Esiste una distribuzione d’equilibrio?
Passiamo ora a esaminare le conseguenze della disuguaglianza r > g sulla dinamica della concentrazione dei patrimoni. Come abbiamo già notato, il fatto che il rendimento da capitale superi nettamente e stabilmente il tasso di crescita costituisce una potente spinta all’ampliamento delle disuguaglianze patrimoniali. Per esempio, se g = 1% e r = 5%, basta che i detentori di patrimoni elevati scelgano di reinvestire ogni anno più di un quinto del reddito del loro capitale perché i suddetti patrimoni crescano più in fretta del reddito medio della società in questione. In tali condizioni, le uniche forze capaci di evitare una spirale di disuguaglianza indefinita e di far sì che le disuguaglianze patrimoniali si stabilizzino a un livello definito sono le seguenti. Da una parte, se i detentori di patrimoni nel loro complesso accrescono la propria ricchezza più in fretta del reddito medio, il rapporto capitale/reddito tenderà ad aumentare illimitatamente, il che, a lungo termine, dovrebbe comportare una discesa del tasso di rendimento da capitale. Dopodiché, va detto che questo meccanismo può richiedere molto tempo, anche decenni, soprattutto nel quadro di un’economia aperta nella quale i detentori di patrimoni possono accumulare attività estere, come è accaduto nel Regno Unito e in Francia nel XIX secolo e fino al primo conflitto mondiale. In teoria, il processo non può non fermarsi a un determinato punto (quando i detentori di attività estere finiranno per possedere l’intero pianeta), ma è evidente che la cosa richiede un certo tempo. Tra l’altro il fenomeno spiega in larga misura la crescita apparentemente illimitata dei centili superiori della gerarchia dei patrimoni britannici e francesi durante la belle époque.
Dall’altra parte, a livello di traiettorie patrimoniali individuali, questo processo di divergenza può essere frenato da vari tipi di crisi, per esempio da crisi demografiche – l’assenza di discendente legittimo o, all’opposto, un numero eccessivo di discendenti (tale da comportare uno spezzettamento del patrimonio familiare), decessi prematuri o, all’opposto, troppo tardivi – oppure da crisi economiche, per esempio un cattivo investimento, una rivolta contadina, un dissesto finanziario, un rendimento troppo basso e così via. All’interno delle famiglie esistono sempre crisi di tale natura, che determinano un certo margine di cambiamento anche nelle società più immobili. Ma il punto essenziale rimane il seguente: per una data struttura di crisi, una disuguaglianza forte r > g conduce automaticamente a un’estrema concentrazione dei patrimoni.