8. Traffico interno.
Sul traffico interno degli Italici fra loro mancano tradizioni scritte; le sole monete ce ne forniscono qualche chiarimento.
Abbiamo già osservato, che, ad eccezione delle città greche e dell'etrusca Populonia, in Italia, durante i primi tre secoli di Roma, non fu coniata alcuna moneta e che in principio ne faceva l'ufficio il bestiame, poi il rame a peso. Fu intorno a quei tempi che, presso gli Italici, al sistema degli scambi in natura si sostituì il sistema monetario, e perciò fu giocoforza ricorrere a modelli greci.
Se non che le precedenti condizioni dei commerci portarono che nell'Italia centrale, invece dell'argento, si stabilisse il rame come metallo monetizzabile e che l'unità monetaria si accostasse, in que' primordi, all'unità del valore sino allora in uso, cioè alla libbra di rame; questo fu il motivo per cui si usarono monete fuse in luogo di coniate; giacchè nessun punzone sarebbe stato sufficiente ad ottenere monete così grandi e così pesanti.
Sembra però che fin da principio sia stata presa per norma una proporzione fissa tra il rame e l'argento (250 : 1), e che la moneta di rame sia stata fusa su questa base, così che per esempio, in Roma, il grosso pezzo di moneta di rame, l'asse, in quanto a valore pareggiava uno scrupolo (scrupulum, scripulum) d'argento (= 1/288 di libbra).
È storicamente degno di osservazione che la zecca in Italia è sorta in Roma e precisamente ai tempi dei decemviri, i quali trovarono nelle leggi di Solone anche il prototipo per l'ordinamento della monetazione, e che da Roma si diffuse in molti comuni latini, etruschi, umbri e dell'Italia orientale: è questa pure una prova manifesta del primato che Roma teneva in Italia sin dal principio del quarto secolo.
E come tutti questi comuni esistevano in perfetta indipendenza gli uni accanto agli altri, così ovunque era locale anche il tipo, ed ogni territorio di città costituiva un proprio territorio monetario.
Ma i sistemi di monetazione di rame dell'Italia centrale e settentrionale si possono classificare in tre gruppi, entro i quali pare che abbiano avuto corso, nel traffico comune, le stesse monete delle città etrusche ed umbre poste a settentrione della selva ciminia, le monete di Roma e del Lazio e quelle del litorale orientale.
Abbiamo già osservato che la moneta romana si ragguaglia coll'argento secondo il peso; noi troviamo invece la moneta nel litorale orientale italico in una proporzione determinata colla moneta d'argento che era in corso da tempo antico nell'Italia meridionale e il cui tipo fu adottato anche dagli immigrati italici, come ad esempio dai Bruzi, dai Lucani, dai Nolani ed anche dalle colonie latine come Cales e Suessa e perfino dagli stessi Romani per i loro possedimenti nell'Italia meridionale.
Quindi, anche il traffico interno italico si sarà diviso su quei paesi, i quali commerciavano fra loro come popoli stranieri.