3 Come si estendevano i territori.
Più che le notizie di queste oscure guerre ci manca ogni dato preciso sul carattere e sulle conseguenze giuridiche di queste antiche conquiste latine. Nel complesso non si può dubitare che, seguendo l'antico sistema, ogni paese conquistato non venisse incorporato nel territorio romano. Senonchè i distretti congiunti per forza d'armi, non conservarono, come i tre antichissimi, una tal quale individualità, ma scomparvero intieramente nell'unità romana senza lasciare alcuna traccia di sè. Già fin dai primi tempi il comune romano non sopportava entro il suo territorio alcun centro politico fuorchè il suo capoluogo, e non tollerava colonie indipendenti, come facevano i Fenicii e i Greci, i quali prima fondavano colonie di protetti e associati, che si tramutavano in seguito in rivali della città madre. Sotto questo riguardo merita considerazione il comportamento di Roma verso Ostia. Non potevano nè volevano i Romani impedire che in quel luogo opportunissimo sorgesse una città, ma non si concesse ai coloni alcuna indipendenza politica e quindi neppure il diritto di cittadinanza; solo si conservò, a coloro che già lo possedevano, il comune diritto della cittadinanza romana[4].
Secondo questo spirito di gelosa unificazione fu decisa anche la sorte dei distretti più deboli, che per forza d'armi o per sottomissione piegavano verso un distretto più forte.
La rocca del comune debellato veniva spianata, il suo territorio unito al territorio del vincitore, nel cui capoluogo si assegnava un posto agli Dei ed alle genti dei vinti. Certo non si deve credere che tutti gli abitanti del comune soggiogato venissero materialmente trasferiti nella nuova capitale, come si verifica spesso nella formazione delle città nell'oriente. I capoluoghi dei distretti latini potevano essere, a quei tempi, poco più che le rocche e i mercati settimanali dei contadini; e perciò, in generale, bastava la traslazione nel nuovo capoluogo del mercato e del tribunale. E non sempre se ne trasportavano i Sacrarii. Ad Alba e a Cenina, ad esempio, anche dopo la distruzione, sembra sia stata lasciata la sede del loro culto. Anche là, dove la forte posizione del luogo espugnato rendeva necessaria la traslazione della cittadinanza, per necessità agricola, si sarà concesso agli agricoltori di abitare su luoghi aperti nel loro territorio. Che poi non di rado anche i vinti, o tutti o in parte, siano stati costretti a prendere dimora stabile nel nuovo capoluogo, meglio che tutte le leggende latine lo prova la massima del ius pubblico romano, la quale concedeva il diritto di allargare la sacra cinta delle mura della città (il Pomerium) soltanto a chi avesse esteso i confini del territorio. Ai vinti, fossero o no trasferiti nella capitale, giusta le norme costitutive, era naturalmente imposto l'obbligo della clientela; ma alcuni individui o alcune famiglie ebbero però anche in dono la cittadinanza, cioè il patriziato. E ai tempi dell'impero si riconoscevano ancora le genti albane associate alla cittadinanza romana dopo la caduta della loro patria, fra cui i Giulii, i Servilii, i Quintilii, i Clelii, i Gegani, i Curiazi, i Metilii; e i loro santuari domestici, nel territorio albano, come ce lo prova quello delle genti Giulie a Boville, salito in tanta fama ne' primi tempi dell'impero, conservarono la memoria della loro origine.
Nondimeno questa centralizzazione di molte, piccole comunità in una comunità maggiore era tutt'altro che una particolare idea romana, giacchè lo sviluppo della regione latina, come pure della sabellica, si fonda tutto su questa antitesi tra l'unificazione nazionale e l'autonomia comunale, mentre lo stesso si può dire di tutta l'evoluzione ellenica.
Da una analoga fusione di parecchi distretti in una città nacquero Roma nel Lazio e Atene nell'Attica; e lo stesso metodo il saggio Talete consigliava alle città ioniche, minacciate dal prepotere degli stati asiatici, quale unico mezzo di salvezza per la loro nazionalità.
Roma, meglio di qualunque altro comune italico, seppe mantenersi, con senno e fortuna, fedele alla logica dell'unità; e, come appunto Atene dovette la sua preponderanza nell'Ellade al suo precoce ordinamento centralizzatore, così Roma deve la sua grandezza unicamente allo stesso principio, ch'ella seppe però praticare con vigoria e fermezza maggiore.