15.Aristocrazia del denaro.
L'eguaglianza cittadina che, coll'elevazione della classe dominante dei ricchi, aveva ricevuto una ferita mortale, ebbe un colpo non meno grave dalla distinzione, che sempre più chiaramente si andava delineando, tra i ricchi ed i poveri.
Nulla promosse con tanta efficacia la separazione delle classi quanto la massima già accennata – in apparenza indifferente, ma in cui era implicita la più impudente arroganza ed insolenza da parte dei capitalisti – essere cioè cosa vergognosa prendere denaro per il lavoro compiuto: colla stessa, fu fatta una separazione non solo tra l'operaio giornaliero e l'artigiano, tra il rispettabile proprietario ed il manifatturiere, ma anche tra il semplice soldato ed il sottufficiale ed il tribuno di guerra, tra lo scrivano e il messo e il magistrato.
Una eguale barriera fu imposta alla classe dei ricchi colla legge claudia (poco prima del 536=218), cui diede impulso Gaio Flaminio, la quale vietava ai senatori ed ai figli dei senatori di possedere altre barche in mare all'infuori di quelle necessarie pel trasporto dei prodotti delle loro tenute rurali, e, probabilmente, anche di prendere parte alle pubbliche licitazioni e in generale a tutto ciò che i Romani comprendevano sotto la parola «speculazione» (quaestus)[17]. È vero che questa legge non fu provocata dai senatori, ma fu opera dell'opposizione democratica, la quale, soprattutto, tendeva a togliere di mezzo l'inconveniente che i membri del governo facessero gli affari col governo stesso; può darsi ancora che i capitalisti, come avvenne poi frequentemente, facessero, già fin d'allora, causa comune col partito democratico e cogliessero l'opportunità di diminuire la concorrenza con la esclusione dei senatori.
Questo scopo, come era ben naturale, non fu completamente raggiunto; giacchè lo spirito d'associazione forniva ai senatori tutte le occasioni per speculare segretamente; ma questa legge mise una barriera legale tra i nobili che non si abbandonavano assolutamente a queste speculazioni, o che per lo meno vi si abbandonavano apertamente, e quelli che vi si dedicavano, facendo sorgere accanto alla aristocrazia politica un'aristocrazia puramente di borsa, il così detto ordine equestre, le cui rivalità col ceto dei signori riempiono la storia del secolo successivo.