29. Difetti della sua costituzione.
Certamente non al solo uomo di stato compete il giudizio dei trapassati, e il sentimento umano indignato non potrà perdonare, ed a ragione, a Silla ciò che fece, o che permise che altri facesse in suo nome.
Silla fondò il suo dispotismo non solo colla cieca violenza, ma anche con una certa franchezza cinica dando alle cose il loro vero nome, talchè la grande massa delle menti deboli, che si spaventano più del nome che della cosa, si fece a lui nemica implacabile, non meno che i più morali, ai quali, in grazia della freddezza e del calcolo che accompagnarono il suo misfatto, egli apparisce più obbrobrioso del malfattore che ha cuore e mente travolti dalla passione.
Proscrizioni, premi accordati ai carnefici, confische delle sostanze, processi sommarî contro ufficiali indocili, erano avvenuti cento volte, e la logora morigeratezza politica dell'antica civiltà non aveva per tutto ciò un lieve biasimo; ma era cosa inaudita, che i nomi degli individui messi fuori della legge fossero pubblicamente affissi e che le teste fossero pubblicamente esposte, che ai carnefici fosse fissata una somma regolarmente registrata nei pubblici libri di cassa, che la sostanza sequestrata fosse messa all'incanto sul foro come le prede di guerra, che il generale facesse addirittura mettere a morte il poco obbediente ufficiale e confessasse il fatto dinanzi a tutto il popolo.
Questo pubblico scherno dell'umanità è anche un errore politico; esso contribuì non poco ad avvelenare le posteriori crisi rivoluzionarie ancor prima che avvenissero, e anche al presente una fosca nube fa perciò giustamente tetra la memoria dell'autore delle proscrizioni.
E a ragione si può inoltre rimproverare a Silla, che, mentre in ogni affare importante agiva senza riguardi, nei minori, e particolarmente nelle questioni individuali, si lasciasse vincere dal suo temperamento sanguigno comportandosi come lo consigliava la simpatia e l'antipatia. Una volta invaso dall'odio contro qualcuno, come ad esempio contro i mariani, lo sfogava senza freno anche contro innocenti, e si vantava che nessuno meglio di lui aveva saputo rendere la pariglia ad amici ed a nemici.
Egli non sdegnò di accumulare una straordinaria fortuna durante il suo potere.
Primo signore assoluto dello stato romano, egli sanzionò colle leggi da lui promulgate sull'adulterio e sulla dissipazione l'aurea sentenza dell'assolutismo: che le leggi non legano il principe.
Ma più dell'indulgenza verso sè stesso fu nociva allo stato la sua condiscendenza per i suoi partigiani ed amici. E qui si deve notare la rilasciatezza della disciplina militare, in parte voluta da necessità politiche; ma assai più dannosa riuscì l'indulgenza verso il suo partito politico.
È incredibile ciò ch'egli sopportava; e per tacere di altro diremo come Lucio Murena non solo andasse impunito per le sconfitte sofferte a cagione della pessima sua condotta e della sua insubordinazione, ma gli venissero perfino concessi gli onori del trionfo; Gneo Pompeo, più colpevole ancora, fu da Silla ancor più onorato.
L'estensione ed i più gravi misfatti delle proscrizioni e delle confische non sembrano tanto l'effetto dell'assoluta volontà di Silla, quanto della noncuranza senza dubbio ancora più imperdonabile ad un uomo nella sua posizione.
Considerata la variabilità del carattere di Silla internamente energico e però indolente, non dobbiamo meravigliarci se lo vediamo procedere ora con estrema indulgenza, ora con inesorabile severità.
Non abbisogna di commento quanto fu ripetuto le mille volte, che cioè prima della sua reggenza egli fosse buono ed umano, divenuto reggente fu tiranno sanguinario; se come reggente egli fu l'opposto di quello che si era prima mostrato, converrà piuttosto dire, ch'egli punisse con la stessa noncurante imperturbabilità, colla quale assolveva.
Questa leggerezza semi-ironica si ravvisa in generale in tutte le sue azioni politiche.
Si direbbe che al vincitore nulla importasse della vittoria stessa, piacendogli di attribuirne il merito alla fortuna; si direbbe ch'egli avesse quasi il presentimento della nullità e caducità dell'opera sua; ch'egli, imitando gli amministratori, amasse meglio riattare che demolire e costruire di nuovo e alla fine si accontentasse anche d'un passabile intonaco delle screpolature.