Il senso del denaro nel romanzo classico
Di fatto, nel romanzo del XVIII e del XIX secolo, il denaro è onnipresente, non solo come forza astratta, ma anche e soprattutto come grandezza fisica e concreta: i narratori ci riferiscono di continuo l’ammontare in franchi o in sterline dei livelli di reddito e di ricchezza dei vari personaggi, non già per subissarci di cifre, ma perché quelle quantità aiutano a fissare, nella mente del lettore, status sociali ben determinati, livelli di vita noti a tutti.
Sono riferimenti monetari tanto più stabili quanto più è relativamente lenta la crescita, per cui le cifre in questione si modificano solo con estrema gradualità nel corso dei decenni. Nel XVIII secolo la crescita del prodotto e del reddito pro capite è molto debole. Nel Regno Unito, intorno al 1800-10, quando Jane Austen scrive i suoi romanzi, il reddito medio è di circa 30 sterline annue.29 E il reddito medio non era molto diverso nel 1720 o nel 1770: si tratta di valori molto stabili, con i quali la scrittrice è cresciuta. Austen sa che per vivere agiatamente e con distinzione, per potersi spostare in carrozza e vestirsi, per potersi nutrire e divertire, con un minimo di aiuto domestico, occorre disporre – secondo i suoi criteri – di almeno venti o trenta volte la somma suddetta: solo con un reddito annuo di 500-1000 sterline i personaggi dei suoi romanzi possono non considerarsi schiavi del bisogno.
Torneremo ampiamente sulla struttura delle disuguaglianze e dei livelli di vita sottesi a queste realtà e a queste percezioni, in particolare sulla struttura della ripartizione dei patrimoni e dei redditi che ne derivano. Per il momento il punto fondamentale è che, in assenza d’inflazione, e tenendo conto della crescita debolissima, cifre del genere rimandano a realtà molto stabili e concrete. Di fatto, mezzo secolo dopo, negli anni cinquanta e sessanta dell’Ottocento, il reddito annuo raggiunge appena le 40-50 sterline annue: sicché il lettore trova di sicuro le somme citate da Jane Austen un po’ troppo basse, ma non ci fa caso. Durante la belle époque, verso il 1900-10, il reddito medio raggiunge nel Regno Unito le 80-90 sterline: la crescita è sensibile, ma i redditi annui di 1000 sterline – spesso anche superiori – di cui parla la scrittrice continuano a rappresentare un punto di riferimento significativo.
Un’analoga stabilità dei quozienti monetari è verificabile nel romanzo francese. In Francia il reddito medio si aggira, negli anni dieci e venti dell’Ottocento, ossia al tempo di papà Goriot, attorno ai 400-500 franchi annui. Espresso in lire tornesi, il reddito dell’ancien régime era inferiore solo di poco. Balzac, come Austen, ci descrive un mondo in cui, per vivere decentemente, occorre disporre di una somma venti o trenta volte superiore: al di sotto di 10.000 o 20.000 franchi di reddito annuo, l’eroe balzachiano si sente un miserabile. Anche in questo caso, gli ordini di grandezza muteranno solo con estrema gradualità nel corso del XIX secolo, fino alla belle époque, e rimarranno a lungo familiari ai lettori.30 Sono cifre che, detto in breve, consentono di descrivere precisamente ambienti, stili di vita, rivalità, in una parola una civiltà.
Potremmo fare altri esempi tratti dal romanzo americano, tedesco, italiano, di tutti i paesi che hanno conosciuto la stessa eccezionale stabilità monetaria. Fino alla prima guerra mondiale, il denaro ha un significato preciso, e gli scrittori non mancano di farvi riferimento, di esplorarlo, di ricavarne materia per i loro romanzi.