Meritocrazia e oligarchia all’università
La disuguaglianza nell’accesso pare ripetersi ai vertici della gerarchia economica, non solo per le altissime spese d’iscrizione alle università private più prestigiose (insostenibili pure per i genitori appartenenti alla classe media più alta), ma anche per il fatto che le decisioni di ammissione dipendono manifestamente dalla disponibilità finanziaria dei genitori a effettuare donazioni all’università stessa. Uno studio di qualche anno fa ha messo in evidenza come le donazioni effettuate dagli ex allievi alla loro università erano stranamente concentrate nei periodi in cui i figli avevano l’età per essere candidati all’università stessa.32 Mettendo a confronto le varie fonti disponibili, è possibile, tra l’altro, valutare che il reddito medio dei genitori degli studenti di Harvard è oggi dell’ordine di 450.000 dollari, più o meno il reddito medio di quel 2% che coincide con le famiglie americane più ricche – il che pare poco compatibile con l’idea di una selezione esclusivamente fondata sul merito.33 La contraddizione tra le pretese meritocratiche addotte a livello ufficiale e la realtà in quanto tale sembra, in questo caso, davvero molto acuta – per non parlare dell’assenza completa di trasparenza nelle procedure di selezione.34
Si sbaglierebbe, tuttavia, se si pensasse alla disuguaglianza in fatto di accesso all’insegnamento superiore come a un fenomeno soltanto americano. Si tratta in verità di un problema tra i più importanti cui lo Stato sociale del XXI secolo dovrà far fronte. Per il momento, nessun paese ha dato una risposta soddisfacente. In Europa, tranne che nel Regno Unito, le quote d’iscrizione all’università sono certamente più basse.35 Negli altri paesi, si tratti della Svezia o di altri paesi nordici, della Germania, della Francia, dell’Italia o della Spagna, le quote d’iscrizione sono perlopiù accessibili (meno di 500 euro). Sia pure con qualche eccezione, come le Écoles de commerce o l’istituto di Sciences-Po in Francia, anche se si tratta di una realtà in rapida evoluzione, è grande al momento la differenza con gli Stati Uniti: nell’Europa continentale si ritiene opportuno, oggi come oggi, che le quote di iscrizione debbano essere o inesistenti o modesti, e che l’accesso all’insegnamento superiore debba essere gratuito o quasi, così come già accade per l’istruzione primaria e secondaria.36 In Québec, la decisione di portare gradualmente le quote d’iscrizione da circa 2000 dollari a quasi 4000 dollari è stata interpretata come una volontà di dirigersi verso un sistema di disuguaglianza all’americana, e ha condotto prima allo sciopero studentesco dell’inverno 2012 e poi alla caduta del governo e all’annullamento del provvedimento.
Sarebbe però ingenuo pensare che basti la gratuità a risolvere tutti i problemi. Ben più sottili meccanismi di selezione sociale e culturale, del tipo di quelli analizzati nel 1964 da Pierre Bourdieu e Jean-Claude Passeron in Les Héritiers [trad. it.: I delfini. Gli studenti e la critica, Rimini, Guaraldi, 2006] sostituiscono spesso la selezione finanziaria. In pratica, il sistema francese delle grandes écoles37 finisce per riservare una quota di spesa pubblica superiore a studenti che appartengono ai ceti privilegiati, e una quota inferiore agli studenti universitari, che appartengono in genere a ceti più modesti. Nuovamente, il contrasto tra i discorsi ufficiali sulla meritocrazia repubblicana e la realtà (il denaro pubblico che amplifica il margine di disuguaglianza determinato dalle origini sociali) è particolarmente acuto.38 Secondo i dati disponibili, sembra che il reddito medio dei genitori degli studenti di Sciences-Po sia oggi di circa 90.000 euro, cifra che corrisponde approssimativamente al reddito medio del 10% dei nuclei familiari francesi più ricchi. Il bacino di reclutamento è quindi cinque volte più ampio di quello di Harvard, anche se relativamente meno ristretto.39 Non abbiamo a disposizione i dati che ci consentano di eseguire lo stesso calcolo per gli studenti delle altre grandes écoles, ma è probabile che i risultati sarebbero analoghi.
Intendiamoci bene. Non è semplice raggiungere, nell’istruzione superiore, un’uguaglianza effettiva delle opportunità. È appunto per questo che l’obiettivo diventa prioritario per lo Stato sociale del XXI secolo, in un sistema (ideale) che è ancora tutto da inventare. Le rette d’iscrizione troppo alte delle università americane creano una disuguaglianza inaccettabile in merito all’accesso, ma garantiscono al tempo stesso un’autonomia, una prosperità e un dinamismo che ne fanno un polo d’attrazione nel mondo intero.40 In assoluto, è possibile rendere compatibili i vantaggi del decentramento con quelli dell’uguaglianza dell’accesso assegnando alle università un finanziamento pubblico elevato e incentivante. In una certa misura come già accade nei sistemi sanitari pubblici: agli operatori (ospedali e medici) si attribuisce una certa autonomia, mentre la collettività si fa carico dei costi delle cure in modo che tutti i pazienti possano accedervi. Con le università e gli studenti si può fare la stessa cosa. Le università dei paesi nordici seguono una strategia di questo tipo. La modalità indicata necessita naturalmente di finanziamenti pubblici importanti, non facili da stanziare nell’attuale contesto di consolidamento dello Stato sociale.41 In ogni caso, una strategia del genere è molto più soddisfacente di altri sistemi sperimentati di recente, come la differenziazione delle quote d’iscrizione a seconda del reddito dei genitori,42 o i prestiti rimborsabili sotto forma di supplemento d’imposta sul reddito.43
In tutti i casi, per fare progressi in futuro su problemi essenziali come questi, sarebbe bene cominciare a stabilire prima di tutto un quadro di trasparenza. Negli Stati Uniti, in Francia e in quasi tutti i paesi, i discorsi trionfalistici sul modello meritocratico nazionale sono raramente fondati su un esame attento dei fatti, e il più delle volte si tratta di giustificazioni delle disuguaglianze esistenti, senza prendere nella minima considerazione gli insuccessi talvolta clamorosi registrati dal sistema vigente. Nel 1872 Émile Boutmy ha creato Sciences-Po conferendogli una chiara missione: “Costrette a subire il diritto dei più numerosi, le classi che si definiscono da sé classi elevate non possono mantenere la loro egemonia politica se non invocando il diritto del più capace. È necessario che, dietro il bastione cadente delle loro prerogative e della tradizione, il flusso della democrazia si scontri con un secondo bastione, fatto di meriti riconosciuti e necessari, la cui superiorità si impone sul prestigio, di capacità di cui non ci si può privare a meno che non si sia folli.”44 Proviamo a prendere sul serio questa dichiarazione incredibile: significa che le classi elevate, per un istinto di sopravvivenza, smettono di essere inattive e inventano la meritocrazia, senza la quale il suffragio universale rischia di spossessarle. Proviamo anche a metterla in relazione con il contesto storico del tempo: la Comune di Parigi è appena stata repressa, ed è stato ripristinato il suffragio universale maschile. La rivendicazione di Boutmy ha comunque il merito di fare appello a una verità di fondo: dar senso alle disuguaglianze e legittimare la posizione dei vincitori è una questione d’importanza vitale, che a volte giustifica ogni tipo di approssimazione.