15. Spirito della capitale.
Ma questo oltrepassava ogni limite. Mentre gli africani trionfavano e il pensiero della liberazione dal dominio straniero ritenuta sino allora quasi impossibile, risvegliandosi ad un tratto, attirava numerose tribù di liberi e semi-liberi abitanti del deserto sotto le insegne del re vittorioso, l'opinione pubblica in Italia altamente fremeva contro la corrotta e rovinosa aristocrazia, che teneva le redini del governo, e si sfogò con innumerevoli processi, che, alimentati dall'ira del ceto mercantile, tornarono funesti a molti membri dei più alti circoli della nobiltà.
Su proposta del tribuno del popolo Caio Mamilio Limetano, nonostante i timidi sforzi del senato per impedire l'istituzione del tribunale criminale, fu nominata una commissione straordinaria di giurati perchè investigasse intorno all'alto tradimento che vi era stato nella successione alla corona numida; le sentenze mandarono in bando i due supremi duci Caio Bestia e Spurio Albino, insieme a Lucio Opimio, capo della prima commissione africana e carnefice di Caio Gracco, e parecchi altri meno distinti personaggi colpevoli o innocenti del partito governativo.
Che poi questi processi mirassero unicamente a calmare la pubblica opinione e specialmente quella della classe dei capitalisti col sacrificio di alcuni fra i più compromessi, e che non vi fosse nemmeno un'ombra di resistenza contro l'aristocrazia e contro il governo aristocratico stesso, lo prova chiaramente il fatto, che non solo nessuno ardì toccare il più colpevole, l'avveduto e possente Scauro, ma che appunto in quel tempo fu eletto censore, e persino, incredibile a dirsi, scelto come uno dei capi della commissione straordinaria d'inchiesta.
Così tanto meno si tentò di mischiarsi nella competenza del governo e si lasciò intieramente al senato la cura di metter fine allo scandalo numida nel modo più mite che si potesse per l'aristocrazia; giacchè anche il più nobile tra i nobili doveva cominciare ad avvedersi che era ormai tempo di farla finita.