13. Difficile posizione di Silla.
Tuttavia le proposte di Silla non ebbero migliore accoglienza: il senato le respinse senza nemmeno permettere agli ambasciatori di entrare in Roma e gli ingiunse senz'altro di deporre le armi. E tale audace risoluzione non si dovette al partito di Mario.
Ora appunto, che i tempi più si aggravavano, questa fazione dovette cedere la potestà suprema fino allora usurpata e disporre le nuove elezioni consolari per l'anno fatale (671 = 83).
I voti non caddero sul console attuale Carbone, nè su alcuno dei valenti ufficiali della consorteria al potere, come Quinto Sertorio e Caio Mario figlio, ma sopra Lucio Scipione e Caio Norbano, uomini inetti che entrambi non sapevano combattere, e Scipione nemmeno parlare, accetti alla moltitudine il primo perchè pronipote del vincitore di Antioco, l'altro come avversario politico dell'oligarchia.
I partigiani di Mario, più che detestati per le commesse scelleratezze, erano disprezzati per la loro nullità: ma se la nazione non voleva questi, nella maggioranza ancor meno voleva saperne di Silla e di una restaurazione oligarchica.
Si apprestavano le armi con grande celerità. Mentre Silla, passato in Asia, vi uccideva di propria mano Fimbria[5] e induceva il suo esercito a passare sotto di lui, il governo approfittando d'una ulteriore proroga che Silla per compiere le suddette imprese gli aveva accordato, proseguiva nei suoi importanti provvedimenti in Italia; si dice che quando Silla approdò, 100.000 armati fossero pronti a riceverlo e che questo numero poi si raddoppiasse.
Contro queste forze italiche Silla non aveva che le sue cinque legioni, che anche con l'aggiunta di alcuni contingenti chiamati sotto le armi nella Macedonia e nel Peloponneso ammontavano appena a 40.000 uomini.
Ma sette anni di lotte in Italia, in Grecia ed in Asia, avevano disabituato dai ragionamenti politici quell'esercito, che dipendeva dal suo generale, uomo che tutto concedeva ai soldati, gozzoviglie, ribalderie e anche sedizioni contro gli ufficiali, non esigendo altro che valore e fedeltà al loro duce, promettendo per la vittoria le più splendide ricompense, con quell'entusiasmo soldatesco che è tanto più potente quando s'incontrano nello stesso petto le più nobili e le più abbiette passioni.
Naturalmente, secondo il costume romano, i soldati di Silla giurarono di tenersi fermi e uniti e ognuno offrì al generale l'obolo quale contribuzione per le spese di guerra.