18. Invasione pontica dell'Europa.
Ma occupata la provincia asiatica quasi senza che si difendesse e specialmente in seguito alla rivoluzione sulpicia scoppiata nel momento più inopportuno, ora Mitridate volgeva già le sue mire verso l'Europa.
Già dall'anno 662 = 92 i confinanti della Macedonia verso il nord e l'est avevano rinnovato le loro invasioni con straordinaria violenza e costanza; negli anni 664-5 = 90-89 i Traci scorrazzarono per la Macedonia e per tutto l'Epiro e saccheggiarono il tempio di Dodona. È ancora più sorprendente che a ciò si aggiungesse pure il tentativo di collocare un pretendente sul trono macedone nella persona di un certo Eufene.
Mitridate, che dalla Crimea manteneva relazioni con i Traci, non era probabilmente estraneo a questi procedimenti.
Veramente il pretore Caio Sentio si difese da questi intrusi, con l'aiuto del Deuteleti traci; ma non passò molto che gli si presentarono più potenti avversari.
Mitridate, trascinato dai suoi successi, aveva preso l'ardita risoluzione, come già Antioco, di risolvere in Grecia la guerra per la signoria sull'Asia, e per terra e per mare vi aveva diretto il nerbo delle sue truppe.
Suo figlio Ariarate penetrò dalla Tracia nella Macedonia debolmente difesa, soggiogando via via il territorio e dividendola in satrapie pontiche. Abdera, Filippi divennero i principali punti di sostegno delle armi pontiche in Europa.
La flotta pontica guidata da Archelao, il migliore capitano di Mitridate, comparve nel mar Egeo dove non si trovava più alcuna vela romana.
Delo, la piazza principale del commercio romano in queste acque, fu occupata e circa 20.000 uomini, per la maggior parte Italici, vi furono massacrati; Eubea subì la medesima sorte; presto tutte le isole ad oriente del promontorio Maliaco furono in mano del nemico; si poteva procedere più oltre all'attacco sulla stessa terra ferma.
Veramente l'attacco che la flotta pontica fece da Eubea sull'importante Demetria fu respinto da Bruzio Sura, il valoroso vice comandante del governatore di Macedonia, con un pugno di uomini e poche navi raccozzate ed occupò anzi l'isola di Sciato; ma egli non potè impedire che il nemico si stabilisse nella Grecia propriamente detta.
Anche qui Mitridate operò non solo con le armi ma anche con la propaganda nazionale. Il suo strumento principale per Atene era un certo Aristione, schiavo attico di nascita, che aveva esercitato altre volte il mestiere di maestro della filosofia epicurea, ed ora era un favorito di Mitridate; un eccellente Peisthetaeros, il quale sapeva abbagliare la plebe con la splendida carriera che aveva fatto a corte ed assicurarla sfacciatamente che i rinforzi per Mitridate erano già in cammino da Cartagine, la quale da circa 60 anni non era più che un mucchio di ceneri.
Con tali discorsi del nuovo Pericle fu raggiunto lo scopo di allontanare da Atene le poche persone intelligenti e di staccare da Roma alcuni pazzi letterati e la plebe. Così l'ex filosofo divenne un tiranno il quale, appoggiato alla sua banda di mercenari pontici, incominciò un governo di vergogna e di sangue e il Pireo divenne un approdo pontico.
Appena le truppe di Mitridate furono sul continente greco si volsero a loro la maggior parte delle piccole repubbliche, gli Achei, i Laconi, i Beoti fin verso la Tessalia.
Sura, dopo avere tratto un rinforzo dalla Macedonia, penetrò nella Beozia per portare soccorso a Tespia assediata e si battè presso Cheronea per tre giorni con Archelao ed Aristione; ma questi combattimenti non portarono a nessun risultato e Sura dovette retrocedere quando i rinforzi del Ponto si avvicinarono dal Peloponneso (fine dell'anno 666 = 88 principio del 667 = 87).
La posizione di Mitridate, specialmente sul mare, era così prevalente che un'ambasciata degli insorti italici potè esortarlo a fare un tentativo di sbarco in Italia; ma allora la loro causa era già perduta e il re respinse l'invito.