24. Antonio raggiunge Cesare.
Una seconda volta le navi da trasporto, con quattro legioni e ottocento cavalieri a bordo, salparono dal porto di Brindisi, e un vento propizio le spinse innanzi passando di fianco alle galere di Libone. Ma quel vento stesso, che qui salvò la flotta, le impedì di approdare alle spiagge di Apollonia come era stato ordinato, e l'obbligò a passare dinanzi al campo di Cesare ed a quello di Pompeo, ed a navigare a settentrione di Durazzo verso Lissa, la quale, per buona sorte, parteggiava tuttora per Cesare.
Passando la flotta dinanzi al porto di Durazzo, le galere rodiote salparono tosto per inseguirla e il naviglio di Antonio era appena entrato nel porto di Lissa che dinanzi al medesimo comparve anche la squadra nemica.
Ma in quel momento il vento cambiò e respinse le galere inseguitrici parte in alto mare e parte contro la costa rocciosa.
Mercè i più meravigliosi colpi di fortuna era riuscito anche lo sbarco del secondo trasporto. Antonio e Cesare distavano a dir vero ancora circa quattro marce l'uno dall'altro ed erano divisi dalla città di Durazzo e da tutto l'esercito nemico, ma Antonio eseguì felicemente la pericolosa marcia girando Durazzo pei passi del Graba-Balkan e si unì con Cesare, che a tale scopo gli si era mosso incontro, sulla sponda sinistra dell'Apso. Dopo avere invano tentato d'impedire l'unione dei due eserciti del nemico, e di obbligare quello comandato da Antonio ad accettare battaglia, Pompeo prese un'altra posizione presso Asparagion sulle sponde del fiume Genuso (Uschkomobin), che scorre parallelamente all'Apso fra questo e la città di Durazzo, e qui pure si mantenne nell'inazione.
Cesare si sentiva ora abbastanza forte per dare una battaglia, ma Pompeo non l'accettò. Gli riuscì invece di trarre Pompeo in inganno e di gettarsi, senza che esso se ne avvedesse, colle più gagliarde sue truppe, come aveva fatto presso Lerida, fra il campo nemico e la fortezza di Durazzo alla quale Pompeo si appoggiava. Dalla catena del Graba Balkan, che estendendosi nella direzione da oriente verso occidente trova il suo punto estremo sull'Adriatico nell'angusta lingua di terra ove sorge Durazzo, parte alla distanza di tre leghe all'est di questa città in direzione sud ovest un ramo della medesima catena, il quale si volge in direzione circolare egualmente verso il mare, ed il ramo principale e quello laterale della medesima rinchiudono in sè un piccolo bacino che va allargandosi intorno ad uno scoglio sulla spiaggia del mare.
Qui pose ora Pompeo il suo campo, e sebbene l'esercito di Cesare gli tenesse sbarrata la via di terra per Durazzo, egli, coll'aiuto della sua flotta, si teneva però in continua comunicazione con questa città, la quale gli somministrava in abbondanza e con facilità tutte le provvigioni necessarie; mentre l'esercito di Cesare, nonostante i forti distaccamenti spediti nell'interno del paese e nonostante tutti gli sforzi fatti dal supremo duce per organizzare un servizio regolare di vettovagliamento, non vi riusciva che scarsamente, ed era spesso necessario distribuire carne, orzo e radici invece del frumento, a cui i soldati erano abituati.
Perseverando il flemmatico avversario nella sua consueta inazione, Cesare imprese ad occupare la cresta delle alture, che facevano corona al bacino dove era accampato l'esercito di Pompeo, onde tenere almeno a bada la numerosa cavalleria nemica, per poter operare più liberamente contro Durazzo o costringere possibilmente il nemico ad accettare battaglia o ad imbarcarsi.
Circa la metà delle truppe di Cesare era sparsa nel paese interno; sembrava quasi una pazzia il volere in certo modo assediare con l'altra metà un esercito forse del doppio più numeroso, compatto, posto in riva al mare e appoggiato dalla flotta. Ciò non ostante i veterani di Cesare, facendo sforzi indicibili, rinserrarono il campo di Pompeo con una catena di posti per la lunghezza di tre leghe e mezza, aggiungendo poi, appunto come dinanzi ad Alesia, a questa linea interna un'altra esterna, per difendersi dalle sortite della guarnigione di Durazzo e dagli aggiramenti, che con l'appoggio della flotta si potevano così facilmente effettuare.
Pompeo fece parecchi tentativi per rompere questa linea attaccando queste trincee isolate, ma non ne fece alcuno per impedire il blocco col mezzo di una battaglia, e preferì di fare alla sua volta delle trincee attorno al suo campo e di unirle tra di loro con delle linee. Dall'una e dall'altra parte si aveva cura di fare queste trincee possibilmente a breve distanza dal campo nemico, e i lavori di terra progredivano quindi lentamente per i combattimenti che ad ogni istante si rinnovavano.
Avvenivano poi allo stesso tempo dalla parte opposta del campo di Cesare delle zuffe colla guarnigione di Durazzo; Cesare sperava di recare questa fortezza in suo potere col mezzo di intese passate entro la medesima, ma ne fu impedito dalla flotta nemica. Si veniva alle mani senza posa su moltissimi punti – in uno dei giorni più caldi in sei luoghi al tempo stesso – e in queste scaramucce la vittoria propendeva d'ordinario per la provata bravura dei cesariani; avvenne una volta che una sola coorte tenne testa nella sua trincea contro quattro legioni per più ore sino a che venne altra truppa in suo soccorso. Ma un vero grande successo non si ebbe nè dall'uno nè dall'altro lato; i pompeiani sentirono però a poco a poco le conseguenze della condizione a cui erano ridotti. Il ringorgo delle correnti che si versavano dai monti nel bacino li costringeva a dissetarsi con la scarsa e cattiva acqua delle cisterne.