titolo di «amico della repubblica romana».
Lo stato della Siria era quindi, per mare e per terra, cancellato dall'occidente e per sempre; ed abbiamo una chiara prova della fiacca e sconnessa organizzazione del regno dei Seleucidi nel fatto che, fra tutte le grandi potenze debellate da Roma, questa fu la sola che, dopo la prima sconfitta, non avesse più tentato di ricorrere una seconda volta alla decisione delle armi.
Le due Armenie che erano rimaste fino allora, almeno di nome, satrapie asiatiche, si mutarono, se non veramente in virtù del trattato romano, almeno sotto l'influenza di esso, in regni indipendenti, e i loro signori Artaxia e Zariadris divennero fondatori di nuove dinastie.
Arariate, re di Cappadocia, se la cavò con una multa di 600 talenti (circa L. 3.660.000) essendo il suo paese fuori del confine tracciato dai Romani alla propria influenza e questa multa venne persino ridotta alla metà dietro intercessione del suo genero Eumene.
Prusia, re di Bitinia, conservò il suo territorio senza alcun cambiamento; così i Celti conservarono il loro territorio, ma essi dovettero promettere di non inviare, d'allora innanzi, schiere armate oltre i confini, in conseguenza di che cessarono i non decorosi tributi che parecchie città dell'Asia minore pagavano loro.
Roma rese quindi ai Greci asiatici un vero beneficio, che questi non mancarono di ricambiare con corone d'oro e con i più trascendentali panegirici.
Nella parte settentrionale dell'Asia minore, l'ordinamento territoriale non era scevro di difficoltà, particolarmente perchè qui la politica dinastica di Eumene s'urtava con quella dell'ansa greca. Ma finalmente si venne al seguente accordo. A tutte le città greche, che erano libere al momento della giornata di Magnesia e che si erano dichiarate in favore dei Romani, fu confermata la loro libertà, e tutte, meno quelle che fino allora erano tributarie di Eumene, furono per l'avvenire esonerate dal pagare tributi ai diversi dinasti.
Così furono dichiarate libere le città di Dardano e di Ilio, antiche affini dei Romani dal tempo di Enea; così Cuma, Smirne, Clazomene, Eritrea, Chio, Colofone, Mileto e parecchie altre di antica rinomanza. Benchè Focea non fosse compresa nella categoria delle città designate nel trattato, dato che, malgrado la capitolazione, era stata saccheggiata dai soldati della flotta romana, riebbe, eccezionalmente, a titolo d'indennità, il suo territorio e la sua libertà.
Parecchie città dell'ansa greco-asiatica ebbero inoltre ingrandimenti territoriali ed altri vantaggi. Meglio di tutte fu, naturalmente, trattata Rodi, che ebbe la Licia, eccettuata Telmesso, e la maggior parte della Caria a sud del Meandro; Antioco garantì inoltre ai Rodioti le proprietà ed i privilegi che essi avevano nel suo regno, e l'esenzione doganale di cui avevano goduto fino allora.
Tutto il resto del bottino, e quindi la massima parte, toccò agli Attalidi, la cui antica fede verso Roma e le calamità sofferte da Eumene durante questa guerra, non meno che il suo merito personale per la riuscita della battaglia decisiva, furono dalla repubblica romana ricompensati come giammai un re ha ricompensato i suoi alleati.
Eumene ebbe in Europa il Chersoneso con Lisimachia; in Asia, oltre la Misia che già possedeva, la Frigia sull'Ellesponto, la Lidia con Efeso e Sardi, il distretto settentrionale della Caria sino al Meandro con Tralle e Magnesia, la Magna Frigia e la Licaonia con un pezzo della Cilicia, la provincia di Milye tra la Frigia e la Licia e, come porto sul mare meridionale, Telmesso nella Licia.
Relativamente alla Pamfilia sorse poi contestazione tra Eumene ed Antioco, se fosse posta di qua o di là del Tauro, e se quindi dovesse appartenere all'uno o all'altro. Eumene ebbe inoltre il protettorato ed il diritto di tributo delle città greche che non ottennero l'assoluta libertà, ma anche per esse fu convenuto che avrebbero conservato i loro privilegi e che il tributo non sarebbe stato aumentato.
Antioco dovette inoltre obbligarsi a pagare ad Eumene i 350 talenti (circa L. 2.153.000), di cui era rimasto debitore verso suo padre Attalo, ed a compensarlo con 127 talenti (circa L. 774.700) per somministrazioni di frumento. Eumene ricevette infine le foreste regie e gli elefanti ceduti da Antioco; non così le navi da guerra che furono arse, perchè i Romani non tolleravano una potenza marittima accanto a loro.
In questo modo il regno degli Attalidi divenne, nell'oriente d'Europa e nell'Asia, ciò che era divenuta la Numidia in Africa, cioè uno stato potente, dipendente da Roma, con una forma di governo assoluto, destinato e capace di tener in freno tanto la Macedonia quanto la Siria, e che soltanto in casi straordinari aveva bisogno di chiedere aiuto ai Romani.
Con questa creazione, la politica dei Romani aveva, per quanto era possibile, combinata la liberazione dei Greci asiatici con la loro simpatia e la vanità repubblicana e nazionale.
Quanto agli affari del più remoto oriente oltre il Tauro e l'Ali, i Romani erano fermamente risoluti a non darsene alcun pensiero. Ciò è chiaramente provato dalle condizioni della pace con Antioco, e ancora più chiaramente dal reciso rifiuto del senato di accordare alla città di Soli, nella Cilicia, la libertà chiesta per essa dai Rodioti. Con eguale fermezza essi rimasero fedeli alla massima di non acquistare diretti possedimenti oltremarini.
Dopo che la flotta romana ebbe fatta ancora una spedizione a Creta ed ottenuta la liberazione dei Romani che vi erano stati venduti schiavi, tanto la flotta romana quanto l'esercito abbandonarono l'Asia sullo scorcio dell'estate dei 566=188. Nel viaggio di ritorno, passando ancora per la Tracia, a cagione della trascuratezza del generale, l'esercito ebbe molto a soffrire dalle aggressioni dei barbari. I Romani non riportarono dall'oriente altro che onore ed oro, ricompense che, sino d'allora, solevano già accoppiarsi nella pratica forma dell'indirizzo di ringraziamento.