17. Vittorie di Metello.
Più fortunatamente combatteva frattanto Metello. In un forte combattimento, imprudentemente impegnato da Irtuleio presso Italica (non lungi da Siviglia), nel quale vennero alle mani personalmente i due comandanti, ed Irtuleio rimase anche ferito, egli battè questo generale costringendolo a sgombrare il territorio romano propriamente detto e a gettarsi nella Lusitania.
Questa vittoria permise a Metello di riunirsi a Pompeo. I due generali presero i loro quartieri d'inverno, 678-79 = 76-75, presso i Pirenei.
Per la prossima campagna del 679 = 75 decisero di attaccare insieme il nemico nella sua posizione presso Valenza. Ma mentre Metello avanzava verso Valenza per unirsi a Pompeo, questi, nell'intento di riparare lo scacco toccatogli presso Lauro, e guadagnare possibilmente da solo gli allori sperati, offrì al principale esercito nemico la battaglia. Sertorio afferrò con gioia l'occasione di battersi con Pompeo, prima che Metello giungesse.
Gli eserciti si incontrarono sul fiume Sucro (Xucar); dopo una lotta accanita Pompeo fu battuto sull'ala destra e trasportato dal campo di battaglia gravemente ferito. Veramente Afranio vinse sull'ala sinistra ed espugnò il campo dei sertoriani, ma durante il saccheggio, sorpreso da Sertorio, egli pure dovette ritirarsi.
Se Sertorio avesse potuto il giorno dopo riprendere la battaglia, l'esercito di Pompeo sarebbe forse stato distrutto. Ma intanto Metello si era avanzato, aveva battuto il corpo di truppe di Perpenna e preso il suo campo; non era possibile ricominciare la battaglia contro i due eserciti uniti. I successi di Metello, la riunione delle forze nemiche, l'improvviso arrestarsi dopo la vittoria, sparsero il terrore fra i sertoriani; e, cosa non rara fra gli eserciti spagnuoli, in seguito a questo mutamento di cose la maggior parte dei soldati sertoriani disertò.
Tuttavia lo scoraggiamento disparve con la stessa rapidità con la quale si era manifestato; la bianca cerva, che avvalorava i piani militari del generale presso la moltitudine, ridivenne ben presto più popolare che mai; in breve tempo Sertorio comparve nel paese pianeggiante a mezzodì di Sagunto (Murviedro), che si teneva fedele a Roma, con un nuovo esercito a combattere i Romani, mentre i pirati sertoriani rendevano ad essi difficili i trasporti delle provvigioni per mare, così che nel campo romano già si sentiva la mancanza dei viveri.
Si venne ancora a battaglia nei piani bagnati dal fiume Turca (Guadalaviar) e la lotta rimase lungamente indecisa. Pompeo alla testa della cavalleria fu battuto da Sertorio, e suo cognato, il valoroso questore Lucio Memmio, fu ucciso; invece Metello vinse Perpenna e respinse vittoriosamente l'attacco diretto contro di lui dal principale capo dell'armata nemica, riportando egli stesso una ferita. Un'altra volta fu quindi scompigliato l'esercito di Sertorio.
Valenza, che Caio Erennio teneva occupata per Sertorio, fu presa e distrutta.
I Romani si abbandonarono forse per un istante alla speranza di essersi liberati dal tenace avversario. L'esercito di Sertorio era scomparso, le truppe romane penetrate molto innanzi nel paese tenevano assediato lo stesso generale nella fortezza di Clunia sull'alto Duero. Ma, mentre essi stringevano invano questa rocca, altrove si raccoglievano i contingenti dei comuni insorti; Sertorio trovava il mezzo di uscire dalla fortezza e si poneva in quell'anno stesso alla testa di un esercito.
Di nuovo i generali romani dovettero occupare i quartieri d'inverno con la sconfortante prospettiva di un inevitabile ripetersi del lavoro di Sisifo nella guerra. Non era nemmeno possibile il prendere quartiere nel territorio di Valenza, così importante per le comunicazioni con l'Italia e con l'oriente, ma devastato spaventosamente da amici e nemici; Pompeo condusse le sue truppe dapprima nel territorio dei Vasconi (Biscaglia) e quindi svernò in quello dei Vaccei (intorno a Valladolid); Metello addirittura nella Gallia.