Le fonti utilizzate in questo libro
Il libro si articola su due categorie di fonti storiche, in grado di consentire lo studio della dinamica della distribuzione delle ricchezze: la prima riguarda i redditi e la disuguaglianza della loro distribuzione; la seconda riguarda i patrimoni, la loro distribuzione e il rapporto tra patrimoni e redditi.
Cominciamo con la prima categoria. In larga misura, il mio lavoro è semplicemente consistito nell’applicare a una scala spaziale e temporale più vasta il lavoro innovatore e pionieristico realizzato da Kuznets per quantificare la crescita della disuguaglianza dei redditi negli Stati Uniti dal 1913 al 1948. Un tale ampliamento permette di riconfigurare meglio, in una prospettiva più estesa, i processi rilevati da Kuznets (che sono assolutamente reali) e al tempo stesso di rimettere radicalmente in questione il nesso ottimistico che Kuznets stabilisce tra sviluppo economico e distribuzione delle ricchezze. Stranamente, il lavoro di Kuznets non è mai stato sfruttato in maniera sistematica, in parte perché l’utilizzo storico e statistico dei dati fiscali finisce in una sorta di no man’s land accademica, di carattere troppo storico per gli economisti e troppo economico per gli storici. Peccato. Perché solo una prospettiva di lungo termine permette di analizzare correttamente la dinamica delle disuguaglianze dei redditi, e i dati fiscali sono appunto gli unici a consentire una prospettiva di lungo periodo.19
Ho iniziato con l’estendere i metodi di Kuznets alla Francia, il che ha dato luogo, nel 2001, a una mia prima opera sull’argomento.20 Ho poi avuto la fortuna di beneficiare dell’appoggio di numerosi colleghi, tra i quali per primi Anthony Atkinson e Emmanuel Saez, che mi ha consentito di ampliare il progetto e di proiettarlo su una scala molto più vasta e internazionale. Anthony Atkinson ha trattato il caso del Regno Unito e di molti altri paesi, e insieme abbiamo diretto due volumi pubblicati nel 2007 e nel 2010 che raccolgono studi affini relativi a più di venti paesi di tutti i continenti.21 Con Emmanuel Saez abbiamo prolungato di un altro mezzo secolo la visualizzazione delle classi di reddito fissate da Kuznets per gli Stati Uniti,22 e lo stesso Saez ha trattato i casi di altri importanti paesi come il Canada e il Giappone. Al progetto collettivo hanno poi collaborato numerosi altri ricercatori: Facundo Alvaredo ha trattato in particolare i casi dell’Argentina, della Spagna e del Portogallo; Fabien Dell quelli della Germania e della Svizzera; con Abhijit Banerjee abbiamo studiato il caso dell’India; grazie a Nancy Qian ho potuto trattare quello della Cina; e così via.23
Per ogni paese, abbiamo cercato di utilizzare le stesse fonti, gli stessi metodi e gli stessi concetti: i decili e centili superiori sono stimati a partire dai dati fiscali frutto delle dichiarazioni dei redditi (dopo non poche correzioni, onde assicurare l’omogeneità temporale e spaziale dei dati e delle nozioni); il reddito nazionale e il reddito medio provengono dai bilanci nazionali, che a volte è stato necessario completare e aggiornare. La data d’inizio dell’indicazione delle classi di reddito coincide, in genere, con quella della creazione dell’imposta sul reddito stesso (attorno al periodo 1910-1920 in molti paesi, qualche volta negli anni ottanta e novanta dell’Ottocento, come in Giappone o in Germania, qualche volta in epoca successiva). Esse sono costantemente aggiornate e attualmente arrivano fino al primo decennio del XXI secolo.
In sostanza, la World Top Incomes Database (WTID), frutto del lavoro concertato di una trentina di ricercatori di tutto il mondo, costituisce la più vasta banca dati oggi disponibile sullo sviluppo delle disuguaglianze dei redditi, e ha fornito il più importante complesso di fonti storiche utilizzato nel volume.24
La seconda categoria di dati, in realtà la prima a cui attingerò nel corso del libro, riguarda i patrimoni, la loro distribuzione e i rapporti tra patrimoni e redditi. I patrimoni svolgono un ruolo importante già nella prima categoria, per via dei redditi derivati dai patrimoni – ricordiamo infatti che il reddito si compone di redditi da lavoro (salari, trattamenti, indennità, bonus, redditi da lavoro non salariato ecc.) e di redditi da capitale (affitti – cioè il valore locativo degli immobili –, dividendi, interessi, benefit, plusvalenze ecc.), nonché di redditi acquisiti con il semplice possesso di un capitale terriero, immobiliare, finanziario, industriale ecc., quale che sia la loro forma legale. I dati forniti dalla WTID contengono in effetti molte informazioni sulla crescita dei redditi da capitale nel corso del XX secolo, ma è indispensabile completarli con dati riguardanti direttamente i patrimoni. Possiamo qui distinguere tre sottoinsiemi di fonti storiche e metodologie, l’una complementare alle altre.25
Innanzitutto, così come le imposte delle dichiarazioni dei redditi permettono di studiare l’evoluzione della disuguaglianza dei redditi, le imposte delle dichiarazioni sulla successione permettono di studiare l’evoluzione della disuguaglianza dei patrimoni.26 Il metodo è stato introdotto per la prima volta da Robert Lampman nel 1962 per studiare lo sviluppo delle disuguaglianze patrimoniali negli Stati Uniti dal 1922 al 1956, ed è stato ripreso da Anthony Atkinson e Alan Harrison nel 1978 per studiare il caso del Regno Unito dal 1923 al 1972.27 Le loro ricerche sono state recentemente aggiornate ed estese ad altri paesi, come la Francia e la Svezia. Abbiamo a disposizione sfortunatamente i dati di un minor numero di paesi, a differenza di quelli inerenti alle disuguaglianze di reddito. Ma in certi casi è possibile risalire molto più indietro nel tempo, spesso fino all’inizio del XIX secolo, in quanto il regime fiscale relativo alle successioni è molto più antico di quello relativo ai redditi. In particolare ci è stato possibile, organizzando i dati dell’amministrazione pubblica francese delle diverse epoche, e raccogliendo con Gilles Postel-Vinay e Jean-Laurent Rosenthal un vasto complesso di dichiarazioni individuali depositate negli archivi degli atti di successione, definire serie di dati relative al reddito omogenee riguardo alla concentrazione dei patrimoni in Francia dall’epoca della Rivoluzione in poi.28 Il che ci consentirà di ricollocare le ripercussioni della prima guerra mondiale in una prospettiva storica ben più ampia rispetto ai dati sulle disuguaglianze dei redditi (le cui informazioni risalgono sfortunatamente nella maggioranza dei casi agli anni dieci e venti del Novecento). I lavori realizzati da Jesper Roine e da Daniel Waldenström, a partire dalle fonti storiche svedesi, sono ugualmente ricchi di insegnamenti.29
I dati sulle successioni e sui patrimoni ci permettono anche di studiare l’importante crescita, rispettivamente dell’eredità e del risparmio, nella formazione dei patrimoni nella dinamica delle disuguaglianze patrimoniali. Nel caso della Francia, le cui ricchissime fonti storiche offrono un punto di vista univoco sul processo evolutivo dell’eredità nel lungo periodo, abbiamo potuto condurre la ricerca in maniera relativamente completa.30 Il lavoro è stato poi esteso in parte ad altri paesi, in particolare al Regno Unito, alla Germania, alla Svezia e agli Stati Uniti. Sono materiali che svolgono un ruolo essenziale nel presente lavoro, poiché le disuguaglianze patrimoniali non hanno le stesse caratteristiche se derivano dall’eredità trasmessa dalle generazioni precedenti, oppure dal risparmio accumulato nel corso di una vita. Nel contesto del volume, il nostro interesse non è solo riservato al livello di disuguaglianza in quanto tale, ma anche e soprattutto alla struttura delle disuguaglianze, vale a dire all’origine delle disparità di reddito e di patrimonio tra gruppi sociali, e ai differenti sistemi di motivazione economica, sociale, morale e politica capaci di giustificarle o di condannarle. La disuguaglianza non è necessariamente cattiva in sé: la questione centrale è sapere se è giustificata, se ha una sua ragion d’essere.
Infine, i dati patrimoniali consentono di studiare sul lungo periodo l’evoluzione del valore totale dello stock di patrimonio nazionale (che si tratti di capitale terriero, immobiliare, industriale o finanziario), calcolato in numero di annualità di reddito nazionale del paese considerato. Lo studio del rapporto capitale/reddito a livello globale è un esercizio che ha i suoi limiti, è infatti sempre preferibile analizzare anche la disuguaglianza dei patrimoni a livello individuale e il rilievo assunto dall’eredità e dal risparmio nella formazione del capitale, ma permette comunque di analizzare in maniera sintetica l’importanza del capitale nell’ambito di una società considerata nel suo insieme. Vedremo inoltre che è possibile, raccogliendo e comparando le stime calcolate nelle diverse epoche, per certi paesi – in particolare il Regno Unito e la Francia – risalire fino all’inizio del XVIII secolo, il che ci aiuterà a ricollocare la Rivoluzione industriale nella prospettiva della storia del capitale. Ci baseremo sui dati storici che abbiamo raccolto di recente con la collaborazione di Gabriel Zucman.31 In larga misura, la nostra ricerca consiste semplicemente nell’estendere e nel generalizzare il lavoro di raccolta dei bilanci patrimoniali paese per paese (“country balance sheets”) condotto da Raymond Goldsmith negli anni settanta.32
In confronto a precedenti opere, la prima novità della struttura qui sviluppata è di aver cercato di raccordare fonti storiche le più complete e le più sistematiche possibili, al fine di studiare la dinamica della distribuzione della ricchezza. Devo sottolineare il fatto di aver beneficiato a tal fine di un doppio vantaggio, rispetto agli autori precedenti: oggi disponiamo, per definizione, di una distanza storica maggiore (vedremo che certi progressi sul lungo periodo risultano con chiarezza solo se si dispone di dati relativi al periodo tra il 2000 e il 2010, tant’è vero che determinati traumi prodotti dalle guerre mondiali sono stati assorbiti proprio sul lungo periodo); e abbiamo potuto, grazie alle nuove possibilità offerte dall’informatica, raccogliere senza eccessiva difficoltà dati storici su scala molto maggiore rispetto a chi ci ha preceduto. Non intendo attribuire alla tecnologia un ruolo prevaricante nella storia delle idee, ma ho l’impressione che i rilievi puramente tecnici non debbano essere del tutto trascurati. Al tempo di Kuznets, e in larga misura fino agli anni ottanta e novanta del XX secolo, era obiettivamente molto più difficile trattare quantità importanti di dati storici di quanto lo sia oggi. Quando negli anni settanta Alice Hanson Jones traccia l’inventario dei decessi in America durante l’epoca coloniale,33 o quando Adeline Daumard fa la stessa cosa in Francia, attingendo agli archivi delle successioni relative al XIX secolo,34 è importante ricordarsi che il loro lavoro viene perlopiù condotto a mano, con l’ausilio di schede di cartone. Quando rileggiamo oggi i loro studi, peraltro notevoli, o quelli dedicati da François Simiand all’evoluzione del salario nel XIX secolo, o da Ernest Labrousse alla storia dei prezzi e dei redditi nel XVIII secolo, o da Jean Bouvier e da François Furet all’oscillazione dei profitti nel XIX secolo, è evidente che quei ricercatori hanno dovuto affrontare gravi difficoltà materiali per raccogliere e trattare i loro dati.35 Le complicazioni di ordine tecnico hanno spesso assorbito una buona parte della loro energia, complicazioni che, a tratti, sembrano prevalere sull’analisi e sull’interpretazione, anche perché le difficoltà limitano considerevolmente la possibilità di comparare i dati acquisiti sia sul piano internazionale sia su quello temporale. In larga misura, oggi, studiare la storia della distribuzione delle ricchezze è molto più facile che nel passato. Il libro rispecchia in gran parte l’evoluzione delle condizioni di lavoro del ricercatore.36