19. Magistratura e divisione dei consolati.
La limitazione del potere della suprema magistratura non fu proprio la materia delle contestazioni tra i nuovi e i vecchi cittadini, ma ne fu però una delle principali conseguenze.
All'inizio della lotta di classe, e più propriamente quando cominciò il conflitto per l'ammissione dei nuovi cittadini al più alto grado del potere, il consolato sostanzialmente era ancora l'unica ed indivisibile potestà regale, e al console spettava, come in antico al re, la nomina di tutti gli impiegati subalterni. Ma quando la lotta era già presso al termine, noi troviamo che le più importanti attribuzioni, come l'amministrazione della giustizia, la giurisdizione sulle strade, le elezioni dei senatori e dei cavalieri, il censimento, il maneggio dell'erario pubblico, erano state staccate dal consolato ed erano passate a funzionari che venivano nominati dai comizi, come lo stesso console, e che erano considerati piuttosto vicini al console, che da lui dipendenti.
Il consolato, che nei primi tempi della repubblica era la sola magistratura comunale ordinaria, alla fine di questo periodo non era più nemmeno assolutamente la prima: giusta i nuovi ordini e la gerarchia consuetudinaria delle cariche comunali, il consolato prevaleva bensì sulla pretura, sull'edilità e sulla questura, ma si considerava come inferiore al censore, a cui, oltre l'importantissimo ramo delle finanze, era commessa la compilazione delle liste dei cittadini, dei cavalieri e dei senatori e con ciò un assoluto sindacato morale su tutto il comune in generale e su ciascun cittadino in particolare, dall'infimo popolano al più ragguardevole. Il concetto dei limiti del potere della suprema magistratura, ossia dell'idea della competenza, che sembrava non potersi accordare con quella della magistratura secondo l'antica ragion di stato romana, veniva sempre più acquistando forma e consistenza, e distruggeva l'antico dogma dell'impero uno e indivisibile.
Questo processo analitico del potere cominciò colla creazione di cariche eguali contrastanti, come quella della questura ed ebbe il compimento colle leggi licinie (387 = 367), le quali ripartivano la somma delle cose fra i tre primi magistrati della repubblica in modo che ai primi due rimase l'amministrazione e la guerra, e al terzo la giustizia.
Ma si andò più oltre. Sebbene i due consoli fossero in tutto pareggiati, cosicchè in ogni faccenda ognuno di essi aveva eguale ingerenza, essi però fin dai primi tempi, come è naturale, avevano in pratica divisi gli affari (provinciae) fra loro.
Questa divisione dapprima avveniva in seguito ad accordo spontaneo, o, in difetto, decideva la sorte; ma a poco a poco gli altri poteri della repubblica s'ingerivano in questa annuale ripartizione del compito consolare.
Divenne consuetudine che il senato, ogni anno, discutesse su questo argomento, e sebbene esso non s'arrogasse d'imporre a ciascuno dei due magistrati equipollenti una speciale sfera d'azione, ottenne però un'influenza decisiva anche in questa materia intervenendo col consiglio e colla preghiera a stabilire le attribuzioni personali dei due consoli. In casi estremi il senato ricorse anche all'espediente, pericoloso però, e che vediamo ben di rado arrischiato, di provocare un plebiscito, il quale decideva definitivamente.
Inoltre i consoli vennero dispensati dall'assumersi la responsabilità delle più gravi decisioni, come, ad esempio, dei trattati di pace; per i quali furono obbligati di rivolgersi al senato, e a condurre tali pratiche secondo le istruzioni che ricevevano da questa assemblea, la quale per giunta, se le cose volgevano alla peggio, poteva anche sospendere i consoli dall'ufficio, in quanto, in virtù di una consuetudine che non ebbe mai la sanzione di una legge espressa, ma che non fu mai contraddetta in fatto, la proclamazione della dittatura dipendeva soltanto da una dichiarazione senatoria e al senato quindi toccava anche implicitamente la designazione dell'uomo che doveva meritare questo atto di pubblica fiducia, sebbene, secondo le formalità della legge, il console pronunciasse la nomina del dittatore.