29. Guerra cretese.
Solo per quanto concerneva i Cretesi, parve anche a quella stirpe degenerata, che ad uno smacco come quello subito presso Cidonia, non si potesse rispondere che con una dichiarazione di guerra. Sarebbe però quasi riuscito agli ambasciatori cretesi, venuti a Roma nel 684 = 70 colla preghiera di voler riprendere i prigionieri e di ripristinare l'antica alleanza, di ottenere una favorevole risoluzione dal senato poichè ogni singolo senatore era pronto a concedere per danaro sonante ciò che l'intero collegio chiamava una vergogna.
Solo dopo che una formale risoluzione senatoria ebbe dichiarato non perseguibili legalmente i prestiti degli ambasciatori cretesi presso i banchieri romani, cioè dopo che il senato si era posto nell'impossibilità di lasciarsi corrompere, comparve il decreto che i comuni cretesi, se volevano evitare la guerra, dovessero consegnare ai Romani per la conveniente punizione, oltre i disertori, gli autori delle malvagità commesse presso Cidonia, i condottieri Lastene e Panare; dovessero consegnare, oltre le navi e tutti gli schifi da quattro e più remi, 400 ostaggi e pagare una multa di 4000 talenti (L. 25.875.000).
Avendo gli ambasciatori dichiarato di non essere autorizzati ad accettare queste condizioni, uno dei consoli dell'anno seguente fu incaricato, dopo spirato il termine, di recarsi a Creta, per ricevere in consegna quanto si era richiesto, oppure incominciare la guerra.
Così nell'anno 685 = 69 il proconsole Quinto Metello comparve nelle acque cretesi. I comuni dell'isola, e specialmente le città più importanti, Gortina, Gnosso e Cidonia, erano risolute a difendersi con le armi piuttosto che adattarsi a quelle esorbitanti pretese.
I Cretesi erano un popolo perverso e degenerato la cui vita pubblica e privata era così intimamente legata alla pirateria, come quella della repubblica degli Etoli lo era al ladroneccio, ma essi rassomigliavano agli Etoli come sotto molti altri aspetti anche nella prodezza, e furono infatti questi due stati greci i soli che abbiano sostenuto coraggiosamente e onorevolmente la lotta per l'indipendenza.
Presso Cidonia, dove Metello fece sbarcare le sue tre legioni, era pronto per riceverlo un esercito cretese di 24.000 uomini comandati da Lastene e da Panare; si venne ad una battaglia in campo aperto, nella quale dopo una dura lotta la vittoria rimase ai Romani. Ma ciò malgrado le città irridevano il generale romano dietro le loro mura, e Metello dovette decidersi ad assediarle, l'una dopo l'altra.
La prima ad arrendersi fu Cidonia, in cui si erano salvati gli avanzi dell'esercito sconfitto; dopo un lungo assedio ne furono aperte le porte da Panare, che ottenne per sè libera uscita.
Lastene, che era fuggito dalla città, dovette venire assediato una seconda volta in Gnosso, ed essendo anche questa fortezza vicina ad arrendersi, egli distrusse i suoi tesori ed evase ancora recandosi in luoghi i quali, come Licto, Eleutera ed altri, continuarono a difendersi.
Passarono due anni (686-687 = 68-67) prima che Metello si rendesse padrone di tutta l'isola, e con questa l'ultimo lembo di terra greca cadde in potere dei Romani; i comuni Cretesi, che primi fra i Greci avevano dato sviluppo alla libera costituzione urbana ed alla signoria dei mari, dovevano essere anche gli ultimi di quegli stati marittimi greci, che avevano fatto corona al Mediterraneo, a soggiacere alla potenza romana continentale.
Tutte le condizioni legali erano compiute per celebrare un altro pomposo trionfo; la famiglia dei Metello ai suoi fasti macedoni, numidici, dalmati e balearici, poteva con egual diritto aggiungere i cretesi e Roma aveva un nome splendido di più.