6. Tribuni popolari ed edili popolari.
Oltre i provvedimenti transitori e specialmente quelli per la soppressione della dura legge sui debiti, e della fondazione di parecchie colonie, per migliorare la sorte di un gran numero di contadini, il dittatore riuscì pure a far votare una legge, che fu giurata da ogni singolo membro del comune affine di assicurare l'amnistia ai cittadini che avevano infranto il giuramento prestato alle insegne; essa fu deposta poscia in un tempio sotto la sorveglianza e la custodia di due ufficiali eletti espressamente tra la plebe, i quali furono nominati «padroni di casa» (aediles). Questa legge poneva al fianco dei due consoli patrizi due tribuni plebei, i quali dovevano essere eletti dalle curie.
L'autorità tribunizia nulla poteva contro l'imperio (imperium) militare, contro il potere assoluto del dittatore e quello dei consoli fuori della città; ma esso era indipendente rispetto al potere ordinario civile, a quel potere cioè, che i consoli esercitavano in città, senza che per questo potesse dirsi avvenuta una divisione di poteri. Ma i tribuni ottennero il diritto di annullare, mediante protesta, qualsiasi ordine emesso da un magistrato contro il cittadino che da quell'ordine si ritenesse leso nei propri diritti, e fu loro accordata la facoltà di pronunciare essi stessi illimitatamente sentenze in materia criminale e di difenderle poscia al cospetto dell'adunanza del popolo, qualora fosse stato interposto l'appello. Vale a dire appunto il diritto di intercessione, o il cosidetto veto tribunizio. A questa facoltà ben presto se ne aggiunse un'altra, quella di parlare al popolo su qual si fosse argomento e di ottenerne delle deliberazioni.