Ricchezza pubblica, ricchezza privata
Prima di esaminare più da vicino l’entità degli stravolgimenti subiti dai patrimoni nel corso del XX secolo e le ragioni della ripresa registrata dopo la seconda guerra mondiale, è ora opportuno introdurre, nella nostra analisi, la questione del debito pubblico, e più in generale la questione della divisione, all’interno del capitale nazionale, tra capitale pubblico e capitale privato. Spesso infatti, nel mondo attuale, in cui gli Stati dei paesi ricchi tendono soprattutto ad accumulare debiti, si dimentica che anche il bilancio del settore pubblico può includere delle voci attive.
Per definizione, la divisione tra capitale pubblico e capitale privato non apporta cambiamenti sostanziali, né a livello globale né a livello della composizione del capitale nazionale – di cui tracceremo ora l’evoluzione. Cionondimeno, la divisione dei diritti di proprietà tra potere pubblico e soggetti privati riveste un’importanza notevole, a livello politico, economico e sociale.
Cominciamo dunque con il richiamare le definizioni introdotte nel capitolo 1. Il capitale nazionale, o patrimonio nazionale, è la somma tra capitale pubblico e capitale privato. Il capitale pubblico è definito come la differenza tra gli attivi e i passivi dello Stato e delle diverse amministrazioni pubbliche, così come il capitale privato è dato dalla differenza tra gli attivi e i passivi dei privati. Per il settore pubblico come per quello privato, il capitale è sempre inteso come patrimonio netto, ossia la differenza tra il valore di mercato di ciò che si possiede (l’attivo) e ciò che deve essere restituito (il passivo, ossia i debiti).
In concreto, gli attivi pubblici assumono due forme. Possono essere di natura non finanziaria (si tratta in sostanza degli edifici pubblici utilizzati per l’amministrazione e i pubblici servizi, istruzione e sanità in particolare: scuole, licei, università, ospedali ecc.) o di natura finanziaria – quando lo Stato possiede partecipazioni o quote finanziarie, maggioritarie o minoritarie, che siano in imprese o società con sede nel paese in questione o all’estero (per esempio nel quadro dei “fondi sovrani”, come si chiamano da qualche anno i fondi che gestiscono i portafogli finanziari detenuti dagli Stati che ne hanno i mezzi).
In pratica, il confine tra attivi non finanziari e finanziari può essere mobile. Per esempio, quando lo Stato francese trasforma prima France Télécom e poi La Poste in società per azioni, questa partecipazione all’interno delle nuove società viene conteggiata tra gli attivi finanziari, mentre prima il valore degli edifici e delle infrastrutture utilizzati dall’amministrazione delle Poste e telecomunicazioni si contabilizzava tra gli attivi non finanziari.
Oggi, nel Regno Unito, il valore globale degli attivi pubblici (non finanziari e finanziari) equivale circa a un’annualità di reddito nazionale, e in Francia a poco meno di un’annualità e mezza. Tenendo conto del fatto che, in entrambi i paesi, il debito pubblico corrisponde a un’annualità circa del reddito nazionale, vuol dire che il patrimonio pubblico netto, o capitale pubblico, è in entrambi i paesi vicinissimo allo zero. Secondo le ultime stime ufficiali, calcolate dagli istituti statistici e dalle banche centrali di ciascun paese, il capitale pubblico netto nel Regno Unito è praticamente nullo e in Francia equivale ad appena il 30% del reddito nazionale (venti volte inferiore allo stock del capitale nazionale: cfr. tabella 3.1).10
In altri termini, se nei due paesi il potere pubblico decidesse di mettere in vendita tutti i suoi beni per rimborsare immediatamente tutti i debiti, nel Regno Unito non gli resterebbe più nulla, e in Francia ben poco.
Anche in questo caso la precisione delle stime non deve ingannare. Benché ogni paese faccia del proprio meglio per applicare i concetti e i metodi standard stabiliti dagli organismi internazionali e dalle Nazioni Unite, il bilancio nazionale non è – e non sarà mai – una scienza esatta. La stima esatta del totale dei debiti pubblici o degli attivi finanziari pubblici rimane insomma un problema irrisolto.
Tabella 3.1.
Ricchezza pubblica e ricchezza privata in
Francia nel 2012
Nel 2012, in Francia, il valore totale del capitale nazionale equivale al 605% del reddito nazionale (6,05 annualità di reddito nazionale), di cui il 31% per il capitale pubblico (5% del totale) e il 574% per il capitale privato (95% del totale).
Attenzione: il reddito nazionale equivale al prodotto interno lordo (PIL), da cui va detratta la svalutazione del capitale e a cui vanno aggiunti i redditi esteri netti; in definitiva, in Francia, nel 2012, il reddito nazionale equivale a circa il 90% del PIL: cfr. capitolo 1 e allegato tecnico.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.
Al contrario, non è facile determinare in modo preciso il valore di mercato degli edifici pubblici (scuole, ospedali…) o delle infrastrutture dei trasporti (reti ferroviarie e stradali in particolare), beni che di solito non vengono venduti. I calcoli stabiliti devono quindi necessariamente fondarsi sui prezzi osservati per vendite analoghe effettuate in periodi recenti, ma si tratta di standard non sempre affidabili, poiché i prezzi di mercato sono molto spesso volatili e instabili. Queste stime vanno insomma considerate come ordini di grandezza, e non come certezze matematiche.
A ogni modo, non c’è dubbio che nei due paesi il patrimonio pubblico netto si collochi attualmente su livelli molto bassi – e in particolare equivalga a ben poco in rapporto al totale dei patrimoni privati. Del resto, il fatto che il patrimonio pubblico netto, rispetto a quello nazionale, rappresenti nel Regno Unito meno dell’1% e in Francia circa il 5%, o il 10% nel caso di una notevole sottostima degli attivi pubblici ha, per quanto ci riguarda, un’importanza limitata. A prescindere dall’imprecisione dei dati, il fatto che qui ci interessa è che, in entrambi i paesi, i patrimoni privati costituiscano alla fine del primo decennio del XXI secolo la quasi totalità del patrimonio nazionale: secondo le ultime stime disponibili, più del 99% nel Regno Unito e circa il 95% in Francia, in tutti i casi nettamente superiori al 90%.