16. La flotta romana.
Ma gli uomini di stato che allora reggevano la cosa pubblica riconobbero, e le posteriori generazioni avrebbero potuto prenderne esempio, che tutte queste fortificazioni litoranee e guardia-coste erano di poco momento senza una marineria da guerra che potesse tenere in rispetto i nemici. Dopo la sottomissione di Anzio (416 = 338), quante galee vi si trovarono atte alla guerra vennero riarmate negli arsenali di Roma per formare un primo nucleo di flotta, ed il provvedimento preso in quello stesso tempo, che gli Anziati non potessero attendere neppure al traffico marittimo[9], prova chiaramente quanto i Romani sì sentissero ancora deboli sul mare, e come la loro politica marittima fosse ancora all'infanzia quand'essi occuparono le fortezze del litorale.
Entrate che furono poi le città greche del mezzodì nella clientela romana (Neapoli per prima nel 428 = 326) le navi da guerra, che ognuna si era obbligata di fornire ai Romani come contingente federale, servirono se non altro ad ingrossare quel primo nucleo, intorno a cui veniva formandosi la flotta romana.
Nell'anno 443 = 311 furono oltre a ciò, per deliberazione pubblica presa appositamente, eletti due ammiragli (duoviri navales). Le forze di mare cominciarono nella guerra con i Sanniti a dar mano a quelle di terra concorrendo all'espugnazione di Nuceria. E forse si deve riferire a questi tempi anche la famosa spedizione d'una flotta romana di venticinque vele per trasportare una colonia in Corsica, della quale spedizione parla Teofrasto nella sua «Storia delle piante», l'anno 447 = 307.
Il nuovo trattato concluso con Cartagine l'anno 448 = 306 prova però quanto fosse scarso il frutto di queste misure. Mentre i capitoli del primo trattato dell'anno 406 = 348 che si riferivano all'Italia e alla Sicilia, furono conservati nel nuovo trattato, venne in esso vietato ai Romani non solo di navigare nelle acque orientali, ma anche di spingersi nel mare Atlantico, di cui nel vecchio trattato non si parlava, e di trafficare coi sudditi cartaginesi in Sardegna e in Africa, cosa che prima era concessa, e fors'anche di prendere stabile dimora in Corsica[10], cosicchè non rimanevano aperti ai commerci di Roma altri paesi fuori della Sicilia cartaginese e di Cartagine stessa.
In tutto questo ci si manifesta la crescente gelosia della potenza che allora dominava il mare, e a cui dava ombra l'estendersi della signoria dei Romani a tanti lidi. Cartagine costrinse i Romani a rassegnarsi al sistema proibitivo ed a lasciarsi escludere dagli scali di commercio sì nel levante che nell'occidente, giacchè il trattato relegava la loro navigazione entro l'angusto spazio del Mediterraneo occidentale.
E Roma consentì probabilmente a queste dure condizioni sia per non esporre le sue spiagge al saccheggio, sia per assicurare le antiche e importanti relazioni commerciali colla Sicilia. E forse è opportuno riferire quel che si racconta del premio accordato per pubblico decreto ad un marinaio fenicio, il quale sacrificò la propria nave per attirare su un banco di sabbia una nave romana, che lo andava seguendo sull'oceano Atlantico.
I Romani non poterono allora far altro che piegarsi alla necessità, senza però astenersi dall'usare ogni mezzo per accrescere e rafforzare la loro marineria e toglierla da quello stato d'impotenza in cui si trovava.
Un provvedimento efficace riuscì la creazione dei quattro provveditori della flotta (Quaestores classici) decretata l'anno 487 = 267. Il primo di questi magistrati ebbe la sua dimora in Ostia, e come dire alla porta marittima della città di Roma; il secondo fu destinato a vigilare da Cales, allora capitale della Campania romana, sui porti della Campania e della Magna Grecia; il terzo da Arimino sui porti transappennini; non ci giunse notizia dove il quarto provveditore esercitasse il suo ufficio. Questi nuovi ufficiali non erano incaricati soltanto di sorvegliare le coste, ma di mettere insieme e di ordinare una marineria da guerra per difenderle.
In tal modo il senato romano manifestava la sua intenzione di voler conquistare anche sul mare libertà e potenza, sia col sottrarre ad altri porti dipendenti da Roma le clientele marittime di Taranto, sia col chiudere l'accesso al mare Adriatico alle flotte provenienti dall'Epiro, sia col sottrarsi alla supremazia cartaginese.
Già le relazioni di Roma con Cartagine durante l'ultima guerra italica, ci danno qualche indizio di questo piano. Il timore di Pirro indusse un'altra volta – e non l'ultima – le due grandi città a stringer fra loro un'alleanza offensiva; ma la freddezza e la slealtà d'entrambe le parti, i tentativi fatti dai Cartaginesi per metter piede in Reggio e in Taranto, e la fretta con cui i Romani, appena finita la guerra, occuparono Brindisi, provano palesamente quanto già fossero antagonistici gli interessi dei due stati.