10. Gli stati clienti.
Ma ovunque si volgesse lo sguardo nel vasto orizzonte del governo romano, dappertutto si offrivano le stesse cause ed i medesimi effetti.
Se la guerra siciliana degli schiavi prova come fosse impotente il governo anche per il semplice còmpito di frenare il proletariato, per i contemporanei avvenimenti dell'Africa è chiaro che adesso Roma pensava di governare gli stati venuti sotto la sua clientela.
Al tempo stesso in cui scoppiò la guerra degli schiavi in Sicilia, si diede anche al mondo stupefatto lo spettacolo di un principe protetto, di nessun conto, che non per le armi, ma per la dappocaggine dei reggenti di quella formidabile repubblica, la quale con un colpo del poderoso suo braccio aveva rovesciato i troni di Macedonia e di Asia, potè sostenere un'insurrezione e difendere un'usurpazione che durò quattordici anni.
Il regno di Numidia si estendeva dal fiume di Molocath sino alla grande Sirte, confinando così da una parte col regno mauritano del Tingi (l'odierno Marocco), dall'altra con Cirene e con l'Egitto; e comprendendo la costa litoranea della provincia romana dell'Africa all'occidente, al mezzodì e all'oriente esso abbracciava, oltre le antiche possessioni dei capi numidi, l'estesissimo tratto di territorio posseduto da Cartagine in Africa ai tempi della sua floridezza, con parecchie antiche e ragguardevoli città della Fenicia, come Hippo regius (Bona) e Leptis Magna (Lebdah), insomma la maggiore e più ragguardevole parte del ricco litorale dell'Africa settentrionale.
Dopo l'Egitto, la Numidia era senza dubbio il più considerevole fra tutti gli stati protetti di Roma.
Morto Massinissa (605 = 149) Scipione aveva diviso la signoria paterna fra i tre suoi figli, i re Micipsa, Gulussa, Mastanabal, in modo che il primogenito assunse le cure della residenza e del pubblico erario; il secondo attese alle cose di guerra; il terzo alla giustizia.
Dopo la morte dei suoi due fratelli, reggeva ora lo stato il figlio maggiore di Massinissa, Micipsa[5], un vecchio debole e pacifico, il quale, anzichè ai pubblici affari, attendeva allo studio della filosofia greca.
Non essendo i suoi figli ancor giunti alla pubertà, teneva di fatto le redini del governo un nipote illegittimo dei re, il principe Giugurta. Giugurta, non era un indegno nipote di Massinissa. Bello della persona, esperto e coraggioso cavaliere e cacciatore, i suoi compatriotti lo tenevano in grande onore ed egli li reggeva con avvedutezza nella sua qualità di amministratore; e del suo talento militare aveva dato prove come duce del contingente numida dinanzi a Numanzia sotto gli occhi di Scipione.
La sua posizione nel regno e l'influenza che per mezzo dei suoi amici e commilitoni esercitava presso il governo romano, persuasero re Micipsa ad adottarlo (634 = 120) e disporre nel suo testamento che i suoi due figli maggiori Aderbale e Iempsale e per terzo il suo figlio adottivo Giugurta, appunto come aveva fatto egli stesso coi suoi due fratelli, ereditassero il regno e tutti e tre d'accordo lo governassero. Per maggior sicurezza questa disposizione fu posta sotto la guarentigia del governo romano. Poco dopo, nell'anno 636 = 118 il re Micipsa morì.