Disuguaglianze e concentrazione: alcuni ordini di grandezza
Prima di analizzare i processi storici osservati nei vari paesi, è opportuno descrivere con maggior precisione gli ordini di grandezza che caratterizzano in genere la disuguaglianza determinata dal lavoro e quella determinata dal capitale. L’obiettivo è far sì che il lettore familiarizzi con cifre e nozioni – decili, centili ecc. – apparentemente un po’ tecniche, magari ostiche per alcuni, ma in realtà utili, se correttamente impiegate, ad analizzare e a comprendere le trasformazioni della struttura delle disuguaglianze nelle differenti società.
Abbiamo perciò indicato, nelle tabelle 7.1, 7.2 e 7.3, esempi di distribuzioni osservati in diversi paesi ed epoche. Le cifre indicate sono volutamente arrotondate e approssimative, ma consentono comunque di farsi un’idea di che cosa si intende quando si parla di disuguaglianza debole, media o forte, nel mondo che ci circonda e nella storia, sia per i redditi da lavoro, sia per la proprietà da capitale, sia infine per la disuguaglianza totale dei redditi, quando appunto si sommano i redditi da lavoro ai redditi da capitale.
Per esempio, per quanto riguarda la disuguaglianza determinata dal lavoro, si rileva che nelle società più ugualitarie, come i paesi scandinavi negli anni settanta-ottanta del Novecento (da allora, nell’Europa del Nord, le disuguaglianze sono leggermente cresciute, anche se i paesi scandinavi continuano a essere i meno disuguali), la distribuzione si presenta più o meno nel seguente modo. Se consideriamo l’insieme della popolazione adulta, la fascia di popolazione che percepisce i redditi da lavoro più alti (il 10%) percepisce poco più del 20% della massa totale dei redditi da lavoro (in pratica, la massa dei salari), la fascia pagata meno bene (il 50%) percepisce circa il 35% e la fascia intermedia (il 40%) percepisce circa il 45% del totale (cfr. tabella 7.15). Non si tratta certo di un’uguaglianza perfetta, poiché, nel caso, ogni gruppo avrebbe dovuto percepire una quota pari alla quota che rappresenta nell’insieme della popolazione (il 10% meglio pagato dovrebbe percepire esattamente il 10% della massa dei redditi in gioco, e i meno pagati, ossia il 50%, dovrebbero percepirne il 50%). Ma si tratta comunque di una disuguaglianza non certo estrema, perlomeno in rapporto a quanto si osserva in altri paesi e in altre epoche, e soprattutto in rapporto a quanto si rileva un po’ ovunque, paesi scandinavi compresi, per la proprietà da capitale.
Tabella 7.1.
La disuguaglianza totale dei redditi da
lavoro nel tempo e nello spazio
Nelle società in cui la disuguaglianza dei redditi da lavoro è relativamente debole (come nei paesi scandinavi negli anni settanta-ottanta del Novecento), i meglio pagati (10% della popolazione) percepiscono circa il 20% dei redditi da lavoro, i pagati meno bene (50%) circa il 35%, la fascia di popolazione a metà tra le due fasce estreme (40%) circa il 45%. Il corrispondente coefficiente di Gini (indicatore sintetico di disuguaglianza, da 0 a 1) è dello 0,19. Cfr. allegato tecnico.
Tabella 7.2.
La disuguaglianza della proprietà da
capitale nel tempo e nello spazio
Nelle società caratterizzate da una disuguaglianza “media” della proprietà da capitale (come i paesi scandinavi negli anni settanta-ottanta del Novecento), i più ricchi di patrimonio (10% della popolazione) detengono circa il 50% dei patrimoni, i meno ricchi (50%) detengono circa il 10% e la fascia intermedia (40%) detiene circa il 40%. Il coefficiente di Gini corrispondente (indicatore sintetico di disuguaglianza, da 0 a 1) è dello 0,58. Cfr. allegato tecnico.
Tabella 7.3.
La disuguaglianza totale dei redditi (lavoro
e capitale) nel tempo e nello spazio
Nelle società in cui la disuguaglianza totale dei redditi da lavoro è relativamente bassa (come nei paesi scandinavi negli anni 1970-80), i più ricchi (10%) detengono circa il 20% del reddito totale e i più poveri (50%) detengono circa il 30%. Il coefficiente di Gini corrispondente (indicatore sintetico di uguaglianza da 0 a 1) è dello 0,26. Cfr. allegato tecnico.
Perché ognuno possa farsi un’idea di che cosa davvero significano le cifre appena esposte, è importante stabilire un nesso tra il tipo di distribuzione espressa in percentuale del totale da ripartire e i salari in moneta sonante o denaro liquido che toccano ai lavoratori in carne e ossa e che concorrono alla composizione effettiva della distribuzione, oppure i patrimoni immobiliari e finanziari detenuti dai proprietari reali che occupano le gerarchie indicate.
In concreto, se il 10% meglio pagato percepisce il 20% della massa salariale, vuol dire, per definizione, che ciascun appartenente al gruppo dei privilegiati guadagna in media due volte il salario medio corrente nei paesi considerati. Allo stesso modo, se il 50% meno pagato percepisce il 35% della massa salariale, vuol dire che, automaticamente, ciascun appartenente al gruppo dei non privilegiati guadagna in media poco più di due terzi del salario medio (esattamente il 70%). E se il 40% intermedio percepisce il 45% della massa salariale, vuol dire che il suo salario medio è leggermente più elevato (quarantacinque quarantesimi) del salario medio osservato per l’insieme della società considerata.
Per esempio, se il salario medio in quel dato paese è di 2000 euro al mese, questa distribuzione sta a significare che il 10% meglio pagato guadagna in media 4000 euro al mese, il 50% meno pagato 1400 euro al mese e il 40% intermedio 2250 euro al mese in media.6 Nel qual caso quella che abbiamo chiamato “fascia intermedia” corrisponde davvero a un’ampia “classe media”, il cui livello di vita è sovente molto vicino al reddito medio della società in esame.