11. Organizzazione di Sertorio.
Questi immensi successi ottenuti da Sertorio nelle due Spagne, erano tanto più considerevoli in quanto non erano ottenuti solo con le armi e non avevano solo carattere militare.
Gli emigrati, come tali, non erano temibili; neanche si poteva dare importanza a singoli successi ottenuti dai Lusitani sotto questo o quel condottiero straniero, ma Sertorio con sicuro tatto politico e patriottico si mostrava, appena le circostanze glielo concedevano, non come condottiero dei Lusitani sollevati contro Roma, ma come generale e governatore romano della Spagna, col quale incarico era infatti stato qui inviato da chi allora teneva il governo.
Egli cominciò[4] a scegliere fra i capi dell'emigrazione un senato che doveva estendersi fino a trecento membri e dirigere gli affari e nominare i magistrati colle forme romane.
Sertorio considerava il suo esercito come un esercito romano e occupava i posti degli ufficiali esclusivamente con Romani. Di fronte agli Spagnuoli egli era il governatore, che per la sua carica richiedeva da essi uomini ed ogni altro appoggio; ma era un governatore che, invece di esercitare il solito governo dispotico, era tutto intento a legare i provinciali a Roma ed a sè stesso.
La sua natura cavalleresca gli rendeva facile l'adottare i costumi spagnuoli, essa destava fra i nobili spagnuoli il più ardente entusiasmo per questo meraviglioso straniero da essi adottato. Seguendo il costume guerresco della Comitiva esistente anche qui come presso i Celti ed i Tedeschi, migliaia di spagnuoli della più distinta nobiltà giuravano al loro generale romano fedeltà sino alla morte, e Sertorio trovava in essi più fidi commilitoni che fra i suoi compatriotti e partigiani. Non sdegnava di profittare anche dei pregiudizi delle rozze popolazioni spagnuole, facendosi recare i suoi piani strategici, come ordini di Diana, dalla bianca cerva della dea. Ma soprattutto egli governava con giustizia e con mitezza.
Almeno sin dove giungeva la sua vista ed il suo braccio le sue truppe dovevano osservare la più severa disciplina; quanto era generalmente mite nell'infliggere pene, altrettanto si mostrava inesorabile per ogni delitto commesso dalla sua gente in territorio amico.
Ma egli pensava anche ad un durevole alleviamento delle condizioni dei provinciali; ridusse perciò i tributi e ordinò ai soldati di erigersi baracche per l'inverno, facendo con ciò cessare l'oppressivo acquartieramento, per cui fu chiusa una sorgente d'infiniti inconvenienti e vessazioni.
Per i figli dei nobili spagnuoli fu istituita in Osca (Huesca) un'accademia, dove essi ricevevano l'istruzione superiore che si impartiva alla gioventù in Roma e imparavano a parlare latino e greco e a portare la toga. Misura assai singolare, che non mirava solo allo scopo di prendere dagli alleati col maggior riguardo possibile gli ostaggi, di cui non si poteva fare a meno nella Spagna, ma che era anzitutto una derivazione e una estensione del grande concetto di Caio Gracco e del partito democratico di romanizzare a poco a poco le province.
Fu questo un primo tentativo di compiere la romanizzazione col latinizzare gli stessi provinciali invece di estirpare gli antichi abitanti e sostituirvi emigrati italici.
Gli ottimati in Roma schernivano il miserabile emigrato, il disertore dell'esercito italico, l'ultimo della banda di assassini di Carbone, ma la impotente beffa ricadeva su loro stessi.
Le truppe messe in campo contro Sertorio si calcolavano, compresa la leva in massa spagnuola, a 120.000 fanti, 2.000 arcieri e frombolieri, e 6.000 cavalieri. Contro queste immense forze Sertorio non solo aveva resistito in una serie di felici combattimenti e riportato brillanti vittorie, ma aveva anche ridotta in suo potere la maggior parte della Spagna.
Nella provincia ulteriore Metello si trovò ridotto a quelle sole parti di territorio occupato dalle sue truppe perchè tutte le popolazioni che lo potevano si erano unite a Sertorio. Nella citeriore, dopo le vittorie riportate da Irtuleio, non vi era più alcun esercito romano. Emissari di Sertorio percorrevano tutto il paese gallico; già anche qui le tribù cominciavano ad agitarsi e frotte raccogliticce a rendere malsicuri i passi delle Alpi.
E finalmente anche il mare apparteneva tanto agli insorti quanto al governo legittimo, poichè i corsari, alleati degli insorti, erano nelle acque della Spagna quasi altrettanto potenti quanto le navi da guerra romane. Sertorio organizzò per essi una forte stazione sul promontorio di Diana (oggi Denia, tra Valenza ed Alicante); ove essi davano la caccia alle navi romane che approvvigionavano le città marittime romane e l'esercito, scambiavano le merci degli insorti ed erano i mediatori dei loro commerci con l'Italia e con l'Asia minore. Questi mediatori, che dalla sede dell'incendio ne recavano le scintille in ogni parte, davano un gran pensiero specialmente in un tempo in cui nello stato romano era accumulata tanta materia combustibile.