QUINDICESIMO CAPITOLO
L'ARTE
1 Doti artistiche degli Italici.
Il linguaggio appassionato è poesia, il suo accento commosso è musica: per cui non vi è popolo senza poesia e senza musica. Ma la nazione italiana non può ora, nè poteva in antico annoverarsi tra le nazioni dotate a preferenza della virtù poetica; all'Italiano manca la passione del cuore, il bisogno di idealizzare le cose umane e di umanizzare le cose inanimate, e con ciò l'elemento più sacro dell'arte poetica. La penetrazione, la piacevolezza, la destrezza rendono facili all'Italiano l'ironia e il novellare, come ne abbiamo la prova in Orazio e nel Boccaccio; le lepidezze amorose, che troviamo in Catullo e nelle migliori canzoni popolari napoletane, e più di tutto riescono all'Italiano la bassa commedia e le burlette.
Nell'età antica sopra il suolo italico fiorì la parodia della tragedia, e nei tempi moderni la parodia dell'epopea. Non v'è popolo, nè vi ebbe, che possa pareggiare gli Italiani nel particolare pregio della rettorica e della rappresentazione comica. Ma nelle più perfette specie dell'arte, essi non poterono andar oltre una certa abilità[1], e in nessuna epoca la loro letteratura ha prodotto una vera epopea e un vero dramma. Anche le più celebrate opere letterarie che ebbero voga in Italia, poemi divini, come la Commedia di Dante, storie come quella di Sallustio, di Machiavelli, di Tacito e di Colletta, sono piuttosto l'espressione di una passione rettorica che spontanea. Fin nella musica si è rivelato nell'Italia, sia antica che moderna, molto meno il vero genio creatore che il facile ingegno, il quale s'innalza speditamente all'eccellenza dell'esecuzione, e invece dell'arte vera e profonda mette sugli altari un idolo vuoto ed arido.
L'Italiano non ebbe dalla natura il dono del mondo interiore – se pure, trattandosi d'arte, si può distinguere l'interiore dall'esteriore. Il fascino della bellezza perchè faccia impressione sull'Italiano, non deve apparire ad esso idealmente solo dinanzi all'anima ma anche sensualmente dinanzi agli occhi. Ed è perciò ch'egli primeggia nelle arti plastiche architettoniche ed è quindi in esse il miglior discepolo dell'Elleno nell'età antica, ed a sua volta il maestro di tutte le nazioni nell'età moderna.
Colla nostra difettosa tradizione non ci è possibile tener dietro allo svolgersi delle concezioni artistiche presso i diversi gruppi dei popoli antichi d'Italia, e particolarmente non ci è possibile parlare della poesia italiana, ma conviene restringerci alla storia della poesia nel Lazio.