47. La Gallia sottomessa.
Così la Gallia, cioè il paese all'occidente del Reno e al settentrione dei Pirenei, era venuta in potere dei Romani solo dopo otto anni di guerra (696-703 = 58-51).
Un anno appena dopo la prima pacificazione del paese, al principio del 705 = 49 le truppe romane dovettero essere richiamate a ripassare le Alpi a cagione della guerra civile scoppiata finalmente in Italia, e rimasero nel paese dei Celti tutt'al più alcune deboli divisioni di reclute. Tuttavia i Celti non insorsero più contro il dominio straniero; e mentre in tutte le antiche province del regno si combatteva contro Cesare, il solo paese di nuovo acquisto si mantenne sottomesso al suo vincitore.
Anche i tedeschi non fecero durante questi anni altri decisivi tentativi per stabilirsi come conquistatori sulla sinistra del Reno. E così non avvenne durante le seguenti crisi nella Gallia alcuna nuova insurrezione nazionale o invasione germanica, benchè se ne presentassero le più favorevoli occasioni.
Se pure in qualche luogo avvenivano dei disordini, come ad esempio nel 708 = 46 presso i Bellovaci, che si sollevarono contro i Romani, quelle insurrezioni erano così isolate, e senza connessione cogli affari d'Italia, che senza gravi difficoltà venivano sedate dai luogotenenti romani.
È vero che questo stato pacifico, come lo fu per molti secoli quello in Spagna, si era ottenuto lasciando che le più lontane province, più vivamente invase dal sentimento nazionale, come la Bretagna, i distretti della Schelda, i paesi dei Pirenei, si sottraessero pel momento in modo più o meno reciso alla sottomissione romana. Ma ciò non toglie che, per quanto scarso fosse il tempo lasciato a Cesare per la costruzione del suo edificio e questo stesso tempo fosse stato impiegato anche per affari di maggiore urgenza, e per quanto egli l'abbia lasciato non finito e appena abbastanza rassicurato, tuttavia, tanto nel fatto di respingere i Germani, come nell'assoggettare i Celti, egli, in questa prova del fuoco, si mostrò resistente.
I territori conquistati dal luogotenente della Gallia narbonense rimasero provvisoriamente uniti colla provincia di Narbona per ciò che concerne l'amministrazione superiore; soltanto quando Cesare lasciò questa carica (710 = 44) si formarono due luogotenenze del paese da lui conquistato: la Gallia propriamente detta ed il Belgio. Che i singoli distretti perdessero la loro indipendenza era conforme allo spirito della conquista. Essi divennero tutti soggetti a pagare le imposte alla provincia romana.
Il sistema delle imposte non era quello di cui l'aristocrazia del sangue e quella del danaro si serviva per smungere l'Asia, ma come succedeva nella Spagna, fu fissata per ogni singolo comune una somma una volta per sempre, lasciandone ad esso stesso la riscossione.
In questo modo affluivano annualmente dalla Gallia 40 milioni di sesterzi (L. 10.725.000) nelle casse del governo romano, il quale in cambio s'era assunto il pagamento delle spese occorrenti per la difesa dei confini renani. Non occorre poi qui osservare che in conseguenza della guerra le grandi masse d'oro, accumulate nei templi degli dei e nelle tesorerie dei grandi, trovarono la loro via verso Roma; se Cesare sparse per tutto lo stato romano il suo oro raccolto nella Gallia e se ne mandò sul mercato in una sola volta tanto da far scadere l'oro del 25% di fronte all'argento, si può immaginare quali somme la Gallia abbia perduto con questa guerra.
Le costituzioni dei distretti continuarono essenzialmente ad essere in vigore coi re ereditari e coi loro capi feudali-oligarchici anche dopo la conquista, e non fu toccato nemmeno il sistema della clientela, in forza del quale alcuni cantoni dipendevano da altri più potenti, quantunque questo sistema, colla perdita dell'indipendenza politica, avesse anche perduto la sua forza. Il pensiero di Cesare era tutto intento ad ordinare i rapporti nell'interesse di Roma, approfittando dei dissensi dinastici, feudali ed egemonici e di porre dappertutto alla testa degli affari gli uomini favorevoli al governo di Roma.
Cesare non trascurava nulla per formare nelle Gallie un partito romano; egli ricolmava i suoi partigiani con doni in oro e specialmente in beni stabili, provenienti dalle conquiste e colla sua influenza essi venivano ammessi nel consiglio comunale e occupavano i primi posti municipali nel loro distretti.
Quei distretti nei quali esisteva un partito romano sufficentemente forte e abbastanza sicuro, come erano quelli dei Remi, dei Lingoni e degli Edui, furono distinti colla concessione di una costituzione comunale più liberale – col cosidetto diritto d'alleanza – e con privilegi nell'ordinamento della egemonia.
Pare che Cesare fin da principio, avesse per quanto gli era possibile, ogni riguardo per il culto nazionale e pei sacerdoti; almeno durante il suo governo non si trova alcuna traccia di quelle misure prese poi dai governatori romani contro la religione dei druidi, e perciò forse, almeno da quanto ci consta, le sue guerre combattute nelle Gallie non hanno assolutamente quel carattere di guerre di religione come l'ebbero più tardi così evidentemente quelle combattute nella Britannia.