5. Piani politici di Mario.
Mario, senza alcun dubbio si affrettava m verso la brillante prospettiva che gli schiudeva dinanzi la sua posizione politica e militare.
Correvano tempi estremamente difficili. Si aveva la pace, e della pace non si era contenti; non era più quel tempo in cui, dopo il primo tremendo urto dei nordici contro Roma, superata la crisi colla coscienza d'un risorgimento, tutte le forze ringiovanite e rigogliosamente sviluppate avevano riconquistato a esuberanza quanto avevano perduto.
Ognuno si avvedeva, che per quanto altre volte ancora col senno di valenti generali si potesse ritardare il crollo della repubblica, questa con tanto maggiore sicurezza sotto il reggimento della restaurata oligarchia andava in rovina; ma ognuno si avvedeva anche che non erano più i tempi in cui in simili casi i cittadini si aiutassero da sè, e che non v'era alcun miglioramento da sperare sin che rimanesse vuoto il posto abbandonato da Caio Gracco.
Quanto fosse profondamente sentito dal popolo il vuoto lasciato da quei due nobili giovani, che avevano iniziato la rivoluzione, e quanto puerilmente esso si appigliasse ad ogni illusione, lo prova il finto figlio di Tiberio Gracco, che quantunque dalla stessa sorella dei Gracchi convinto d'impostura sul foro, tuttavia solo pel nome da esso usurpato fu eletto tribuno nel 655 = 99.
E come nello stesso modo non avrebbe la folla accolto Caio Mario? Se pur esisteva un uomo in cui essa potesse fidare, questo era lui. Mario era il primo generale e il nome più popolare del suo tempo; conosciuto valoroso ed onesto e chiamato dalla stessa sua posizione lontana dagli intrighi dei partiti a divenire il rigeneratore dello stato, – come non avrebbe Mario dovuto parer tale al popolo e a sè stesso?
L'opinione pubblica era per quanto si può dire contraria al governo; e qui si deve notare, che la disposizione la quale dava il diritto di nomina ai posti vacanti nei supremi collegi sacerdotali alla borghesia invece che agli stessi collegi, e che non era stata votata nel 609 = 145 avendo il governo suscitato degli imbarazzi religiosi nei comizi, nel 650 = 104 sulla proposta di Gneo Domizio fu riconosciuta senza che il senato avesse potuto nemmeno seriamente opporvisi.
Pareva generalmente che più non mancasse che un capo, intorno al quale l'opposizione polarizzandosi tendesse ad uno scopo pratico; e questo capo adesso si era trovato in Mario.
Per dar vita al suo disegno due vie si presentavano a Mario: egli poteva tentare di abbattere l'oligarchia, mettendosi alla testa come imperatore, oppure usare dei mezzi che lo statuto offriva per le riforme costituzionali. Il suo passato lo confortava di attenersi alla prima, l'esempio di Gracco alla seconda.
Si comprende facilmente che egli non scegliesse la prima e non pensasse forse nemmeno alla possibilità di muovere per quella i primi passi.
Il senato era o pareva così impotente e imbarazzato, e fatto segno in modo tale all'odio ed al disprezzo, che Mario non dubitava affatto di potergli resistere colla sua immensa popolarità nè di trovare, se abbisognasse e benchè l'esercito fosse sciolto, appoggio nei soldati licenziati che attendevano le loro ricompense.
È probabile che Mario, pensando alla facile e in apparenza quasi completa vittoria di Gracco ed ai mezzi molto superiori di cui egli disponeva, ritenesse facile, più che non fosse, il sopprimere una costituzione che da quattro secoli esisteva, intensamente connessa a tante abitudini e a tanti interessi dello stato ordinato secondo una complicata gerarchia.
Ma persino chi, meglio di quello che lo facesse probabilmente Mario, scorgeva le difficoltà dell'impresa, doveva riflettere che l'esercito, sebbene in uno stato di transizione, stando per tramutarsi da milizia cittadina in schiere mercenarie, tuttavia non avrebbe acconsentito di farsi cieco strumento di un colpo di stato, e che un tentativo di abbattere gli avversari con la forza brutale quando in altro modo non avessero ceduto, non avrebbe forse condotto ad altro che a rinforzare i loro mezzi di resistenza.
Introdurre nella lotta la forza organizzata delle armi doveva a primo aspetto parere superfluo, e, pensandovi meglio, pericoloso; si era all'inizio della crisi e le opposizioni erano ancora ben lontane dall'ultima loro resistenza.