18. Dibattito sulle leggi di Livio.
Trattandosi di far passare le leggi di Druso, il proponente, sull'esempio di Caio Gracco, indugiò a mettere innanzi quella con la quale proponeva di accordare la cittadinanza romana a tutti i confederati italici, e presentò invece la legge relativa ai giurati, l'agraria e quella che si riferiva alla distribuzione del frumento.
Il partito dei capitalisti fece alla prima di esse un'accanita resistenza, e per l'indecisione della maggior parte della aristocrazia e la lentezza dei comizi se si fosse dovuta votar sola, sarebbe stata respinta.
Druso aveva avvedutamente riunite in una le sue proposte; e i cittadini che avevano interesse che la distribuzione del frumento e la suddivisione delle terre passassero, votando queste votarono anche quella sui giurati.
Così questa legge, come abbiamo accennato, passò in grazia dei cittadini e degli Italici, i quali, eccettuati i grossi possidenti demaniali, specialmente nell'Umbria e nell'Etruria, erano fermamente attaccati a Druso; ma passò solo dopo che Druso ebbe fatto arrestare e gettare in carcere il console Filippo, che non cessava dall'opposizione.
Il popolo festeggiò il tribuno come suo benefattore e l'accolse in teatro alzandosi e prorompendo in applausi; però la votazione non aveva decisa la lotta, ma aveva solo trasportata sopra un altro terreno la proposta di Druso contraria alla legge del 656 = 98.
Il principale nemico del tribuno, il console Filippo, propose perciò al senato di annullare la legge livia come viziata nella forma; ma la maggioranza del senato, contenta di essere liberata dai tribunali dei cavalieri, respinse la proposta. Il console dichiarò quindi nel foro che non era possibile governare con un senato simile e che avrebbe pensato al rimedio. Pare che meditasse un colpo di stato.
Il senato, convocato da Druso, dopo una procellosa seduta pronunciò un voto di biasimo e di sfiducia contro il console; ma in molta parte della maggioranza cominciò ad insinuarsi la paura della rivoluzione e di quest'arme pare che si servissero tanto Filippo quanto un gran numero di capitalisti.
Si aggiunsero altre circostanze. Uno dei più attivi e ragguardevoli dei partigiani di Druso, l'oratore Lucio Crasso, fu colpito da repentina morte pochi giorni dopo quella seduta del senato (settembre 663 = 91).
Le relazioni contratte da Druso cogli Italici, di cui egli aveva fatto cenno solo ad alcuni dei suoi più fidi, a poco a poco si divulgarono e alle forsennate grida di tradimento, che si alzarono dagli avversari, molti unirono le loro voci e forse la maggior parte degli uomini del partito del governo; persino il nobile avvertimento ch'egli fece pervenire al console Filippo di premunirsi nella festa della lega sul monte albano contro gli assassini prezzolati dagli Italici, valse solo a comprometterlo di più mostrando quanto egli fosse implicato nelle congiure, che sordamente si preparavano fra gli Italici.