3 Dimora degli Etruschi in Italia.
È quindi nell'interesse della storia, per chiarire queste confusioni storiche, l'indagare quali fossero le più antiche residenze degli Etruschi e come essi s'inoltrassero poi nel paese. Abbondano le prove che prima della grande invasione celtica i Raseni abitavano la regione settentrionale del Po (Padus) confinando all'est coll'Adige, dove cominciavano i Veneti di stirpe illirica (albanese?), all'occidente coi Liguri; e conferma questa supposizione principalmente la circostanza dell'aspro dialetto etrusco, parlato ancora ai tempi di Tito Livio dagli abitanti delle Alpi Retiche, e nella città di Mantova rimasta etrusca sino ne' più tardi tempi. A mezzodì del Po e sino alle sue foci si mescolavano Etruschi e Umbri, quelli come lo stipite dominante, questi come lo stipite più antico che aveva fondato le due città commerciali di Hatria e Spina; mentre invece Felsina (Bologna) e Ravenna pare che siano di origine etrusca. Passò lungo tempo prima che i Celti varcassero il Po, il che spiega come gli Etruschi e gli Umbri gettassero sulla riva destra radici molto più profonde di quello che non facessero sulla sinistra da loro più presto abbandonata.
Ad ogni modo le regioni a settentrione dell'Appennino passarono con troppa rapidità da una all'altra schiatta perchè vi si fosse potuta radicare durevolmente una civiltà caratteristica.
Maggiore importanza per la storia ebbe la grande colonia degli Etruschi nel paese che porta ancora oggi il loro nome. Anche se qui presero eventualmente stanza ne' primi tempi gli Umbri e i Liguri, le loro tracce furono interamente cancellate dall'occupazione e dalla civiltà etrusca.
In questo territorio, che dalla parte del mare si estende da Pisa a Tarquinia e verso oriente è tutto chiuso dalla gran cerchia degli Appennini, ha trovato la sua stabile dimora la gente etrusca, e vi si mantenne con grandissima tenacia sino ai tempi degli imperatori. Il confine del vero territorio etrusco verso il settentrione era il fiume Arno; il territorio, che si estendeva sulla destra dell'Arno verso settentrione fino alla foce della Magra e all'Appennino, era un paese di frontiera disputato perpetuamente tra i Liguri e gli Etruschi, ove perciò non potevano prosperare colonie di qualche entità. La selva ciminica, catena di monticoli a sud di Viterbo, formava probabilmente dapprima il confine meridionale dell'Etruria che in seguito si estese fino al Tevere. Si è già accennato più sopra che il paese posto tra i monti Cimini ed il Tevere, colle città di Sutri, Nepete, Falerii, Veio, Cere, non venne occupato dagli Etruschi se non molto tempo dopo che essi già s'erano stabiliti nei distretti del nord, e probabilmente soltanto nel secondo secolo di Roma, e che l'originaria popolazione italica vi si mantenne, particolarmente in Falerii, benchè in condizione di dipendenza.
Dopo che il Tevere formò la frontiera dell'Etruria verso l'Umbria e il Lazio, alle agitazioni di una perpetua guerra di razze diverse, viventi sullo stesso suolo, dovettero sottentrare quelle pacifiche relazioni di vicinato, possibili tra due paesi limitrofi, e pare che da quel tempo non si sia più verificato alcun importante spostamento di confini, specialmente verso il Lazio. Per quanto i Romani riguardassero decisamente gli Etruschi come stranieri e come compatrioti i Latini, pare nondimeno ch'essi temessero molto meno i popoli della riva diritta del Tevere che non i loro affini di stirpe, come ad esempio i Gabini e quelli d'Alba. Ciò parrà naturale quando si pensi che da settentrione i Romani erano difesi non solo dal confine naturale di un grosso fiume, ma anche dalla circostanza, importante per lo sviluppo commerciale e politico della loro città, che nessuna delle grandi città etrusche si trovava nelle immediate vicinanze del fiume, come Roma sulla riva latina. I più vicini al Tevere erano i Veienti; e con essi infatti Roma ed il Lazio si trovavano più spesso in seri conflitti, principalmente pel possesso di Fidene, la quale posta sulla riva sinistra del Tevere, serviva ai Veienti quasi di testa di ponte, come sulla destra il Gianicolo ai Romani, e trovavasi ora nella mani dei Latini, ora in quelle degli Etruschi. Molto più pacifiche e amichevoli di quelle che allora si potessero sperare tra vicini, erano invece le relazioni di Roma con Cere, posta a qualche maggiore distanza. Correvano bensì delle vaghe tradizioni, risalenti ai più antichi tempi, le quali narravano di combattimenti tra Cere e il Lazio, di grandi vittorie riportate sui Latini da Mesenzio re di Cere, il quale avrebbe loro imposto un tributo in vino; ma una più chiara e concludente tradizione, in luogo di disfide e di guerre, ci assicura degli intimi rapporti pacifici tra i due antichissimi centri delle relazioni commerciali e marittime nell'Etruria e nel Lazio.
Manca assolutamente ogni indizio che gli Etruschi si sieno inoltrati per la via di terra al di là del Tevere. Vediamo bensì annoverati gli Etruschi in prima linea nel grande esercito barbarico che Aristodemo distrusse sotto le mura di Cuma nel 230 della città; ma pur prestando fede a questa notizia anche nei suoi particolari, la cosa non si riduce ad altro che ad una grande spedizione di pirati, alla quale avrebbero preso parte gli Etruschi. È di ben altra importanza l'indagare, se si abbia qualche notizia di colonie etrusche fondate nell'interno del paese e a mezzogiorno del Tevere, e se v'abbia alcuna memoria d'una seria aggressione contro i Latini per parte degli Etruschi. Stando a ciò che vediamo, i Romani rimasero tranquilli possessori del Gianicolo e delle due rive dei Tevere fino alla sua foce. Quanto alla migrazione di consorzi etruschi in Roma, vi è un racconto tratto da annali toscani, dal quale si apprende che una banda etrusca, condotta fuori di Volsinio da un Celio Vivenna e dopo la morte di lui capitanata dal suo fedele compagno Mastarna, e da questi condotta a Roma, si sia stabilita sul monte Celio.
Questa notizia possiamo ritenerla positiva, benchè l'aggiunta che Mastarna sia poi diventato re di Roma sotto il nome di Servio Tullio, debba ritenersi una inverosimile supposizione di quegli archeologi, che si torturavano il cervello per trovare il parallelismo delle leggende.
Una siffatta colonia è provata anche dalla denominazione «quartiere dei Tuschi» a' piedi del Palatino, quartiere che, trovandosi fuori delle mura antiche, dimostra la posizione dipendente dei coloni.
Non vi è nemmeno da dubitare che l'ultima dinastia che regnò sui Romani, la dinastia dei Tarquini, fosse originaria dell'Etruria, o che venisse da Tarqueno (Tarquinii), come vuol la leggenda, o da Cere, dove recentemente è stato scoperto il sepolcro di famiglia dei Tarchnas. E anche non è latino, ma comune tra gli Etruschi il nome femminile di Tanaquil o Tanchvil, di cui la leggenda fa menzione. Ma la narrazione che Tarquinio fosse figlio di un greco emigrato da Corinto a Tarqueno e quindi venuto a Roma come meteco non è nè storia, nè leggenda, e la catena storica degli avvenimenti ci si mostra qui non solo confusa, ma completamente spezzata. Se da questa tradizione si può desumere qualche cosa di più del nudo fatto, e per se stesso di poco conto, che l'ultima dinastia, la quale tenne lo scettro reale in Roma, fu di origine etrusca, non può essere se non ciò, che la signorìa di un uomo di origine etrusca sopra Roma non può venire considerata nè come una signorìa degli Etruschi o di un comune etrusco su Roma, nè viceversa come una signorìa di Roma sull'Etruria meridionale. Infatti non vi sono argomenti nè per l'una, nè per l'altra supposizione; la storia dei Tarquini deve ricercarsi nel Lazio e non nell'Etruria; e per quanto ci consta, durante tutta l'epoca dei re, l'Etruria non ha esercitato su Roma nè nella lingua nè nei costumi alcuna importante influenza e non ha neppure turbato il simmetrico sviluppo dello stato romano o della lega latina. Le cause di questa relativa inazione dell'Etruria verso il vicino paese latino, sono verosimilmente da cercarsi in parte nelle lotte che gli Etruschi dovettero sostenere sul Po contro i Celti, che, a quanto pare, non riuscirono a spingersi oltre il gran fiume se non dopo la cacciata dei re da Roma; in parte nell'indirizzo della nazione etrusca verso la navigazione e il dominio del mare e delle coste, col quale fatto ad esempio, sono strettamente connesse le colonie della Campania, di cui è cenno nel seguente capitolo.