8.Indifferenza politica.
Ancor più recisamente era vietato agli scrittori il diritto di nominare una persona vivente lodandola o biasimandola, come pure ogni compromettente allusione alle condizioni del tempo.
In tutto il repertorio di Plauto e dell'epoca dopo Plauto, per quanto sappiamo, non vi fu materia per nessuna causa d'ingiurie.
E, nello stesso modo, noi troviamo appena qualche lieve traccia di frizzi contro i paesi italici – fatta astrazione di alcune innocenti celie – che avuto riguardo al vivo sentimento municipale degli Italici, sarebbero stati specialmente dannosi, eccettuato quello dell'odio contro gl'infelici Capuani ed Atellani, e, cosa singolare, parecchi sarcasmi scherzosi sulla superbia e sul cattivo latino dei Prenestini[11].
In generale, in quei luoghi di Plauto che si riferiscono agli avvenimenti e ai rapporti del tempo, non v'è quasi altro che auguri per la pace e per la guerra prospera[12]; invettive contro gl'incettatori di grano, e in generale contro gli usurai, contro i dissipatori, contro i brogli dei candidati contro la frequenza dei trionfi, contro gli esattori delle multe, contro gli appaltatori dei dazi, contro gl'ingordi prezzi dei mercanti d'olio; una volta, nel Curculio, si trova una lunga e ingente diatriba su quanto avviene nel foro romano, la quale ricorda la parabasi dell'antica commedia attica.
Ma il poeta s'interrompe anche in questa tirata patriottica, che in fondo non mancava di rispetto alla polizia: «Ma non sono io pazzo a darmi pensiero dello stato, non sono forse i magistrati cui tocca provvedere?» e considerando le cose nell'insieme non si può quasi immaginare una più mite commedia politica di quella che fu la romana nel sesto secolo[13].
Una notevole eccezione fa solo Gneo Nevio, il più antico poeta comico romano di rinomanza. Benchè egli non scrivesse propriamente commedie originali romane, i pochi brani di quelle composte da lui, che ci pervennero, sono pieni di allusioni a cose e persone romane.
Fra le tante libertà che si prese, non solo mise in ridicolo un certo pittore Teodato chiamandolo per nome, ma diresse persino al vincitore di Zama i versi seguenti, dei quali Aristofane non avrebbe sdegnato di essere autore:
Quegli stesso che già compì gloriosamente le grandi imprese,
Le cui gesta vivono eterne, e che presso tutte le genti solo è reputato,
Dal proprio padre ricondotto via dall'amante fu in camicia.
Come le parole:
Oggi, festa della libertà, parliamo libere parole,
così egli avrà spesso scritto avversando la polizia e avrà mosse rischiose questioni come ad esempio:
Come faceste a mandare un sì potente stato così presto in rovina?
cui egli stesso rispose con una enumerazione di errori politici, come per esempio:
Nuovi oratori apparvero, stolti ragazzoni.
Ma la polizia romana non era disposta, come l'attica, ad apprezzare o soltanto a tollerare le invettive lanciate dalla scena.
Nevio fu imprigionato per questi ed altri sarcasmi, e non fu liberato finchè in altre commedie non ne ebbe fatta pubblica ammenda.
Queste persecuzioni lo decisero, come pare, ad abbandonare il proprio paese; ma i suoi successori impararono da lui a procedere cauti; uno di questi fa sentire, molto assennatamente, ch'egli non ha alcuna voglia di assoggettarsi all'involontario bavaglio come il suo collega Nevio.
Così si ottenne ciò che nel suo genere non è meno singolare della vittoria su Annibale: che in un'epoca del più febbrile eccitamento nazionale nascesse un teatro nazionale senza ombra di colore politico.