TERZO CAPITOLO
POMPEO E L'ORIENTE
1. Pompeo distrugge la pirateria.
Si è già veduto come in oriente gli affari dei Romani andassero alla peggio per mare e per terra, quando al principio del 687 = 67 Pompeo assunse la direzione della guerra contro i pirati con poteri quasi illimitati.
Egli cominciò l'opera sua dividendo l'immenso territorio assegnatogli in tredici distretti, affidandone ciascuno ad uno dei suoi luogotenenti con l'ordine di armarvi navi e uomini, di percorrere il litorale, e di prendere o di cacciare nella rete di uno dei colleghi le barche dei pirati.
Egli stesso con la miglior parte delle navi da guerra disponibili, fra le quali anche in questa circostanza si segnalarono le rodiote, mise vela sul principio dell'anno sgombrando subito i mari della Sicilia, dell'Africa e della Sardegna, per far rimettere in corso le spedizioni del frumento da queste province alla volta dell'Italia.
Per lo sgombro delle coste della Spagna e della Gallia, pensavano intanto i suoi luogotenenti. Fu in questa occasione che il console Caio Pisone tentò da Roma di impedire le leve che Marco Pomponio, legato di Pompeo, aveva ordinato nella provincia narbonense in forza della legge gabinia; misura imprudente per opporsi alla quale e al tempo stesso per contenere la giusta irritazione della moltitudine contro il console entro i limiti legali, Pompeo decise di recarsi momentaneamente a Roma.
Quando nel termine di quaranta giorni fu ristabilita la sicurezza della navigazione in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo, Pompeo colle migliori sue sessanta navi si recò in oriente, dapprima nelle acque della Licia e della Cilicia, sedi centrali della pirateria.
All'annunzio dell'avvicinarsi della flotta romana, non solo scomparvero ovunque le barche dei pirati dall'alto mare; ma si arresero dopo una debole resistenza anche le piazze forti di Anticrago e di Crago nella Licia. Più che la paura aprì le porte di queste piazze marittime di difficile accesso la ben calcolata mitezza di Pompeo.
I suoi predecessori avevano fatto crocifiggere tutti i pirati che erano capitati nelle loro mani; egli diede quartiere a tutti senza difficoltà, e trattò con insolita indulgenza specialmente i rematori ordinari che si trovavano nelle barche catturate dei pirati.
Solo gli audaci re corsari della Cilicia osarono fare un tentativo per resistere ai Romani, almeno nelle proprie acque: dopo aver messo al sicuro nelle loro rocche del Tauro i figli e le mogli coi loro copiosi tesori, essi attesero le navi romane al confine occidentale della Cilicia all'altezza di Coracesio. Ma le navi di Pompeo, bene equipaggiate e munite di tutto il necessario, riportarono una completa vittoria.
Senza altri impedimenti Pompeo approdò allora e cominciò ad espugnare e distruggere le rocche dei corsari, continuando però ad offrire persino ad essi, in premio della sottomissione, la libertà e la vita.
Non andò molto che il maggior numero dei corsari rinunciò a continuare nelle rocche e nei monti una guerra che non lasciava alcuna speranza, e si adattò alla sottomissione. Quarantanove giorni dopo la venuta di Pompeo in questo mare, la Cilicia fu sottomessa e la guerra finita.
La pronta soppressione della pirateria fu un grande sollievo, ma non già un fatto grandioso; coi mezzi dello stato romano, impiegati senza alcun risparmio, era impossibile che i pirati potessero misurarsi, come non lo potrebbero le bande di ladri di una grande città contro una polizia bene organizzata.
Vi era una ingenuità senza pari nel celebrare come una vittoria una simile impresa. Ma considerata la lunghissima esistenza e la sempre maggiore estensione di questa calamità, è ben naturale che la soppressione sorprendentemente rapida dei temuti pirati facesse una grandissima impressione sul pubblico; e tanto più, che questa era una prima prova del potere concentrato in un solo individuo, e i partiti aspettavano ansiosamente di vedere se esso sapesse governare meglio del collegio.
Circa 400 tra barche e battelli, e fra questi 90 vere navi da guerra, furono in parte prese da Pompeo, in parte gli vennero consegnate; in tutto sarebbero state distrutte presso a poco 1300 navi di pirati e incendiati oltre a ciò i ricchi arsenali e le armerie di quei ladroni. Erano periti circa 10.000 pirati e più di 20.000 erano quelli caduti nelle mani del vincitore, mentre Publio Clodio, l'ammiraglio romano, che comandava la flotta stanziata nella Cilicia, ed un gran numero di altri personaggi catturati dai pirati, ed in patria creduti morti da molto tempo, per mezzo di Pompeo ottenevano la libertà.
Nell'estate del 687 = 67, tre mesi dopo la incominciata campagna, il commercio aveva ripreso il suo andamento ordinario e in Italia invece della precedente carestia regnava l'abbondanza.