17. Ripristino del tribunato.
Tale la storia, la quale, come al solito, ci rappresenta i fatti trascurando le cause. Non pare verosimile che la sola causa che provocò la restaurazione della podestà tribunizia sia stata qualche riprovevole azione di uno dei decemviri. Dopo la caduta dei re e l'introduzione del tribunato popolare, il decemvirato fu la terza grande vittoria della plebe, ed è abbastanza spiegabile la esacerbazione del partito dominante contro l'istituzione e contro Appio Claudio, capo della plebe. I plebei avevano ottenuto con ciò il passivo diritto di elezione al supremo ufficio e il codice civile; e non erano essi quelli che avevano interesse di rivoltarsi contro la nuova magistratura e di restaurare, con la forza delle armi, il governo consolare, schiettamente patrizio.
Questo scopo si dovette avere solo dal partito dei nobili; e se i decemviri patrizi-plebei hanno fatto il tentativo di mantenersi in carica al di là del termine fissato, furono certo i nobili che non avevano trascurato di far notare come anche alla plebe fossero stati diminuiti i diritti giurati, e fosse stato tolto il tribunato.
Se alla nobiltà riuscì di allontanare i decemviri, è pure facilmente concepibile che, dopo la caduta di essi, la plebe si mettesse nuovamente in armi, per garantire a se stessa, tanto i risultati della precedente rivoluzione del 260, come anche quelli di questo moto recente, e le leggi valerie-orazie del 305 = 449, non si possono comprendere che come compromesso in questo conflitto.
Il nuovo componimento riuscì, come era naturale, di pieno vantaggio ai plebei e ridusse in più angusti limiti il potere dei nobili. Il codice urbano, estorto alla nobiltà, le cui ultime due tavole furono pubblicate posteriormente, venne conservato nel rimaneggiamento dello stato, e i consoli furono costretti ad adeguarvisi. Le tribù perdettero con ciò, senza dubbio la giurisdizione nei processi capitali, ma in compenso fu decretato che, in avvenire, ogni magistrato, quindi anche il dittatore, all'atto della sua nomina, dovesse obbligarsi a concedere l'appello; colui che nominasse un magistrato senza farsi carico di questa prescrizione era condannato nel capo.
Del resto, il dittatore conservava tutto il potere e il tribuno, in ispecial modo, non poteva annullare le sue disposizioni come annullava quelle dei consoli. Rimaneva ai tribuni la facoltà di decretare illimitate multe pecuniarie e di portare tali decreti innanzi ai comizi tributi, e con ciò essi avevano un mezzo più che sufficiente per annullare la consistenza politica d'un avversario. Un'altra novità fu quella di accordare ai tribuni ed ai comizi tributi una influenza nell'amministrazione e nelle finanze. Venne tolta l'amministrazione della cassa di guerra ai consoli e data a due pagatori, (quaestores), i quali furono per la prima volta nominati nell'anno 307 = 447 dai tribuni e dai loro comizi, ma scelti fra i nobili; queste elezioni all'ufficio di questore furono i primi plebisciti ai quali venisse accordata incontestabile forza di legge, e a quest'uopo si dovette concedere ai tribuni anche il diritto augurale.
Di maggior conseguenza fu la concessione fatta ai tribuni di un voto consultivo in senato. Veramente pareva al senato cosa disdicevole alla sua dignità l'ammettere i tribuni nella sala delle adunanze; fu quindi loro assegnato uno sgabello sull'uscio, dal quale potessero assistere alle discussioni. Ma non si poteva ormai più impedire che i tribuni prendessero la parola contro qualunque decreto del senato che a loro non piacesse, e che venisse formandosi il nuovo principio, che acquistò forza solo col tempo, che qualsiasi senatoconsulto o plebiscito potesse essere sospeso da un semplice veto di un tribuno.
E finalmente, per garantirsi contro ogni supposizione o falsificazione, fu ordinato che i senatoconsulti venissero custoditi non solo nel tempio di Saturno dai questori urbani che appartenevano ai patrizi, ma anche dagli edili plebei nel tempio di Cerere. Così questa lotta, cominciata per sopprimere il potere tribunizio, terminò invece collo stabilire definitivamente ai tribuni il diritto tanto di cassare, dietro appello dei gravati, i singoli atti del governo, quanto di infirmare a loro talento ogni decisione dei poteri costituiti dello stato.
Con i più sacri giuramenti e con tutto ciò che la religione offriva di più reverendo fu assicurata tanto la persona dei tribuni quanto la non interrotta durata ed il numero compiuto del loro collegio.
E d'allora in poi a Roma non fu fatto più alcun tentativo per sopprimere questa magistratura.