7. Religioni orientali in Italia.
In aperta antitesi con questa larva di religione or ora descritta si trovano i diversi culti stranieri, pei quali si profondeva ogni cura ed ai quali almeno non si può negare una forza vitale assai decisa.
Essi si trovano dappertutto, tanto presso le nobili matrone e presso distinti personaggi come nella classe degli schiavi, presso il generale come presso il semplice soldato, in Italia come nelle province.
Sembra incredibile come questa superstizione fosse già salita tanto alto.
Allorchè la siriaca profetessa Marta nella guerra cimbrica si offrì di somministrare al senato i mezzi e di indicargli le vie per vincere i Teutoni, esso veramente respinse l'offerta con disprezzo, ma le dame romane, e specialmente la stessa moglie di Mario, la inviarono però al quartiere generale, dove Mario l'accolse amorevolmente e la condusse con sè fino a che i Tentoni furono battuti.
I capi dei diversi partiti nella guerra civile, Mario, Ottavio e Silla erano concordi nella fede dei segni celesti e degli oracoli.
Persino il senato dovette, durante la medesima guerra, negli sconvolgimenti dell'anno 667 = 87 adattarsi a dare delle disposizioni conformi alle insulsaggini di una pazza profetessa.
È significativo, tanto per dimostrare la mancanza di vitalità nella religione romano-ellenica quanto pel crescente bisogno nelle masse di più forti stimoli religiosi, che la superstizione non si attaccasse più alla religione nazionale, come nei misteri di Bacco; già era sorpassata la stessa misticità etrusca; i culti sorti nelle calde province orientali sono posti tutti in prima linea.
A ciò ha contribuito grandemente l'immensa irruzione di elementi siri e dell'Asia minore, venuti a mescolarsi colla popolazione, parte come schiavi, parte facilitati dalle aumentate relazioni commerciali tra l'Italia e l'oriente.
La potenza di queste relazioni straniere si manifesta fortemente nelle sollevazioni degli schiavi siciliani provenienti per la maggior parte dalla Siria.
Euno eruttava fuoco dalla bocca, Atenione leggeva negli astri; le palle di piombo scagliate in questa guerra recano per la maggior parte nomi di divinità, vicino a quelli di Giove e di Artemide, specialmente quello delle Madri, immigrate misteriosamente da Creta in Sicilia, ove erano tenute in grande venerazione.
E così vi concorse il commercio, specialmente da quando le merci da Berito e da Alessandria andarono direttamente nei porti italici; Ostia e Pozzuoli erano i grandi scali tanto per gli unguenti odorosi della Siria e pei lini d'Egitto, quanto per il culto orientale.
In ogni parte, colla fusione delle razze, progredisce sempre più anche quella delle religioni.
Il più popolare di tutti i culti permessi era quello della madre degli dei, celebrato in Pessinunte, il quale s'imponeva alle masse coi suoi eunuchi, coi banchetti, con la musica, con le processioni e con tutto lo sfarzo che colpisce i sensi; collette fatte a domicilio erano già sentite come una gravezza economica.
Nei momenti più scabrosi della guerra cimbrica il sommo sacerdote Battaco venne personalmente da Pessinunte a Roma per difendere gli interessi del tempio della sua dea, che, come pretendeva, era stato profanato; parlò al popolo romano per ordine speciale della madre degli dei e fece anche parecchi miracoli.
Gli uomini assennati se ne scandalizzarono, ma le donne e la moltitudine vollero, alla partenza del profeta, accompagnarlo in gran corteo.
I voti di fare pellegrinaggi in oriente non erano ormai avvenimenti rari; Mario stesso ne fece uno a Pessinunte, e vi furono persino cittadini romani (i primi nel 653 = 101) che si lasciarono evirare per servire al suddetto culto.
Ma molto più popolari erano, naturalmente, i culti vietati e quelli segreti.
Sin dal tempo di Catone l'oroscopo caldaico aveva incominciato a fare concorrenza all'aruspice etrusco e all'augure marsico; dopo poco l'astronomia e l'astrologia in Italia divennero così comuni, come lo erano nel fantastico paese ove nacquero.
Già nel 615 = 139 fu imposto dal pretore forense a tutti i Caldei che si trovavano in Roma e in Italia di sgombrare entro dieci giorni. La stessa sorte toccò contemporaneamente ai Giudei che avevano ammesso proseliti italici al loro sabato. E così Scipione dovette purgare il campo dinanzi a Numanzia di ogni sorta d'indovini e di cavalieri d'industria religiosi.
Alcune decine d'anni più tardi (657 = 97), si dovettero persino vietare i sacrifici di vittime umane.
Il culto feroce della cappadoce Ma, o Bellona come la chiamavano i Romani, alla quale nelle feste solenni i sacerdoti spruzzavano in olocausto il proprio sangue, e il tenebroso culto degli Egizi cominciano a comparire in scena; già quella dea cappadoce era comparsa in sogno a Silla e delle posteriori comunità romane d'Iside e Osiride le più antiche rimandavano la loro origine sino ai tempi di Silla.
Si smarriva non solo l'antica fede, ma si perdeva anche la fede in sè stessi; la tremenda crisi di una rivoluzione che durò cinquant'anni, il sentimento istintivo che la guerra non fosse finita, accrescevano l'angosciosa inquietudine e la fosca oppressione degli animi delle moltitudini.
L'errante pensiero cercava d'attaccarsi, inquieto com'era, ad ogni balza e di precipitarsi in ogni abisso, ove immaginava di trovare nuove risorse nelle sovrastanti fatalità, nuove speranze o forse nuove angosce nella disperata lotta contro il destino.
L'enorme misticismo trovò nell'universale dissoluzione politica, economica, religiosa, il terreno propizio, e prosperò con terribile rapidità; era come se in una notte fossero sorti da terra alberi giganteschi senza che alcuno sapesse come e perchè e appunto questo incremento prodigiosamente rapido operò esso stesso nuovi prodigi e sedusse come per incanto tutti gli animi non abbastanza fermi.