28. Trattato di pace.
Mitridate tentò ancora di trattare. Veramente in altre circostanze l'autore dello editto omicida di Efeso non avrebbe mai potuto sperare di essere ammesso ad una pace con Roma; ma date le interne convulsioni della repubblica romana, dove il governo dominante aveva dichiarato come bandito il generale spedito contro Mitridate, mentre in patria si infuriava nel modo più spaventoso contro i partigiani di lui, mentre un generale romano era accampato contro un altro, quando pur tuttavia stavano di fronte ad uno stesso nemico, Mitridate sperava ottenere non solo la pace ma una pace favorevole.
Egli aveva la scelta di rivolgersi a Silla od a Fimbria; intavolò trattative con entrambi, ma pare che la sua intenzione sia stata di concludere con Silla il quale, almeno dal punto di vista del re, pareva assai superiore al suo rivale.
Il suo generale Archelao, dietro preghiera del suo signore, invitò Silla a cedere l'Asia al re promettendogli l'aiuto di questi contro il partito democratico di Roma.
Ma Silla, freddo e chiaro come sempre, desiderava bensì ardentemente, data la condizione delle cose in Italia, una rapida definizione delle faccende in Asia, ma valutò assai bassi i vantaggi dell'alleanza della Cappadocia per la guerra che lo aspettava in Italia, ed era d'altronde troppo romano per approvare una rinunzia così disonorante e svantaggiosa.
Nelle conferenze di pace che ebbero luogo nell'inverno del 669-70 = 85-4 a Delio, sulla costa beotica, dirimpetto alla Eubea, egli si rifiutò decisamente di cedere un sol palmo di terreno, ma non oltrepassò le condizioni già prima stabilite, fedele per buone ragioni all'antico costume romano di non modificare le condizioni proposte prima del combattimento.
Egli pretese la restituzione di tutte le conquiste fatte dal re e ancora in suo dominio, la Cappadocia, la Paflagonia, la Galazia, la Bitinia, l'Asia minore e le isole; la consegna dei prigionieri e dei disertori, la consegna delle 80 navi da guerra di Archelao per rinforzo della flotta romana ancor sempre meschina, finalmente soldo e vettovagliamento per l'esercito e risarcimento delle spese di guerra nella somma assai moderata di 3000 talenti.
Quelli di Chio che erano stati condotti verso il Mar Nero dovevano essere rimandati in patria; ai Macedoni di parte romana dovevano essere restituite le loro famiglie condotte via; alle città alleate di Roma doveva essere concesso un certo numero di navi da guerra. Dalle due parti non si fece parola di Tigrane, il quale, rigorosamente parlando, avrebbe pur dovuto esser incluso nella pace, perchè nessuna delle parti contraenti era disposta alle infinite complicazioni che la menzione di lui avrebbe dovuto trarre con sè.
Gli rimasero dunque i territori che il re aveva avuto prima della guerra e non si meditò contro di lui nessuna disonorante umiliazione[13].
Archelao, riconoscendo che in modo relativamente inaspettato molto si era ottenuto e nulla era più possibile ottenere, chiuse i suoi preliminari e l'armistizio con queste condizioni e ritirò le truppe dalle piazze che gli Asiatici avevano ancora in Europa.