La dinamica delle classifiche mondiali delle ricchezze

È considerato un fatto di buon gusto, tra i ricercatori, non dare troppo peso alle classifiche delle ricchezze pubblicate da riviste come Forbes, negli Stati Uniti, o da altri settimanali del settore in altri paesi. Dati del genere, infatti, sono alquanto approssimativi e pongono inoltre seri problemi metodologici (per usare un eufemismo), anche se hanno il merito di esistere e di tentare di rispondere come meglio possono a una forte e legittima domanda collettiva d’informazione su un importante aspetto del nostro tempo, e su un comportamento che dovrebbe attirare maggiormente l’attenzione dei ricercatori: la distribuzione mondiale della ricchezza e i suoi sviluppi. Di più. Quei dati, proprio perché arbitrari, ci fanno capire quanto sia grave l’attuale mancanza di fonti d’informazione affidabili circa la dinamica mondiale dei patrimoni. Le amministrazioni nazionali e gli istituti statistici ufficiali si trovano infatti scavalcati dal processo di internazionalizzazione dei patrimoni, e gli strumenti di osservazione che essi propongono – tipo le inchieste sui bilanci familiari di un dato paese – non aiutano in alcun modo ad analizzare correttamente gli sviluppi oggi in corso. Le classifiche delle ricchezze proposte dalle riviste possono e devono essere perfezionate, soprattutto confrontandole con fonti amministrative, fiscali e bancarie – pur scarsamente coordinate a livello internazionale –, ma sarebbe assurdo e controproducente ignorarle. Proveremo dunque a vedere quali lezioni utili sia possibile trarre da questi “palmarès della fortuna”.

La classifica più vecchia e sistematica è l’elenco mondiale dei miliardari pubblicato annualmente, a partire dal 1987, dalla rivista americana Forbes. Ogni anno i giornalisti di Forbes tentano di stabilire, attingendo a ogni fonte possibile, l’elenco completo, a livello mondiale, di tutti gli individui il cui patrimonio netto superi il miliardo di dollari. La classifica, dal 1987 al 1995, è stata dominata da un miliardario giapponese, poi, dal 1995 al 2009, da un miliardario americano, infine, dal 2010, è capeggiata da un miliardario messicano. Secondo Forbes, il pianeta, nel 1987, contava appena 140 miliardari, in dollari, mentre nel 2013 ne conta più di 1400, ossia dieci volte tanto. Il loro patrimonio totale sarebbe aumentato ancora più rapidamente, passando da meno di 300 miliardi di dollari nel 1987 a 5400 miliardi nel 2013, moltiplicandosi quindi per venti, o quasi (cfr. grafico 12.1). Anche tenuto conto dell’inflazione e della crescita mondiale dal 1987 in poi, si tratta di cifre vistose, riprese ogni anno da tutti i media del pianeta, e di difficile interpretazione. Se però le riconduciamo alla popolazione del globo e al totale dei patrimoni privati a livello mondiale (di cui abbiamo studiato la crescita nella Parte seconda), otteniamo i seguenti risultati, che ci paiono un po’ più sensati. Nel 1987 il pianeta contava appena 5 miliardari su 100 milioni di abitanti adulti, nel 2013 ne conta 30; nel 1987 i miliardari detenevano lo 0,4% del patrimonio privato mondiale; nel 2013 ne detengono oltre l’1,5% – quota che consente loro di superare il record precedente fatto segnare nel 2008, alla vigilia della crisi finanziaria mondiale e del fallimento di Lehman Brothers (cfr. grafico 12.2).1 Questo modo di esporre i dati continua a non essere convincente: non c’è niente di davvero sconvolgente nel fatto che un gruppo che comprende un numero sei volte maggiore di persone in rapporto alla popolazione detenga una quota quattro volte più elevata del patrimonio mondiale.

Grafico 12.1.
I miliardari secondo la classifica di Forbes, 1987-2013

Secondo Forbes, tra il 1987 e il 2013 il numero di miliardari in miliardi di dollari nel mondo è passato da 140 a 1400, e il loro patrimonio totale da 300 miliardi a 5400 miliardi di dollari.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Grafico 12.2.
I miliardari in rapporto alla popolazione e al patrimonio del pianeta, 1987-2013

Tra il 1987 e il 2013 il numero di miliardari in miliardi di dollari per 100 milioni di abitanti adulti è passato da 5 a 30, e la loro quota nella composizione del patrimonio privato mondiale è passata dallo 0,4% all’1,5%.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

In realtà l’unico modo per dare un senso a queste classifiche delle ricchezze è esaminare la crescita del patrimonio detenuto in una percentuale prefissata dalla popolazione mondiale, per esempio il ventimilionesimo più ricco della popolazione adulta mondiale, ossia circa 150 persone su 3 miliardi di adulti alla fine degli anni ottanta e 225 persone su 4,5 miliardi oggi. Da cui si deduce che il patrimonio medio di questo gruppo è passato da poco più di 1,5 miliardi di dollari nel 1987 a quasi 15 miliardi nel 2013, con un aumento medio annuo del 6,4%, al netto dell’inflazione.2 Se ora si considera il centomilionesimo più ricco della popolazione mondiale, vale a dire 30 persone su 3 miliardi alla fine degli anni ottanta e 45 su 4,5 miliardi oggi, si constata che il loro patrimonio medio è passato da poco più di 3 miliardi a quasi 35 miliardi di dollari, con un aumento annuo ancora più elevato: circa il 6,8% annuo, al netto dell’inflazione. Per fare un confronto, il patrimonio medio mondiale per abitante adulto è aumentato del 2,1% annuo, e il reddito medio mondiale è aumentato dell’1,4% annuo, come abbiamo indicato nella tabella 12.1.3

Tabella 12.1.
Il tasso di crescita dei patrimoni mondiali più elevati, 1987-2013

 

Tasso di crescita reale medio annuo (al netto dell’inflazione) Periodo 1987-2013
Il centomilionesimo più ricco (circa 30 persone adulte su 3 miliardi negli anni ottanta del Novecento, 45 persone su 4,5 miliardi negli anni dieci del XXI secolo) 6,8%
Il ventimilionesimo più ricco (circa 150 persone adulte su 3 miliardi negli anni ottanta del Novecento, 225 persone su 4,5 miliardi negli anni dieci del XXI secolo) 6,4%
Patrimonio medio mondiale per abitante adulto 2,1%
Reddito medio mondiale per abitante adulto 1,4%
Popolazione adulta mondiale 1,9%
PIL mondiale 3,3%
Dal 1987 al 2013, i patrimoni mondiali più elevati sono cresciuti del 6-7% annuo, contro il 2,1% annuo del patrimonio medio mondiale e l’1,4% annuo del reddito medio mondiale. Tutti questi tassi di crescita sono al netto dell’inflazione (2,3% annuo dal 1987 al 2013).
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Riassumendo: a partire dagli anni ottanta, i patrimoni a livello mondiale sono cresciuti, in media, un po’ più in fretta dei redditi (si tratta del fenomeno del rialzo tendenziale del rapporto capitale/reddito, studiato nella Parte seconda), e i patrimoni più elevati sono cresciuti molto più in fretta della media dei patrimoni (è il fatto nuovo che le classifiche di Forbes mettono in luce in modo chiarissimo, compatibilmente con la loro affidabilità).

Grafico 12.3.
La quota dei frattili dei patrimoni molto elevati nella composizione del patrimonio privato mondiale, 1987-2013

Tra il 1987 e il 2013, la quota del ventimilionesimo superiore è passata dallo 0,3% allo 0,9% del patrimonio totale, e la quota del centomilionesimo superiore è passata dallo 0,1% allo 0,4%.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Si noterà che le conclusioni ottenute dipendono in buona parte dagli anni presi in considerazione. Per esempio, se si considera il periodo 1990-2010 e non il periodo 1987-2013, il tasso di crescita reale dei maggiori patrimoni scende attorno al 4% annuo (invece del 6-7%4). E ciò è dovuto al fatto che l’anno 1990 rappresenta un vertice nel ciclo finanziario e immobiliare mondiale, mentre l’anno 2010 rappresenta una fase di calo (cfr. grafico 12.2). In ogni caso, a prescindere dagli anni considerati, il ritmo strutturale di crescita dei maggiori patrimoni appare sempre molto più rapido – due volte più rapido, come minimo – della crescita del reddito medio e del patrimonio medio. Se si esamina l’aumento della quota dei non pochi milionesimi di elevati patrimoni nella formazione del patrimonio mondiale, si rilevano moltiplicazioni per più di tre in meno di trent’anni (cfr. grafico 12.3). È vero che le masse restano tutto sommato limitate quando le si esprime in rapporto al patrimonio mondiale, ma è anche vero che il ritmo di divergenza non è meno impressionante. Se una crescita del genere dovesse proseguire indefinitamente, la quota relativa a questi gruppi molto ristretti potrebbe, da qui alla fine del XXI secolo, raggiungere livelli esponenziali.5

La nostra conclusione può forse essere estesa a segmenti più ampi della ripartizione mondiale dei patrimoni, nel qual caso la divergenza crescerebbe in misura vertiginosa molto più rapidamente? Il primo limite delle classifiche delle ricchezze pubblicate da Forbes e dalle altre riviste è che si riferiscono a un numero troppo ristretto di persone per essere davvero significative, oggi come oggi, da un punto di vista macroeconomico. Quale che sia l’ampiezza degli aumenti in gioco e il livello faraonico di certi patrimoni individuali, i dati continuano a riguardare solo poche centinaia di persone nel mondo (a volte poche migliaia), ossia rispecchiano, a un tale livello, poco più dell’1% del patrimonio mondiale.6 Per cui il 99% del capitale mondiale rimane tagliato fuori dal campo di analisi – fatto davvero deprecabile.7

Il capitale nel XXI secolo
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