2 . Gli avversari del futuro sovrano.
Certamente non era possibile raggiungere questa meta senza una lotta. La costituzione, che aveva durato cinque secoli, e sotto la quale l'insignificante città posta sul Tevere era salita a grandezza e magnificenza senza esempio, aveva gettato profondissime radici nel suolo, e non si poteva assolutamente calcolare quanto profondamente il tentativo di abbatterla avrebbe dovuto minare le fondamenta della società.
Parecchi rivali erano stati da Pompeo oltrepassati nella gara verso la grande meta, ma non interamente rimossi. Non era assolutamente da escludersi, che tutti questi si unissero per abbattere il nuovo signore, e che Pompeo si trovasse di fronte Quinto Catulo e Marco Catone riuniti con Marco Crasso, Caio Cesare e Tito Labieno. Ma non facilmente si poteva iniziare la grande e inevitabile lotta sotto più favorevoli circostanze.
Era molto probabile che sotto la fresca impressione della sollevazione catilinaria aderissero ad un governo che prometteva l'ordine e la sicurezza, sebbene al caro prezzo della libertà, tutto il partito moderato, anzi tutto il ceto mercantile, come quello cui stanno a cuore i propri interessi materiali, e una gran parte dell'aristocrazia, la quale, in sè stessa rovinata, e dal lato politico senza speranze, avrebbe dovuto essere contenta di assicurarsi ricchezze, cariche ed influenza con una transazione fatta col principe a tempo opportuno. Forse vi si poteva unire anche quella parte della democrazia che era stata gravemente travagliata dagli ultimi colpi, nella speranza di veder realizzata una parte delle sue richieste da un capo da essa innalzato.
Ma in qualunque modo si mettessero le condizioni dei partiti, che cosa potevano questi, almeno per il momento, nell'Italia in generale di fronte a Pompeo ed al suo poderoso esercito? Venti anni prima, dopo conclusa con Mitridate una pace di necessità, Silla aveva potuto, colle sue cinque legioni, procedere ad una restaurazione contraria al naturale sviluppo delle cose, malgrado tutto il partito liberale che da anni si andava armando, dagli aristocratici moderati e dal ceto mercantile liberale sino agli anarchici.
L'impresa di Pompeo era molto meno difficile. Egli ritornava dopo aver compiuto pienamente e coscienziosamente per terra e per mare i suoi diversi incarichi. Egli poteva lusingarsi di non trovare altra seria opposizione fuorchè quella dei diversi partiti estremi, che isolati nulla potevano, e uniti non erano altro che una coalizione di fazioni avverse sordamente le une alle altre.
Esse erano del tutto inermi e non avevano nè esercito nè capo, senza organizzazione in Italia, senza appoggio nelle province, e, quel che più importa, senza un generale; le loro file non contavano un solo militare degno di tal nome, tanto meno poi un ufficiale capace di stimolare i cittadini che avessero tentato di combattere contro Pompeo. Si doveva anche tener conto che il vulcano della rivoluzione, il quale ardeva senza tregua da settant'anni, andava consumandosi, visibilmente diminuendo e spegnendosi nel proprio cratere.
Era molto dubbio se esso sarebbe riuscito ad armare gli Italici per interesse di parte, come avevano potuto fare Cinna e Carbone. Se Pompeo si decideva, come dubitare che non riuscisse a compiere una rivoluzione, che era già fatalmente designata come una naturale necessità nello sviluppo del sistema repubblicano di Roma?