17. La battaglia sul Mutulo.
Accortosi dello spirare di un'aria nuova, Giugurta si vide perduto, e ancor prima che cominciasse la guerra fece serie proposte di pace, non chiedendo altro che gli lasciassero il dono della vita.
Ma Metello era deciso, e forse obbligato, a non finire la guerra se non dopo la sottomissione assoluta e l'esecuzione del baldanzoso principe protetto; e questo era di fatti l'unico scioglimento conveniente ai Romani.
Giugurta per la vittoria riportata sopra Albino era considerato come il salvatore della Libia dalla dominazione degli odiosi stranieri. Scaltro ed imprudente, quanto il governo romano era malaccorto, egli poteva sempre, anche a pace conchiusa, riaccendere la guerra nel suo paese; la quiete dunque non si poteva assicurare e l'esercito romano non si poteva ritirare finchè fosse vivente Giugurta.
Ufficialmente Metello dava al re risposte evasive; in segreto eccitava gli ambasciatori a darlo vivo o morto in potere dei Romani. Ma se il generale romano prese a gareggiare nel campo dell'assassinio coll'africano, in questo trovò il suo maestro; Giugurta, accortosi del progetto e non rimanendogli altra via, si accinse ad una disperata resistenza.
Al di là della deserta catena dei monti, da cui la via dei Romani conduceva all'interno, si estendeva per la larghezza di quattro miglia tedesche sino al fiume Mutulo, che scorreva lungo i monti, una vasta pianura, sprovvista d'acqua e di piante, sin presso alla riva del fiume e attraversata diagonalmente da una fila di colline coperte da bassi cespugli.
Sopra queste colline Giugurta aspettava l'esercito romano. Le sue truppe si dividevano in due schiere: l'una sotto Bomilcare, composta d'una parte della fanteria e degli elefanti, accampava sul versante presso il fiume; l'altra, che aveva il fiore della fanteria e tutta la cavalleria, collocata più in alto, verso i monti. Sboccando dalle gole del monti i Romani scorsero il nemico in una posizione che dominava completamente il loro fianco destro, e non potendo in alcun modo fermarsi a lungo su quella cresta di monti nudi e senz'acqua, ed essendo perciò costretti ad avvicinarsi al fiume, restava loro il difficile compito di raggiungere le sponde attraversando quella pianura deserta sotto gli occhi dei cavalieri nemici, mentre essi non avevano cavalleria leggera.
Metello inviò un distaccamento comandato da Rufo in linea retta sul fiume, per piantarvi un campo; il grosso dell'esercito, uscito dalle gole dei monti, marciava in linea obliqua pel piano verso la cresta delle colline per scacciarvi il nemico.
Ma questa marcia minacciava di divenire la rovina dell'esercito, poichè occupando la fanteria numida, alle spalle dei Romani, i passi dei monti, non appena questi furono sgombrati, la colonna romana che muoveva all'assalto si vide d'ogni parte circondata dalla cavalleria nemica che dal dorso dei colli scendeva all'assalto.
L'urto continuo delle schiere nemiche impediva l'avanzata e minacciava di risolversi in numerosi e confusi combattimenti particolari; mentre nel tempo stesso Bomilcare colla sua divisione teneva a bada il corpo comandato da Rufo per impedirgli di portar soccorso al grosso dell'esercito romano ridotto alle strette.
A Metello e a Mario riuscì tuttavia di avvicinarsi ai piedi della collina con circa duemila fanti; e la fanteria numida, che difendeva le alture, quantunque superiore in numero e in favorevole posizione, quasi senza resistere si disperse al primo assalto dei legionari a passo di carica, sulle colline.
Ugualmente male si condusse la cavalleria numida contro Rufo; appena azzuffatasi si disperse e tutti gli elefanti perirono o furono presi su quel terreno tanto rotto e ineguale. Verso sera le due colonne romane, entrambe vittoriose e ciascuna incerta sulla sorte dell'altra, vennero a trovarsi in mezzo ai due campi di battaglia.
Fu una lotta in cui apparve non meno lo straordinario talento militare di Giugurta, che l'indomabile forza della fanteria romana, che sola aveva convertito la sconfitta strategica in una vittoria.
Giugurta dopo la battaglia licenziò una gran parte delle sue truppe limitandosi alla guerriglia, che condusse con l'usata abilità.