Il capitale umano è un’illusione?
Cerchiamo ora di rispondere a una domanda cruciale: la crescita della forza del capitale umano nel corso della storia è un’illusione? Più in dettaglio, secondo una visione piuttosto diffusa, i processi di sviluppo e di crescita economica si caratterizzano con il fatto che all’interno del processo produttivo le abilità, il grado di qualificazione e più in generale il lavoro umano sarebbero diventati sempre più importanti nel corso degli anni. Anche se l’ipotesi non viene sempre formulata in modo esplicito, un’interpretazione ragionevole è la seguente: la tecnologia si è andata trasformando a tal punto che il fattore lavoro svolge oggi un ruolo più significativo.25 Di fatto, sembra plausibile interpretare in questo modo il calo della quota di capitale osservata sul lungo periodo, dal 35-40% intorno al 1800 e al 1810 al 25-30% nel periodo 2000-2010, e, contestualmente, la crescita relativa della quota lavoro, passata dal 60-65% al 70-75%. La quota lavoro è aumentata semplicemente perché il lavoro è diventato, nel processo produttivo, sempre più importante. È stata la crescita della forza del capitale umano a permettere di ridurre la quota di capitale terriero, immobiliare e finanziario.
Se la nostra interpretazione è corretta, si tratta in effetti di una trasformazione fondamentale. Ma serve prudenza. Da un lato, come abbiamo già potuto notare, manchiamo di prospettiva storica per giudicare appieno l’evoluzione a lungo termine della quota di capitale. È possibilissimo che la quota di capitale risalga nei decenni a venire verso i livelli dell’inizio del XIX secolo. Ciò può accadere o perché la forma strutturale dell’economia – e l’importanza relativa del lavoro e del capitale – non è cambiato veramente in profondità (mentre sono cambiati e si sono evoluti i poteri di negoziazione del lavoro e del capitale), o perché la forma strutturale è leggermente cambiata – fenomeno a nostro avviso più plausibile –, ma che la crescita del rapporto capitale/reddito conduca naturalmente la quota di capitale a raggiungere vertici storici, o a superarli, se si considera il fatto che l’elasticità della sostituzione capitale-lavoro sembra destinata a superare, sul lungo periodo, il livello uno. Al punto in cui siamo arrivati nella nostra ricerca, è forse questa la lezione più importante: la tecnologia moderna impiega sempre molto capitale, o, meglio, l’impiego differenziato del capitale fa sì che si possa accumulare un capitale enorme senza che il suo rendimento cali in modo sostanziale. E in tali condizioni, non esiste alcuna ragione logica per cui, sul lungo termine, la quota di capitale scenda, anche se la tecnologia si è trasformata in un senso più favorevole al lavoro.
Dall’altra parte, serve soprattutto prudenza per un altro motivo. L’eventuale calo a lungo termine dalla quota di capitale, dal 35-40% al 25-30%, secondo una stima che ci pare abbastanza plausibile, è sì molto significativo, ma non rispecchia affatto un cambio di civiltà. Nel corso degli ultimi due secoli i livelli di qualificazione sono evidentemente cresciuti, ma lo stock di capitale immobiliare, industriale e finanziario è cresciuto in ugual misura, vale a dire enormemente. A volte si pensa che il capitale sia scomparso, che si sia passati come per incanto da una civiltà fondata sul capitale, sui patrimoni ereditari e sulla discendenza, a una civiltà fondata sul capitale umano e sul merito. Gli azionisti ben pasciuti – si pensa – sarebbero stati sostituiti da dirigenti altamente meritevoli, semplicemente in virtù della trasformazione tecnologica. Torneremo sulla questione quando studieremo, nella Parte terza, le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi e dei patrimoni a livello individuale: per il momento non ci è possibile rispondere con la dovuta pertinenza. Anche se ne sappiamo già abbastanza per mettere in guardia il lettore contro i facili ottimismi: il capitale non è scomparso, per il semplice fatto che è sempre vantaggioso – solo un po’ meno che all’epoca di Balzac e Austen –, ed è possibile che torni a esserlo ancora di più in futuro.