14. Morte di Lepido.
Il partito del senato, oltre ai veterani di Silla, la cui esistenza civile era minacciata da Lepido, aveva per sè anche l'esercito chiamato sotto le armi dal proconsole Catulo; e per le insistenti ammonizioni degli uomini più accorti e specialmente di Filippo, fu dal senato affidata a Catulo la difesa della capitale e quella contro le forze principali di parte democratica nell'Etruria, e al tempo stesso fu fatto partire Gneo Pompeo alla testa di altre schiere per togliere la valle del Po, occupata dal luogotenente Marco Bruto, dalle mani di questo antico suo protetto.
Mentre Pompeo eseguiva con rapidità l'ordine avuto e costringeva il capitano nemico a chiudersi in Modena, Lepido comparve dinanzi alla capitale col proposito, come altra volta aveva fatto Mario, di prenderla di assalto in pro' della rivoluzione.
Ridusse in suo potere tutta la riva destra del Tevere e potè persino passare sulla riva opposta; si venne a decisiva battaglia nel campo di Marte sotto le mura della città. Ma Catulo vinse; Lepido fu costretto a ritirarsi nell'Etruria, mentre suo figlio Scipione si gettava con una divisione nella fortezza d'Alba. Con ciò la sollevazione era virtualmente finita.
Modena s'arrese a Pompeo; Bruto nonostante il salvacondotto concessogli, fu poi trucidato per ordine di Pompeo stesso. E così pure Alba fu costretta dalla fame ad arrendersi dopo un lungo assedio e il comandante venne ugualmente condannato a morte.
Ridotto da due parti alle strette da Catulo e da Pompeo, Lepido tentò un'ultima volta la fortuna in una battaglia sulle coste etrusche tanto per assicurarsi una ritirata, e poi si imbarcò nel porto di Cosa per recarsi in Sardegna, donde sperava di tagliare i viveri alla capitale e di mettersi in relazione con gli insorti spagnuoli. Ma il governatore dell'isola gli oppose una valida resistenza e non molto tempo dopo il suo sbarco, egli morì di tisi (677 = 77), così che ebbe fine anche la guerra in Sardegna. Una parte dei suoi soldati si disperse; col grosso dell'esercito insurrezionale e con una cassa ben guarnita il già pretore Marco Perpenna si recò nella Liguria e di là in Spagna per raggiungere i sertoriani.