30. Annessione di Cipro e vicende egiziane.
L'annessione di Cipro fu fatta nel 696 = 58 per disposizione del popolo, cioè di coloro che dirigevano la democrazia, giustificandola ufficialmente col pretesto dell'aiuto accordato dai Ciprioti alla pirateria.
Marco Catone, incaricato dai suoi avversari dell'esecuzione di questa misura, arrivò nell'isola senza esercito, ma egli non ne abbisognava. Il re si avvelenò; gli abitanti si adattarono senza opposizione all'inevitabile fatalità e furono sottomessi al luogotenente della Cilicia.
Il ricchissimo tesoro di quasi 7000 talenti (L. 45.000.000) al quale l'avaro e non meno avido re non seppe decidersi a metter mano per la corruzione necessaria a salvare la sua corona, cadde insieme con questa nelle mani dei Romani e ne riempì quanto si desiderava i vuoti scrigni delle loro tesorerie.
Invece il fratello, che regnava in Egitto, potè nel 695 = 59 comperare mediante un plebiscito il suo riconoscimento dai nuovi signori di Roma; il prezzo pattuito sarebbe stato di 6000 talenti (37.500.000 lire).
Il popolo egiziano, però, che da molto tempo era irritato contro l'eccellente flautista ma cattivo regnante, e la cui indignazione era giunta al massimo grado per la perdita definitiva di Cipro o per l'aumento insopportabile delle imposte avvenute in seguito alle transazioni coi Romani (696 = 58), lo cacciò dal paese. Allorchè poi il re si volse ai suoi venditori, quasi per indennizzo dell'oggetto comperato, essi furono abbastanza giusti di riconoscere che, da onesti uomini d'affari, dovevano recuperare di nuovo a Tolomeo il suo regno, ma i partiti non riuscivano a mettersi d'accordo a chi dovesse toccare l'importante incarico di occupare l'Egitto coi proventi che se ne dovevano sperare.
Solo quando la triarchia nelle conferenze di Lucca fu riconfermata, fu sistemato anche questo affare, dopo che Tolomeo si decise a depositare altri 10.000 talenti (L. 63.750.000) allora giunse al luogotenente della Siria l'ordine da coloro che avevano il potere, di fare tosto i necessari passi per ricondurre il re sul suo trono.
La cittadinanza d'Alessandria aveva frattanto incoronata regina Berenice, figlia maggiore del re scacciato, dandole per marito Archelao, uno dei principi sacerdoti dell'Asia minore, sommo sacerdote di Comana, dotato di sufficiente ambizione per mettere a repentaglio la sua sicura e ragguardevole posizione per la speranza di salire al trono dei Lagidi.
I suoi tentativi presso i potenti romani, onde averli favorevoli, rimasero senza effetto; ma egli non si spaventò nemmeno al pensiero di dover mantenere il nuovo regno colla forza delle armi persino contro i Romani.