Le disuguaglianze determinate dal capitale: disuguaglianze estreme
Se la disuguaglianza dei redditi da lavoro può a volte sembrare – a torto – una disuguaglianza modesta e scontata, è tuttavia la disuguaglianza determinata dalla proprietà del capitale a mettere in luce, in tutti i paesi, i livelli più alti di disuguaglianza.
Nelle società più ugualitarie in materia di patrimoni – ancora una volta i paesi scandinavi negli anni settanta-ottanta del Novecento – il 10% dei patrimoni più elevati rappresenta da solo circa il 50% del patrimonio nazionale, o persino un po’ di più – tra il 50% e il 60% – se si considerano in modo più adeguato le maggiori ricchezze. Oggi, nella maggioranza dei paesi europei, in particolare in Francia, Germania, Regno Unito e Italia, il 10% dei patrimoni più elevati rappresenta circa il 60% del patrimonio nazionale.
Ciò che più colpisce è che, in tutte queste società, la metà più povera della popolazione non possiede quasi nulla: il 50% più indigente in fatto di patrimonio possiede sempre meno del 10% del patrimonio nazionale, in genere meno del 5%. In Francia, secondo gli ultimi dati disponibili, riguardanti gli anni 2010-11, il 10% più ricco raggiunge il 62% del patrimonio totale, mentre il 50% più povero tocca appena il 4%. Negli Stati Uniti, la ricerca più recente organizzata dalla Federal Reserve sullo stesso biennio indica che il decile superiore possiede il 72% del patrimonio americano, e la metà inferiore appena il 2%. Va comunque precisato che la fonte citata, come accade nella maggioranza delle ricerche sulle dichiarazioni dei redditi, sottovaluta le ricchezze più elevate.11 Inoltre, come abbiamo già notato, è altrettanto importante aggiungere che la stessa fortissima concentrazione di patrimoni si ritrova all’interno di ciascuna fascia d’età.12
In definitiva, le disuguaglianze patrimoniali nei paesi più ugualitari in materia di patrimoni – per esempio i paesi scandinavi negli anni settanta-ottanta – appaiono nettamente più forti delle disuguaglianze salariali nei paesi ad alto tasso di disuguaglianza in materia di salari – come oggi, per esempio, gli Stati Uniti (cfr. tabelle 7.1 e 7.2). Che io sappia, non esiste nessuna società, in nessuna epoca, in cui si riscontri una distribuzione della proprietà da capitale che possa, in termini ragionevoli, dirsi “debolmente” disuguale, ossia una distribuzione in cui la metà più povera della società potrebbe arrivare a possedere una parte significativa – diciamo un quinto o un quarto – del patrimonio totale.13 Non è comunque vietato essere ottimisti. Ecco perché abbiamo indicato nella tabella 7.2 l’esempio virtuale di una possibile distribuzione del patrimonio con un tasso di disuguaglianza “debole”, o quantomeno più debole che nelle distribuzioni relative ai paesi scandinavi (caratterizzati da una disuguaglianza “media”), europei (caratterizzati da una disuguaglianza “medio-forte”) e americani (caratterizzati da una disuguaglianza “forte”). Per quanto le modalità di definizione di una tale “società ideale” – supponendo che si tratti di un obiettivo auspicabile – restino tutte quante ancora da determinare (torneremo sull’argomento nella Parte quarta14).
Come per la disuguaglianza determinata dai salari, è importante capire bene a che cosa corrispondono le cifre. Immaginiamo una società in cui il patrimonio netto medio sia di 200.000 euro per adulto15 – più o meno il caso dei paesi europei attualmente più ricchi.16 Nella Parte seconda abbiamo visto che il patrimonio privato medio si suddivide più o meno in due metà tra loro compatibili: beni immobili da una parte, attivi finanziari e professionali (depositi bancari, piani risparmio, portafogli azionario e obbligazionario, contratti di assicurazione sulla vita, fondi pensione ecc., al netto dei debiti) dall’altra; il tutto con variazioni rilevanti tra paese e paese, e variazioni enormi tra individuo e individuo.
Se il 50% più povero detiene il 5% del patrimonio totale, ciò significa per definizione che in media esso possiede l’equivalente del 10% del patrimonio medio vigente nell’insieme della società. Nel qual caso il 50% più povero possiede dunque in media un patrimonio netto di 20.000 euro, il che non equivale proprio a zero, ma non equivale neppure a una somma accettabile, considerando le ricchezze possedute nel resto del paese.
In concreto, in una società del genere, la metà più povera della popolazione comprende di norma un numero altissimo di patrimoni nulli o quasi nulli (poche migliaia di euro) – circa un quarto della popolazione – e un numero non trascurabile di patrimoni leggermente negativi (quando i debiti superano gli attivi) – perlopiù tra un ventesimo e un decimo della popolazione. Dopodiché i patrimoni si scaglionano fino a importi dell’ordine di 60.000-70.000 euro, o anche più. Da queste differenti situazioni, come dall’esistenza di moltissime persone vicine allo zero patrimoniale assoluto, risulta una media generale di circa 20.000 euro relativa alla popolazione più povera. In certi casi può trattarsi di persone in attesa di accedere a proprietà immobiliari ma ancora pesantemente indebitate: da qui un patrimonio netto molto basso. Ma, più spesso, si tratta di persone in affitto il cui patrimonio si limita a poche migliaia di euro – a volte qualche decina di migliaia di euro – depositate su un conto bancario e su libretti di risparmio. Se includessimo nel patrimonio i beni durevoli – automobili, mobili, elettrodomestici ecc. – possedute da queste persone, il patrimonio medio del 50% più povero salirebbe tutt’al più a 30.000-40.000 euro.17
Per questa metà della popolazione, la nozione stessa di patrimonio e di capitale rimane una nozione in gran parte astratta. Per milioni di persone, il patrimonio si riduce, più o meno, a poche settimane di salario anticipato – o posticipato – su un conto in banca o su un vecchio libretto di risparmio senza più un soldo aperto da una zia, a un’automobile e a pochi mobili. È una realtà del genere, profondamente diffusa – il patrimonio è talmente concentrato che buona parte della società ne ignora praticamente l’esistenza, e a volte si pensa che sia posseduto da personaggi irreali o da entità misteriose –, a rendere tanto più indispensabile lo studio metodico e sistematico del capitale e della sua distribuzione.
All’altro capo della scala, il fatto che il 10% più ricco detenga il 60% del patrimonio totale significa, automaticamente, che il 10% possiede in media l’equivalente di sei volte il patrimonio medio del paese in questione. In questo caso, con un patrimonio medio di 200.000 euro per adulto, il 10% più ricco possiede in media un patrimonio netto di 1,2 milioni di euro per adulto.
Il decile superiore della distribuzione dei patrimoni è ancora più disuguale del decile superiore della distribuzione dei salari. Quando la quota del decile superiore è dell’ordine del 60% del patrimonio totale, come è oggi nella maggioranza dei paesi europei, la quota del centile superiore è in genere di circa il 25%, e quella del restante 9% è di circa il 35%. Il 60% possiede dunque un patrimonio medio che è venticinque volte più elevato della media, mentre il 25% possiede appena quattro volte più della media. In concreto, nell’esempio scelto, il 10% più ricco possiede in media un patrimonio netto medio di 1,2 milioni di euro, di cui 5 milioni per l’1% più ricco e un po’ meno di 800.000 euro per il restante 9%.18
La composizione dei patrimoni varia altrettanto sensibilmente anche all’interno di questo gruppo. Al livello del decile superiore, quasi tutti sono proprietari della propria abitazione. Tuttavia l’importanza degli immobili scende di molto man mano che si sale nella gerarchia dei patrimoni. Nel gruppo del “9%”, poco sotto il milione di euro, l’immobile corrisponde a più della metà del patrimonio, per alcuni anche a più di tre quarti. Al livello del centile superiore, invece, gli attivi finanziari e professionali prevalgono nettamente sui beni immobiliari. In particolare, sono le azioni e le quote di società a comporre la quasi totalità delle maggiori ricchezze. Tra quelle comprese tra i 2 e i 5 milioni di euro, la componente immobiliare è inferiore a un terzo; oltre i 5 milioni, scende al di sotto del 20%; oltre i 20 milioni, è inferiore al 10%, mentre sono azioni e quote varie a costituire la quasi totalità del patrimonio. Il mattone è l’investimento preferito dalle classi medie e mediamente agiate. Ma a formare la vera ricchezza concorrono, in via prioritaria, sempre gli attivi finanziari e professionali.
Tra il 50% più povero (che nell’esempio scelto detiene il 5% del patrimonio totale, ossia 20.000 euro di patrimonio medio) e il 10% più ricco (che possiede il 60% del patrimonio totale, ossia 1,2 milioni di euro di patrimonio medio) si colloca il 40% intermedio, o “classe media patrimoniale”, la quale detiene il 35% del patrimonio totale, con un patrimonio netto medio che è assai vicino alla media della società nel suo complesso – nel caso prescelto, esattamente di 175.000 euro per adulto. All’interno di questo folto gruppo, in cui i patrimoni si scaglionano da appena 100.000 a più di 400.000 euro, la proprietà della prima abitazione e le modalità del suo acquisto e del suo pagamento svolgono il più delle volte un ruolo essenziale. Al capitale perlopiù immobiliare si aggiunge a volte un risparmio finanziario non trascurabile. Per esempio, un patrimonio netto di 200.000 euro può comporsi di una casa del valore di 250.000 euro, da cui va dedotto un mutuo di 100.000 euro e a cui vanno aggiunti 50.000 euro versati per un contratto di assicurazione sulla vita o un libretto di risparmio o di pensione. Quando il pagamento del mutuo verrà estinto, il patrimonio netto raggiungerà i 300.000 euro, o anche più, se nel frattempo è cresciuto il risparmio finanziario. Ecco un esempio di parabola tipica della classe media nell’ambito della gerarchia dei patrimoni, più ricca del 50% più povero (che non possiede quasi nulla) ma più povera del 10% più ricco (che possiede molto di più).