Beni durevoli e oggetti di valore
Precisiamo infine che non abbiamo calcolato, nel risparmio privato – e di conseguenza nemmeno nei patrimoni privati – le spese delle famiglie per l’acquisto di beni durevoli: mobili, impianti domestici, automobili ecc. –, seguendo in ciò le norme internazionali di bilancio nazionale, che considerano i beni durevoli delle famiglie un consumo immediato (gli stessi beni acquistati dalle imprese sono invece considerati investimenti, con un forte deprezzamento annuo). La cosa ha tuttavia un rilievo limitato per il nostro ragionamento, perché i beni durevoli hanno sempre rappresentato una quantità relativamente ridotta in rapporto al totale dei patrimoni, quantità che tra l’altro non è quasi mai cambiata nel tempo: in tutti i paesi ricchi, le stime disponibili indicano che il valore totale dei beni durevoli delle famiglie, sull’insieme del periodo 1970-2010, è in genere compreso nel 30-50% del reddito nazionale, senza un’apparente tendenza.
In altri termini, ciascuno possiede in media tra un terzo e una mezza annualità di reddito nazionale in mobili, frigoriferi, automobili ecc. ossia tra i 10.000 e i 15.000 euro pro capite per un reddito nazionale pro capite dell’ordine di 30.000 euro annui a oggi, alla fine del primo decennio del XXI secolo. Non è un dato di poco conto, e vedremo nella Parte terza del libro che per una porzione importante di popolazione il valore costituisce quasi tutta la ricchezza di cui essa dispone. Tuttavia, rispetto alle cinque-sei annualità di reddito nazionale a cui equivalgono i patrimoni privati nel loro complesso – con esclusione dei beni durevoli –, ovvero circa 150.000 -200.000 euro pro capite, di cui circa la metà in immobili e l’altra metà in attivi finanziari netti (depositi bancari, azioni, obbligazioni, investimenti diversi ecc., al netto dei debiti) e i beni connessi alle attività economiche, il dato finisce per risultare un complemento minore. In concreto, se nei patrimoni privati si includessero i beni durevoli, risulterebbe un rialzo di circa il 30-50% del livello del reddito nazionale – la curva tracciata sul grafico 5.3, senza modificare di molto la curva generale.13
Notiamo di sfuggita che, a parte i beni immobiliari e di impresa, i soli attivi non finanziari considerati nelle norme internazionali di bilancio nazionale – norme che abbiamo seguito per garantire la coerenza del raffronto tra patrimonio privato e patrimonio nazionale paese per paese – sono i cosiddetti “beni di valore”, vale a dire gli oggetti e i metalli preziosi (oro, argento, gioielli, opere d’arte ecc.) detenuti dalle famiglie come pura riserva di valore (o per il loro valore estetico), oggetti che per principio non si deteriorano – o si deteriorano molto poco – nel corso del tempo. A tali beni di valore si assegna tuttavia una stima decisamente più bassa di quella assegnata ai beni durevoli (attualmente tra il 5% e il 10% del reddito nazionale, a seconda dei paesi, ossia tra i 1500 euro e i 3000 euro pro capite per un reddito nazionale medio di 30.000 euro pro capite), e il loro impatto sul totale dei patrimoni privati è dunque piuttosto secondario, anche dopo i recenti rialzi del prezzo dell’oro.14
Vale la pena di precisare che, secondo le stime storiche di cui disponiamo, questi ordini di grandezza non sembrano essere cambiati molto sul lungo periodo. Per i beni durevoli le stime disponibili si aggirano in genere attorno al 30-50% del reddito nazionale, sia per il XIX secolo sia per il XX. Situazione simile se esaminiamo la stima della ricchezza nazionale del Regno Unito verso il 1700, effettuata da Gregory King: il valore totale di mobili, piatti ecc. equivale secondo King a circa il 30% del reddito nazionale. Per quanto riguarda i beni di valore e gli oggetti preziosi, è osservabile sul lungo periodo una tendenza al ribasso, del 10-15% del reddito nazionale tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, e del 5-10% a oggi. Secondo King, il loro valore totale – includendo le monete – raggiunge intorno al 1700 il 25-30% del reddito nazionale. Si tratta in ogni caso di importi relativamente modesti in rapporto al totale dei patrimoni accumulati nel Regno Unito – circa sette annualità di reddito nazionale, perlopiù in terreni agricoli, case d’abitazione e altri beni capitalizzabili (magazzini, fabbriche, depositi, bestiame, imbarcazioni ecc.), beni che King non manca di apprezzare e ammirare.15