Il ritorno dell’eredità: un fenomeno prima europeo e poi mondiale?

Le conclusioni da noi raggiunte in merito al ritorno dell’eredità in Francia si possono estendere agli altri paesi? Considerati i limiti dei dati a nostra disposizione, non è purtroppo possibile rispondere con precisione alla domanda. In nessun altro paese esistono, in materia di successioni, fonti ricche e sistematiche come quelle francesi. È comunque possibile fissare alcuni punti. Innanzitutto, i dati, pur imprecisi, raccolti finora per gli altri paesi, in particolare per la Germania e il Regno Unito, fanno pensare che la curva a U osservata per il flusso successorio in Francia nel corso del XX secolo possa essere valida per tutta l’Europa (cfr. grafico 11.12).

In Germania, le stime disponibili – riguardanti purtroppo un numero ridotto di anni – suggeriscono che il flusso successorio, in seguito ai drammatici avvenimenti del 1914-45, è calato in misura ancor più sensibile che in Francia, passando da circa il 16% del reddito nazionale nel 1910 al 2% esatto verso il 1960. Dopodiché la ripresa è stata forte e regolare, con un’accelerazione a partire dagli anni ottanta-novanta, per cui, nei primi anni del XXI secolo, il flusso successorio è salito a circa il 10-11% del reddito annuo. Il livello raggiunto è meno elevato che in Francia (attorno al 15% del reddito nazionale nel 2010), ma, se si considera il punto di partenza più basso, intorno agli anni cinquanta-sessanta, la ripresa del flusso successorio può dirsi, in Germania, più sostanziosa che in Francia. Va anche sottolineato che il divario attuale si spiega innanzitutto con la differenza del rapporto capitale/reddito (ovvero con l’effetto β studiato nella Parte seconda): se il totale dei patrimoni privati dovesse raggiungere in futuro, tanto in Germania quanto in Francia, un medesimo livello, il flusso successorio si comporterebbe in modo analogo (a parità di condizioni date). È inoltre interessante notare che la forte ripresa del flusso successorio tedesco si spiega in larga misura con una crescita molto forte delle donazioni, analoga a quella francese. La massa annua delle donazioni registrate dall’amministrazione tedesca equivaleva fino agli anni settanta-ottanta a circa il 10-20% della massa delle successioni, ma nei primi anni del XXI secolo è salita a circa il 60%. In sostanza, il flusso successorio tedesco più basso, nel 1910, dipende in larga misura dall’intenso dinamismo demografico osservato nel paese durante la belle époque (effetto m). Per opposte ragioni, vale a dire l’attuale riflusso demografico tedesco, è possibile che il flusso successorio raggiunga nei decenni a venire livelli più elevati che in Francia.61 E, secondo logica, dovrebbe accadere lo stesso nei paesi interessati dal declino demografico e dalla caduta della natalità, come l’Italia e la Spagna, anche se, per i due paesi, non disponiamo purtroppo di alcuna classe storica affidabile.

Grafico 11.12.
Il flusso successorio in Europa, 1900-2010

Il flusso successorio segue una curva a U sia in Francia sia nel Regno Unito sia in Germania. È possibile che nel Regno Unito, a fine periodo, le donazioni siano sottostimate.
Fonti e dati: cfr. http://piketty.pse.ens.fr/capital21c.

Per quanto riguarda il Regno Unito, si osserva innanzitutto che durante la belle époque il flusso successorio aveva più o meno la stessa consistenza della Francia: circa il 20-25% del reddito nazionale.62 Dopodiché, in seguito alle due guerre mondiali, il flusso scende con minore intensità rispetto alla Francia e alla Germania, in linea con il fatto che lo stock di patrimoni privati è stato colpito con minore violenza (effetto β) e che i bilanci dell’accumulazione patrimoniale sono stati azzerati con minore forza (effetto μ). Il flusso annuo di successioni e donazioni scende a circa l’8% del reddito annuo negli anni cinquanta-sessanta, poi al 6% negli anni settanta-ottanta. La ripresa osservata dopo gli anni ottanta-novanta è significativa, ma pare molto meno decisa rispetto alla Francia e alla Germania: secondo i dati disponibili, il flusso successorio britannico supera appena, nel 2000-10, l’8% del reddito nazionale.

In assoluto, si possono avanzare alcune ipotesi. Il flusso successorio più basso potrebbe spiegarsi con il fatto che gran parte dei patrimoni privati britannici si trasforma in fondi pensione, e dunque in ricchezza non trasmissibile ai discendenti. Si tratta in ogni caso di una spiegazione parziale, perché nel Regno Unito i fondi pensione equivalgono a circa il 15-20% dello stock totale del capitale privato. Inoltre, non è del tutto certo che la ricchezza legata al ciclo vitale si sostituisca alla ricchezza trasmissibile: da un punto di vista logico, le due forme di accumulazione patrimoniale dovrebbero se mai sommarsi, quantomeno a livello di un paese specifico, per cui, mettiamo, un paese che, per finanziare le pensioni, si regge prevalentemente sui fondi pensione, dovrebbe arrivare ad accumulare uno stock totale molto più alto di patrimonio privato, e all’occorrenza investirne una parte in altri paesi.63

È anche possibile che il flusso successorio più debole si spieghi con atteggiamenti psicologici diversi nei confronti del risparmio e della trasmissione familiare. Prima di formulare quest’ipotesi, dobbiamo però segnalare che il divario osservato nel 2000-10 è interamente motivato da un basso livello di donazioni britanniche, le quali, dopo gli anni settanta-ottanta, sarebbero rimaste stabili, attorno al 10% della massa delle successioni, mentre nel XXI secolo, in Francia e in Germania, sono salite al 60-80% della massa delle successioni. Considerando le difficoltà connesse con la registrazione dei dati e le differenti prassi nazionali in questo campo il divario appare piuttosto sospetto, e non si può escludere che sia dovuto – almeno in parte – a una sottostima delle donazioni nel Regno Unito. Stando ai dati oggi disponibili, è purtroppo impossibile dire con certezza se la crescita più debole del flusso successorio britannico corrisponda a un’effettiva differenza di comportamento (gli inglesi provvisti di mezzi consumano di più il proprio patrimonio e lo trasmettono meno ai figli di quanto facciano i loro omologhi francesi e tedeschi) oppure a un calo puramente statistico (se si applicasse lo stesso indice donazioni/successioni osservato in Francia e Germania, il flusso successorio britannico, in questo inizio di XXI secolo, sarebbe attorno al 15% del reddito annuo, come in Francia).

Le fonti successorie disponibili per gli Stati Uniti pongono problemi ancora più ardui. L’imposta federale sulle successioni, introdotta nel 1916, ha sempre interessato una ristretta minoranza di successioni (in genere appena il 2%), e gli obblighi di dichiarazione per le donazioni sono ugualmente limitati, per cui i dati statistici che risultano dai dati d’imposta sono molto imprecisi – ed è impossibile, purtroppo, sostituire per intero i dati fiscali con altri dati. In particolare, le successioni e le donazioni, nelle inchieste sui dichiaranti condotte in tutti i paesi dagli istituti di statistica, sono di norma sottostimate – e si tratta di un grosso limite per le nostre conoscenze, troppo spesso dimenticato dai lavori che utilizzano tali ricerche. In Francia, per esempio, si rileva che le donazioni e le successioni dichiarate nelle indagini equivalgono ad appena la metà del flusso osservato esaminando i dati fiscali (il quale, per definizione, riflette già di per sé un valore inferiore al flusso reale, dal momento che mancano all’appello gli attivi esenti e le assicurazioni sulla vita). È chiaro che le persone interrogate tendono a omettere di dichiarare a chi le intervista quanto hanno effettivamente ricevuto, e a presentare la propria traiettoria patrimoniale nella luce a loro più favorevole (una testimonianza peraltro interessante di come viene percepita l’eredità nelle società moderne).64 In molti paesi, soprattutto negli Stati Uniti, è purtroppo impossibile stabilire un confronto con la fonte fiscale. Ma nulla vieta di pensare che i valori inferiori dichiarati siano meno rilevanti che in Francia, in quanto negli Stati Uniti la percezione collettiva dell’eredità è meno negativa.

Fatto sta che la mancanza di affidabilità delle fonti rende molto difficile studiare con precisione lo sviluppo storico del flusso successorio negli Stati Uniti. Il che spiega in parte l’accesa controversia che nel corso degli anni ottanta ha creato tra gli economisti due fronti d’opinione, sostenitori di due tesi perfettamente contrarie: l’una difesa da Modigliani (ardente fautore della teoria del ciclo vitale e dell’idea secondo cui i patrimoni ereditati equivalevano ad appena il 20-30% del totale dei patrimoni americani), e l’altra difesa da Kotlikoff e Summers (più inclini a credere, sulla base dei dati disponibili, che la quota dei patrimoni ereditati raggiungesse il 70-80% del patrimonio totale). A me, giovane studente che scopriva allora, nei primi anni novanta, la qualità dei loro lavori, la controversia fece l’effetto di uno choc: come si poteva essere in disaccordo fino a quel punto, oltretutto tra economisti di comprovata serietà? Va comunque precisato che entrambi i fronti si avvalevano di dati di cattiva qualità, riferiti agli ultimi anni sessanta e ai primi anni settanta. Se si riesaminano quelle stime alla luce dei dati disponibili oggi, si giunge alla conclusione che la verità sta nel mezzo, ma più dalla parte della tesi di Kotlikoff e Summers: i patrimoni ereditati, negli Stati Uniti degli anni settanta-ottanta, equivalevano senza dubbio ad almeno il 50-60% del totale dei patrimoni privati.65 In generale, se proviamo a stimare la crescita della quota dei patrimoni ereditati negli Stati Uniti nel corso del XX secolo, così come l’abbiamo tracciata per la Francia nel grafico 11.7 (cioè a partire da dati molto più completi), negli Stati Uniti la curva a U sembrerebbe meno pronunciata, quindi la quota dell’eredità sarebbe più ridotta rispetto alla Francia sia dell’inizio del XX secolo sia dell’inizio del XXI (e un po’ più alta tra gli anni cinquanta e settanta del Novecento). Il principale motivo di differenza sta nella forte crescita demografica americana, che comporta al tempo stesso uno stock più basso di capitale in rapporto al reddito nazionale (effetto β) e un invecchiamento meno accentuato delle ricchezze (effetti m e μ). La disparità non va comunque enfatizzata, dato che l’eredità occupa un posto importante anche in America. Occorre se mai tornare a insistere sul fatto che la disparità tra Europa e America non ha di per sé nulla a che vedere con una discrepanza culturale di fondo, ed è motivata innanzitutto da una differenza nella struttura demografica e nella crescita della popolazione. Se un giorno, negli Stati Uniti, la crescita della popolazione si dovesse fermare – come fanno supporre le previsioni a lungo termine –, è probabile che l’eredità tornerà ad affermarsi con la stessa intensità europea.

Per quanto riguarda i paesi poveri ed emergenti, non disponiamo purtroppo, in materia di eredità, di fonti storiche affidabili. Sembra plausibile che, se il tasso di crescita demografica ed economica dovesse abbassarsi – cosa che, secondo logica, dovrebbe verificarsi nel corso del XXI secolo –, l’eredità acquisterà un po’ ovunque la stessa importanza osservata in tutti i paesi a crescita debole nel corso della storia. Nel caso in cui certi paesi registrino una crescita demografica negativa, il ruolo dell’eredità potrebbe acquisire un’importanza finora sconosciuta. In ogni caso va sottolineato il fatto che l’evento richiederà molto tempo. Con il ritmo di crescita osservato oggi nei paesi emergenti, per esempio in Cina, è evidente che il flusso successorio rimane per il momento alquanto ridotto. I cinesi in età lavorativa, che vedono oggi crescere il proprio reddito del 5-10% l’anno, sanno benissimo che il loro patrimonio, nella grande maggioranza dei casi, dipende prima di tutto dal risparmio personale e non dal risparmio dei genitori o dei nonni, i quali disponevano di redditi infinitamente inferiori ai loro. Il ritorno dell’eredità a livello mondiale costituisce forse – anzi, di sicuro – una prospettiva importante per la seconda metà del XXI secolo. Ma, per i prossimi decenni, si tratterà soprattutto di una realtà europea, e solo in minor misura statunitense.

1 Escludiamo qui il furto e la rapina, a loro modo non del tutto assenti nella storia. Il caso dell’appropriazione privata delle risorse naturali verrà trattato nel prossimo capitolo.

2 Onde concentrarci sulla crescita a lungo termine, ci soffermiamo qui sulla crescita per medie decennali. I dati annui sono disponibili online. Gli aspetti tecnici e metodologici della ricerca sono discussi in modo più preciso in Piketty, On the Long-run Evolution of Inheritance, cit.

3 Gli sviluppi che seguono sono un po’ più tecnici dei precedenti (benché necessari per capire bene l’origine delle evoluzioni osservate), e alcuni lettori decideranno forse di saltare alcune pagine e di passare direttamente alle implicazioni di queste evoluzioni e all’analisi del XXI secolo, del discorso di Vautrin e del dilemma di Rastignac.

4 Il termine μ è corretto in modo da incorporare le donazioni fatte prima del decesso (cfr. più avanti).

5 Vale a dire, se ogni anno muore un adulto su cinquanta. Dal momento che i minori possiedono pochissimo patrimonio, sarà più facile trascrivere la scomposizione a partire dal tasso di mortalità adulta (continuando a definire μ sulla base dei soli adulti). Dopodiché si renderà necessaria un piccola correzione per dar conto dei patrimoni dei minori. Cfr. allegato tecnico.

6 Cfr. in proposito Beckert, Inherited Wealth, cit., p. 291.

7 Becker non esprime mai in modo assolutamente esplicito l’idea secondo la quale la crescente valorizzazione del capitale umano avrebbe ridotto l’importanza dell’eredità, eppure si tratta di una tesi spesso implicita nei suoi lavori: in particolare, Becker nota costantemente che la società è divenuta “più meritocratica” in ragione dell’importanza crescente dell’educazione (senza fornire altre precisazioni). Egli è anche autore di modelli teorici secondo i quali l’eredità permetterebbe ai genitori di risarcire i figli meno dotati, e i meno dotati in genere di capitale umano, per cui tenderebbe a ridurre le disuguaglianze; se teniamo conto dell’estrema concentrazione verticale dell’eredità (il decile superiore possiede sempre più del 60% del patrimonio trasmissibile, e la metà inferiore non possiede quasi nulla), l’eventuale effetto di redistribuzione orizzontale all’interno dei fratelli eredi più ricchi (peraltro indicato dai dati, dati che Becker quasi non utilizza) si farà sentire ben poco. Cfr. allegato tecnico.

8 Con l’ovvia esclusione delle gravi perdite provocate dalle guerre, dissimulate per effetto del sistema delle medie decennali. Per le classi annue, cfr. allegato tecnico.

9 La Francia, dalla fine degli anni quaranta a oggi, conta circa 800.000 nascite l’anno (tra 750.000 e 850.000, senza un trend preciso in un senso o nell’altro), e secondo le previsioni ufficiali il trend dovrebbe confermarsi per tutto il XXI secolo. Nel XIX secolo il volume delle nascite raggiungeva quasi il milione, ma con una rilevante mortalità infantile, per cui, dalla fine del XVIII secolo, il volume delle persone che hanno raggiunto l’età adulta non si è modificato di molto – a prescindere dai forti cali dovuti alle guerre, con ricadute consistenti nel periodo tra le due guerre. Cfr. allegato tecnico.

10 La teoria del “tasso di devoluzione successoria” è stata particolarmente popolare in Francia nel periodo 1880-1910, grazie soprattutto ai lavori di Foville, Colson e Levasseur, i quali constatavano con soddisfazione che le loro stime della ricchezza nazionale (ottenute tramite censimento delle attività) erano più o meno pari a trenta volte l’annualità successoria. Il metodo, chiamato a volte estate multiplier (moltiplicazione successoria), venne impiegato anche nel Regno Unito, in particolare da Giffen, anche se gli economisti britannici – meno specializzati in beni di successione – hanno sempre preferito far riferimento al flusso di redditi da capitale frutto delle imposte cedolari sui redditi.

11 In pratica, le due forme di ricchezza si mescolano spesso nei medesimi prodotti finanziari a lungo termine (in corrispondenza delle varie motivazioni dei loro detentori): in Francia, i contratti di assicurazione sulla vita possono comprendere una quota del capitale trasmissibile ai figli e una quota – in genere piuttosto bassa – equivalente a una sorta di rendita annua (destinata a estinguersi al momento del decesso del detentore); nel Regno Unito o negli Stati Uniti, i diversi tipi di capitale pensionistico e di fondi pensione comprendono sempre più spesso una quota riscattabile e trasmissibile.

12 Secondo la formula d’uso, la pensione settore per settore non è che “il patrimonio di coloro che non hanno patrimonio”. Nella Parte quarta del volume (cap. 13), torneremo sull’analisi dei vari sistemi pensionistici.

13 Per il dettaglio dei dati, cfr. Piketty, On the Long-run Evolution of Inheritance, cit.

14 Per i dati annui completi, cfr. allegato tecnico.

15 Precisiamo che le stime tengono conto di una correzione relativamente forte per la mortalità differenziale (il fatto che le persone più ricche vivono in media di più), fenomeno rilevante ma non attinente al profilo descritto qui. Cfr. allegato tecnico.

16 Esattamente il tasso di crescita medio del periodo 1980-2010.

17 Il dato presuppone che la quota di capitale nella composizione del reddito nazionale si mantenga al livello medio osservato nel periodo 1980-2010, accompagnato da un mantenimento del sistema fiscale attuale. Cfr. allegato tecnico.

18 Per altre varianti e altri scenari di crescita, cfr. allegato tecnico.

19 Alcuni amano il patrimonio in sé, altri preferiscono le automobili o gli spettacoli.

20 Ci si può permettere di risparmiare di più se si dispone di un salario più elevato, oppure se non si ha un affitto da pagare, o ancora di più se si realizzano tutti e due i casi indicati.

21 Per esempio, a parità di reddito, le persone senza figli accumulano tanto quanto le altre.

22 Oppure gli anziani fanno scendere la quota in crescita del reddito nazionale che finanzia pensioni e sanità.

23 Per una descrizione tecnica più precisa delle simulazioni, tendenti in primo luogo a rappresentare come si sviluppa il profilo per età del patrimonio (assumendo come dati significativi gli sviluppi propriamente macroeconomici e demografici), cfr. allegato tecnico.

24 Più esattamente: si può dimostrare che il rapporto μ × m si avvicina di 1/H (dove H è la durata delle generazioni, ovvero convenzionalmente 30 anni) quando la crescita diminuisce, quale che sia l’aspettativa di vita. Con un rapporto capitale/reddito β dell’ordine del 600-700% si capisce perché il flusso successorio by tenda a tornare verso valori by = β/H dell’ordine del 20-25%. L’intuizione del “tasso di devoluzione successoria” sviluppata dagli economisti del XIX secolo è dunque tutto sommato valida in una società a crescita debole. Cfr. allegato tecnico.

25 In realtà le cose sono un po’ più complesse, perché noi conteggiamo un certo numero di eredi che consumano una parte dell’eredità, e tuttavia includiamo nei patrimoni ereditati il rendimento complessivo di questi stessi patrimoni (nei limiti, comunque, del patrimonio detenuto dagli eredi: se si calcolassero per intero tutte le eredità ricevute, compreso il rendimento consumato dagli eredi, per esempio sotto forma di affitti economizzati, si supererebbe nettamente il 100% del patrimonio totale). Per le stime relative alle diverse situazioni, cfr. allegato tecnico.

26 In particolare, constatare che il flusso successorio equivale al 20% del reddito disponibile non vuol dire evidentemente che ciascuno riceva ogni anno l’equivalente del 20% di redditi supplementari attraverso un regolare flusso di successioni e di donazioni. Vuol dire che ciascuno riceve qualche volta nella vita – in genere alla morte dei genitori, a volte anche sotto forma di più donazioni – importi molto rilevanti, equivalenti a più anni di reddito, e che, in totale, successioni e donazioni equivalgono al 20% del reddito disponibile per l’insieme delle famiglie.

27 I redditi di sostituzione (pensioni di vecchiaia e indennità di disoccupazione) sono stati inclusi nei redditi da lavoro, come si è già fatto nella Parte seconda.

28 Tutte le risorse sono state quantificate scegliendo come età di riferimento i 50 anni, anche se, nella misura in cui si calcola uno stesso rendimento per quantificare le diverse risorse, la scelta dell’età di riferimento non ha più alcuna importanza per quanto riguarda il calcolo della quota dell’eredità e del lavoro nel totale complessivo. La questione della disuguaglianza dei rendimenti da capitale verrà esaminata nel prossimo capitolo.

29 Per un’analisi completa dei nessi tra i diversi valori, cfr. allegato tecnico. Il fatto che il flusso successorio (fino al 20-25% del reddito nazionale) e i redditi da capitale (in genere il 25-35% del reddito nazionale) possano a volte assumere posizioni tra loro vicine deve sostanzialmente essere considerato una coincidenza, risultante da parametri demografici e tecnologici specifici (il flusso successorio d’equilibrio by = β/H deriva dal rapporto capitale/reddito e dalla durata della vita, mentre la quota del capitale d’equilibrio α deriva soprattutto dalla forma e dalla natura del prodotto).

30 Di regola, il 50% dei redditi da lavoro più bassi riceve complessivamente circa il 30% del totale dei redditi da lavoro (cfr. cap. 7, tabella 7.1) e guadagna dunque, individualmente, circa il 60% del salario medio (ovvero il 40-50% del reddito nazionale medio, se si tiene conto che i redditi da lavoro equivalgono in genere al 65-75% del reddito nazionale). Per esempio, nella Francia di oggi, il 50% dei salariati peggio pagati ha salari scaglionati più o meno tra il salario minimo e una volta e mezza il salario minimo, e guadagnano in media 15.000 euro l’anno (1250 euro al mese), contro i 30.000 euro (2500 euro al mese) di reddito nazionale medio pro capite.

31 Ricordiamo che il 6-7% della massa salariale per il centile superiore vuol dire, in teoria, che ciascun appartenente al centile superiore guadagna in media sei-sette volte il salario medio, o dieci-dodici volte il salario medio ricevuto dal 50% meno pagato. Cfr. capp. 7 e 8.

32 Se si considerano il decile superiore o il millile superiore anziché il centile superiore (il quale ci sembra comunque il gruppo più significativo da studiare), si ottengono traiettorie analoghe a quelle indicate nel grafico 11.10. Cfr. S11.9-11.10.

33 Per definizione, 500.000 persone adulte in un paese che conta 50 milioni di abitanti adulti, come la Francia di oggi.

34 La massa delle eredità non è troppo lontana da quella che ha caratterizzato il XIX secolo, ma è un caso sempre più raro ricevere eredità abbastanza elevate per finanziare, senza lavorare, un tenore di vita dieci volte superiore, se non di più, a quello cosiddetto “popolare”.

35 Circa tre volte superiore nei secoli XVIII, XIX e XXI (quando i redditi da lavoro equivalgono a circa i tre quarti delle risorse totali, e i redditi da eredità a circa un quarto) e quasi dieci volte superiore nel XX secolo (quando i redditi da lavoro equivalgono ai nove decimi delle risorse, e i redditi da eredità a un decimo). Cfr. grafico 11.9.

36 Circa tre volte superiori nei secoli XVIII, XIX e XXI, e quasi dieci volte nel XX secolo. Sarebbe lo stesso per il decile superiore, il millile superiore ecc.

37 Per l’analisi delle condizioni matematiche circa le diverse distribuzioni – analisi che dimostra come i rentiers finiscano per prevalere sui dirigenti –, cfr. allegato tecnico.

38 Nel XIX secolo, l’1% delle eredità più elevate gode di un tenore di vita annuo venticinque-trenta volte superiore a quello “popolare” (cfr. grafico 11.10), vale a dire circa dodici-quindici volte superiore al reddito nazionale medio pro capite. Il livello raggiunto dallo 0,1% delle eredità ancora più elevate è cinque volte più alto (cfr. il cap. 10 sui coefficienti di Pareto), cioè sessanta-sessantacinque volte il reddito medio. La soglia di Balzac e di Austen – venti-trenta volte il reddito medio – corrisponde più o meno al reddito medio dello 0,5% (100.000 persone sui 20 milioni di adulti che compongono la popolazione francese nel 1820-30, o 50.000 persone sui 10 milioni di adulti che compongono la popolazione britannica nel 1800-10: Balzac e Austen dispongono insomma di un vivaio di tutto rispetto per scegliere i propri personaggi).

39 Nel XIX secolo l’1% delle professioni meglio pagate consente un tenore di vita dieci volte superiore a quello “popolare” (cfr. grafico 11.10), o cinque volte il reddito medio. Secondo le nostre stime, solo lo 0,01% delle persone meglio pagate (al massimo 2000 persone, su 20 milioni) ha un reddito medio venti-trenta volte il reddito medio dell’epoca. Vautrin non sbaglia di molto quando precisa che in tutta Parigi non ci sono più di cinque avvocati che guadagnano più di 50.000 franchi l’anno (cento volte il reddito medio). Cfr. allegato tecnico.

40 Come nel cap. 2, i redditi medi a cui si fa riferimento qui rimandano al reddito nazionale medio per abitante adulto. In Francia, negli anni dieci-venti dell’Ottocento, il reddito medio è di circa 400-500 franchi l’anno, e a Parigi supera, sia pure di poco, i 500 franchi. Il salario dei domestici è due-tre volte inferiore.

41 Ricordiamo che nel XIX secolo, e fino al 1914, una sterlina valeva 25 franchi. Cfr. cap. 2.

42 Appena trent’anni prima, negli anni settanta del Settecento, un parente di Giorgio III non aveva forse detto a Barry Lyndon che chiunque disponesse di un capitale di 30.000 sterline avrebbe avuto automaticamente diritto a un titolo nobiliare? La carriera di Redmond Barry, dal momento in cui si arruola nell’esercito del re d’Inghilterra per sole 15 sterline l’anno (uno scellino al giorno), ossia appena la metà del reddito medio pro capite nel Regno Unito degli anni cinquanta-sessanta del Settecento, non può che andare incontro al fallimento. Per inciso, il regista Stanley Kubrick, ispirandosi a un celebre romanzo inglese del XIX secolo, definisce gli importi con la stessa precisione di Jane Austen.

43 Cfr. J. Austen, Ragione e sentimento, Milano, Rizzoli, p. 337.

44 Ibid., p. 94.

45 Il suo cinismo finirà però per convincere Rastignac, il quale, in La Banca Nucingen, si metterà in combutta con il marito di Delphine (di cui Rastignac è l’amante) per mettere a sua volta le mani su un patrimonio di 400.000 franchi.

46 Nell’ottobre 1788, apprestandosi a lasciare la Normandia, Young annota: “L’Europa, oggi, ha un aspetto talmente uniforme che le famiglie che dispongono da 15.000 a 20.000 lire di reddito hanno più o meno dappertutto lo stesso stile di vita.” Si tratta di lire tornesi, equivalenti al “franco germinale”, ossia a circa 700-900 sterline, trenta-cinquanta volte il reddito medio inglese o francese dell’epoca. Il pensiero di Young si chiarisce meglio un po’ più avanti: con un reddito simile, si possono avere “sei domestici maschi, cinque domestiche femmine, otto cavalli, una tavola sempre apparecchiata.” Invece, con solo 6000 o 8000 lire tornesi, si possono appena pagare “due servitori e tre cavalli.” È da notare che le bestie rappresentano una parte importante del capitale e delle spese: nel novembre 1789, a Tolone, Young vende il cavallo per 600 lire tornesi (quattro annualità di retribuzione annua per un “domestico comune”): un prezzo emblematico dell’epoca. Cfr. allegato tecnico.

47 Un timore del genere era già stato espresso nel 1958 in M. Young, The Rise of the Meritocracy (London, Thames & Hudson).

48 La questione della scala salariale della funzione pubblica dà luogo, all’epoca, a moltissimi conflitti politici. I rivoluzionari, nel 1792, tentano di varare una griglia salariale virtuosa e progressiva (da 1 a 8) – griglia che verrà infine applicata solo nel 1948, e ben presto elusa con il ricorso a non meglio precisate indennità a favore degli alti funzionari, tuttora in vigore. Napoleone crea un piccolo numero di alti funzionari, talmente piccolo che Thiers, nel 1831, non vede alcuna ragione per ridurli (“Con 3 milioni in più o in meno concessi o tolti ai prefetti, ai generali, ai magistrati, agli ambasciatori, avremmo da un lato il lusso dell’Impero e dall’altro la semplicità di vita americana,” aggiunge nel discorso citato nel testo). Il fatto che gli alti funzionari americani dell’epoca siano pagati molto meno che in Francia viene notato anche da Tocqueville, il quale vi legge una delle prove infallibili dello spirito democratico dominante in America. In Francia, malgrado tante peripezie, questo zoccolo duro di alte retribuzioni è sopravvissuto fino al primo conflitto mondiale (dunque fino alla scomparsa dei rentiers). Sugli sviluppi salariali, cfr. allegato tecnico.

49 Cfr. Piketty, Les hauts revenus en France au XXe siècle, cit., p. 530.

50 Si sostituisce una logica del bisogno con una logica della dismisura e del consumo più sfacciato. Thorstein Veblen non ha sostenuto nulla di diverso, quando ha scritto nel 1899 La teoria della classe agiata: già allora il sogno ugualitario americano era di fatto tramontato.

51 Cfr. M. Lamont, Money, Morals and Manners: The Culture of the French and the American Upper-Middle Class, Chicago (IL), University of Chicago Press, 1992. Le persone intervistate da Lamont sono senza dubbio più vicine al 90° o al 95° percentile della gerarchia dei redditi (in certi casi al 98° o al 99°) che al 60° o al 70° percentile. Cfr. anche J. Naudet, Entrer dans l’élite. Parcours de réussite en France, aux États-Unis et en Inde, Paris, Presses Universitaires de France, 2012.

52 Per non offrire un quadro troppo pessimistico, ci siamo limitati a raffigurare, nei grafici 11.9-11.11, i risultati ottenuti ipotizzando lo scenario principale. Quelli ottenuti ipotizzando lo scenario alternativo sono ancora più inquietanti e sono disponibili online (cfr. grafici S11.9-11.11). L’evoluzione del sistema fiscale spiega perché la quota dell’eredità nella somma delle risorse totali delle generazioni possa superare nettamente il livello del XIX secolo senza che debba necessariamente variare il flusso successorio in rapporto al reddito nazionale: oggi i redditi da lavoro sono tassati in una misura molto elevata (dell’ordine del 30% in media, includendo le indennità di pensione e di disoccupazione, che finanziano i redditi di sostituzione), mentre il tasso effettivo medio di tassazione dell’eredità è inferiore al 5% (anche se l’eredità comporta gli stessi diritti dei redditi da lavoro per quanto riguarda la fruizione dei servizi pubblici – scuola, sanità, sicurezza ecc. – finanziati con le imposte, ossia con il denaro pubblico). Le questioni fiscali saranno studiate nella Parte quarta del volume.

53 Sarebbe lo stesso per le proprietà terriere del valore di 30.000 sterline di cui parla Jane Austen, in un mondo in cui il reddito medio pro capite è dell’ordine di 30 sterline l’anno.

54 Il tema del gruzzolo nascosto alle Bahamas compare anche nella quarta stagione di Desperate Housewives (Carlos Solis deve recuperare 10 milioni di dollari, cosa che gli procura non poche complicazioni con la moglie), serie peraltro leziosa e poco propensa a rappresentare le disuguaglianze sociali in chiave drammatica, salvo, naturalmente, quando compaiono inquietanti terroristi ecologisti che minacciano l’ordine costituito, o minoranze mentalmente ritardate e inclini al complotto.

55 Torneremo sulla questione nel cap. 13.

56 La proporzione potrebbe anche superare il 25% nella prospettiva dello scenario alternativo. Cfr. grafico S11.11 (disponibile online).

57 Rispetto alle teorie socioeconomiche di Modigliani, Becker o Parsons, la teoria di Durkheim, formulata in La divisione del lavoro sociale, ha il merito di essere in primo luogo una teoria politica della fine dell’eredità. Come le altre teorie non ha avuto una sua realizzazione pratica, ma va tenuto conto che il suo compimento potrebbe essere stato impedito dalle guerre che hanno funestato il XX secolo: guerre che hanno semplicemente rimandato la soluzione del problema al XXI secolo.

58 Intervista a Mario Draghi, in Le Monde, 22 luglio 2012.

59 Lungi da me l’idea di sottovalutare l’importanza del problema posto dai tassisti. Ma da qui a farne la questione cruciale da affrontare a livello europeo – che è come dire a livello di capitalismo mondiale nel suo complesso, nel corso del XXI secolo – ce ne corre.

60 In Francia, sotto la Restaurazione, meno dell’1% dei maschi adulti aveva diritto di voto (90.000 elettori su 10 milioni: la percentuale è passata, sotto la monarchia di luglio, al 2%). Per l’eleggibilità, poi, si richiedeva un censo ancora superiore, accessibile solo allo 0,2% dei maschi adulti. Il suffragio universale maschile, introdotto per breve tempo nel 1793, entrerà pienamente in vigore solo nel 1848. Fino al 1831, il Regno Unito contava una percentuale di elettori inferiore al 2%, finché una serie di riforme (nel 1831, ma soprattutto nel 1867, 1884 e 1918) non ha posto gradualmente fine alle condizioni richieste in fatto di proprietà minima. Cfr. allegato tecnico.

61 I dati tedeschi qui presentati sono stati raccolti da C. Schinke, Inheritance in Germany 1911-2009: A Mortality Multiplier Approach, Paris, PSE, 2012. Cfr. allegato tecnico.

62 Il livello britannico appare leggermente più basso (20-21% anziché 23-24%). Va comunque sottolineato che si tratta di una stima fiscale e non del flusso economico e che, pertanto, è probabile sia leggermente sottostimata. I dati britannici sono stati raccolti da A. Atkinson, Wealth and Inheritance in Britain from 1896 to the Present, London, LSE, 2012.

63 Se il fenomeno si produce a livello mondiale, il rendimento globale da capitale potrebbe scendere, e il surplus di ricchezza legato al ciclo vitale potrebbe sostituirsi in parte alla ricchezza trasmissibile (nel caso in cui un rendimento inferiore scoraggi il secondo tipo di accumulazione più del primo, eventualità tutt’altro che sicura). Torneremo su questi problemi nel cap. 12.

64 Cfr. in proposito l’appassionante libro, costruito attraverso le interviste ai dilapidatori di grandi patrimoni ed eredità, di A. Gotman, Dilapidation et prodigalité, Paris, Nathan, 1995.

65 In particolare, Modigliani ometteva di considerare nei patrimoni ereditati i redditi capitalizzati. Mentre Kotlikoff e Summers li consideravano fin troppo (comprendendovi anche il caso in cui l’eredità capitalizzata superasse il patrimonio dell’erede, il che è a sua volta eccessivo). Per un’analisi dettagliata della questione, cfr. allegato tecnico.

Il capitale nel XXI secolo
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