14. Unione religiosa - Druidi.
La universalità e la potenza del sentimento nazionale dei Celti sarebbero inesplicabili, se essi nel massimo dissolvimento politico non fossero stati da lungo tempo uniti ad un centro comune coi vincoli della religione e persino della teologia.
Il sacerdozio celtico, o, col nome indigeno, la corporazione dei druidi, abbracciava certamente le isole britanniche e tutta la Gallia, e forse anche altri paesi celti, con un comune vincolo religioso nazionale. Essa era retta da un proprio capo, che i sacerdoti stessi si eleggevano, aveva le proprie scuole nelle quali si propagava l'amplissima tradizione, aveva i propri privilegi, specialmente l'esonero dalle imposte e dal servizio militare, che ogni distretto rispettava, teneva annui concili, che si raccoglievano presso Chartres nel «centro della terra celtica», e anzitutto un'assemblea di credenti che non la cedeva in nulla per modesta pietà e per cieca ubbidienza verso i suoi sacerdoti agli Irlandesi dei giorni nostri.
Non deve sorprendere che un simile sacerdozio tentasse di usurpare anche il potere temporale, come di fatti in parte l'usurpò. Dove esisteva una monarchia annua esso dirigeva le elezioni in caso di interregno; si arrogò con successo il diritto di escludere singoli individui ed interi comuni dalla comunità religiosa ed in conseguenza anche dalla comunità civile; seppe trarre a sè i più importanti affari civili, specialmente i processi per delimitazione di confini ed eredità, e, appoggiato, come pare, al suo diritto di escludere dal comune e fors'anche all'abitudine del paese di scegliere pei sagrifici umani di preferenza i delinquenti, sviluppò un'estesa giurisdizione criminale e sacerdotale, che faceva concorrenza a quella dei re e dei vergobreti, e si arrogò persino il diritto di decidere della pace e della guerra.
Era quasi uno stato pontificio col papa e coi concilî, con immunità, interdizioni e censure ecclesiastiche; colla diversità che questo stato ecclesiastico non si staccava come quello dei nostri giorni, dalla nazione, ma era anzitutto nazionale.
Ma se così fra le tribù celtiche si era destato con pieno vigore il sentimento dell'unità, non era dato ancora alla nazione di avere un punto fisso di centralizzazione politica, come l'ebbe l'Italia nella borghesia romana e come lo trovarono i Greci ed i Germani nei re macedoni e franchi.
Sebbene il sacerdozio e la nobiltà dei Celti tenessero legata e rappresentassero in un certo senso la nazione, quei due corpi erano però da un lato per i loro particolari interessi di casta incapaci di unificarla, dall'altro abbastanza forti per non permettere tale unificazione ad alcun re o ad alcun distretto. Non mancarono tentativi tendenti, come portava la costituzione distrettuale, al sistema dell'egemonia.