3. Tragedia.
Osserviamo prima di tutto la letteratura teatrale e il teatro stesso dei Romani.
Nella tragedia ora per la prima volta compaiono in scena delle novità.
I poeti tragici di quest'epoca non coltivarono, come quelli dell'epoca passata, la commedia e l'epopea ad un tempo.
Nel circoli in cui si leggeva e si scriveva, andava evidentemente crescendo l'attitudine di gustare questo ramo dell'arte, ma non proprio la poesia tragica.
La tragedia nazionale (praetexta), creazione di Nevio, si rinviene ancora in Pacuvio, uno degli ultimi poeti dell'epoca di Ennio.
Fra gli imitatori delle tragedie greche, il cui numero pare sia stato grande, due soli si acquistarono fama.
Marco Pacuvio da Brindisi (535-625 = 219-129), che nei suoi primi anni trasse i suoi mezzi in Roma dalla pittura, e solo in età più matura si diede a scrivere tragedie, appartiene, per la sua età e per il suo stile, piuttosto al sesto che al settimo secolo, benchè la sua vena poetica si sia destata in quest'ultimo.
Egli seguiva quasi in tutto le orme di Ennio, suo compatriota, zio e maestro.
Limando le sue poesie con maggiore sollecitudine e ansioso di spingersi a più grande elevatezza del suo predecessore, fu più tardi considerato da benevoli critici dell'arte come modello dell'arte poetica e del bello stile; nei frammenti pervenuti sino a noi non mancano prove sufficienti a giustificare il biasimo fatto al poeta da Cicerone sulla lingua e da Lucilio sull'estetica; la sua lingua pare più incolta di quella del suo antecessore, il suo verseggiare più ampolloso e minuzioso[1].
Vi sono indizi da cui si desume ch'egli, come Ennio, dava maggior importanza alla filosofia che alla religione; ma non prediligeva, come questi, i drammi che inclinavano alle tendenze neologiche e che predicavano passioni sensuali o la coltura moderna, o attingeva senza far distinzioni in Sofocle ed in Euripide; nella mente del giovane poeta non poteva entrarvi nemmeno l'ombra di quella poesia risoluta e quasi spontanea di Ennio.
Lucio Accio, figlio d'un liberto di Pesaro (584-651 = 170-103) contemporaneo di Pacuvio, dopo questi fu il solo poeta tragico rinomato nel settimo secolo.
Scrittore storico e drammatico, compose delle buone imitazioni della tragedia greca ed era intento ad introdurre nella tragedia latina, invece dei modi aspri dei suoi predecessori, una maggior purezza di lingua e di stile, ma fu severamente biasimato dai puristi, come Lucilio, per la sua disuguaglianza ed il suo scrivere scorretto.