10. Riorganizzazione del senato.
Era perciò prima di tutto necessario che questa autorità fosse completa e resa indipendente.
A causa delle ultime crisi il numero dei senatori era diminuito in modo spaventoso. Silla aveva accordato il ritorno in patria a coloro ch'erano stati banditi dai giudizi dei cavalieri, come al consolare Publio Rutilio Rufo, che non usò del permesso, e all'amico di Druso, Caio Cotta; ma ciò ben poco valeva a riempire il vuoto che il terrorismo rivoluzionario e reazionario aveva prodotto nelle file dei senatori.
Il senato venne quindi per ordine di Silla completato in modo straordinario con 300 nuovi senatori, che l'assemblea dei distretti doveva scegliere fra i censiti dell'ordine dei cavalieri, e che scelse di preferenza, come era ben naturale, parte fra i giovani delle famiglie senatorie, parte fra gli ufficiali di Silla e fra quelli saliti in alto nell'ultima rivoluzione.
Fu poi per l'avvenire ordinata anche l'ammissione in senato su basi essenzialmente diverse.
A tenore della vigente costituzione, si era ammessi in senato o per nomina del censore, che era la via vera e regolare, o per avere coperta una delle tre cariche di console, di pretore o di edile (e questi dalla legge ovinia in poi vi avevano di diritto seggio e voto), il trovarsi investito di un ufficio inferiore, come di tribuno o di questore, dava bensì diritto ad un posto in senato in quanto la scelta censoria cadeva di preferenza su tali individui, ma non era un giusto titolo alla candidatura.
Silla soppresse per lo meno di fatto la prima di queste vie, per le quali si arrivava al senato, cioè la nomina censoria, e cambiò la seconda sostituendo agli edili i questori come aventi diritto alla legale ammissione ed aumentando al numero di venti i questori da nominarsi ogni anno[9].
La facoltà spettante fino allora di diritto ai censori, sebbene da lungo tempo da essi non esercitata di fatto nel severo suo concetto originario, quella cioè di cancellare a loro giudizio dalla lista dei senatori, nella revisione che ne facevano di cinque in cinque anni, qualunque senatore adducendone i motivi, fu egualmente soppressa; l'inamovibilità dei senatori, mantenuta fino allora di fatto, fu quindi finalmente stabilita da Silla. Il numero dei senatori, che fino allora non aveva probabilmente oltrepassato quello di 300, e spesso non l'aveva nemmeno raggiunto, fu notevolmente aumentato e forse presso a poco del doppio[10], misura pure necessaria per l'aumento degli affari del senato, essendo stati affidati al medesimo pure quelli che prima competevano ai giurati. Inoltre, mentre venivano nominati dai comizii tributi tanto i senatori ammessi in via straordinaria quanto i questori, il senato, che sino allora si appoggiava indirettamente sulle elezioni del popolo, venne ora a basarsi assolutamente sulla immediata elezione popolare, accostandosi quindi tanto ad un governo rappresentativo quanto lo comportavano in generale i principii dell'oligarchia e le idee dell'antichità.
Da collegio destinato solo a servir di consiglio ai supremi magistrati, il senato coll'andar del tempo era divenuto un'autorità, che imperava sui magistrati stessi e che governava da sè; nè fu soltanto un conseguente maggior sviluppo, se il diritto devoluto in origine ai supremi magistrati di nominare e di dimettere i senatori, fu loro tolto, e se il senato fu posto sulla stessa base su cui poggiava il potere stesso dei supremi magistrati.
L'esorbitante facoltà che avevano i censori di rivedere la lista dei senatori e di togliervi o di aggiungervi a loro talento dei nomi, non si addiceva veramente ad una costituzione oligarchica regolare. Essendosi ora per la nomina dei questori sufficientemente provveduto ad un regolare completamento, le revisioni censorie divennero superflue e colla loro soppressione fu validamente consolidato l'essenziale principio fondamentale di ogni oligarchia: l'inamovibilità e la perpetuità dei membri del ceto nobile ammessi in senato con voto deliberativo.